L’economista e parlamentare di Scelta Civica: i provvedimenti di tipo assistenziale
e di servizio sociale non bastano più
di MAURIZIO BOLOGNI
Irene Tinagli “I PROVVEDIMENTI di tipo assistenziale e di servizio sociale non bastano più. Servono un mercato e un’industria che funzionino per ridare speranze e opportunità di occupazione ai giovani toscani”. Così Irene Tinagli, economista di livello internazionale e parlamentaredi Scelta Civica.
Onorevole Tinagli, la sua è una critica alla Regione?
“La Toscana si è contraddistinta per attività di supporto, come il Piano Giovani, un bel programma di sostegno agli stage, è stata molto brava a lavorare sui temi sociali, assistenziali, sanitari, ma è un dato di fatto che non è stata in grado di coltivare e rinnovare l’enorme tesoro di tessuto produttivo che possedeva. E’ da qui che bisogna ripartire perché di fronte ad una crisi tanto pesante dell’industria e dei consumi le misure assistenziali non bastano più. E non è un limite solo locale. A livello nazionale, gli incentivi alle assunzioni varate prima da Monti e poi dal ministro Giovannini sono risultati sempre meno efficaci”.
Cosa fare, allora?
“Politiche di crescita economica e di sviluppo. Temi sui quali ci incagliamo sempre quando si tratta di prendere provvedimenti di apertura ai capitali stranieri. Facciamo acqua, non siamo capaci di liberalizzare settori che potrebbero attrarre investimenti e generare occupazione”.
Esempi?
“A livello regionale direi i trasporti ferroviari. E poi l’energia. Sono mercati in cui monopoli e oligopoli non garantiscono né efficienza, né accessibilità di costi, né nuova occupazione. Eppure qualche limitato caso positivo loabbiamo sotto gli occhi, come quello delle compagnie aeree low cost che hanno portato concorrenza, riduzione delle tariffe e posti di lavoro”.
Come si attraggono gli investimenti?
“Diminuendo in modo sostanziale i carichi burocratici per facilitare il fare impresa. E poi, lo ripeto, con politiche di crescita e sviluppo. Si parla tanto della necessità di ridurre il cuneo fiscale, ma poi si preferisce togliere le tasse sul patrimonio come nel caso dell’Imu invece di destinare risorse adeguate per alleggerire il costo del lavoro e delle imprese”.
Sui giovani pesa anche, si dice, lo scollamento tra mondo della formazione e mondo del lavoro. È d’accordo?
“È un nodo chiave, ma anche su questo c’è una sorta di tabù. Occorrono riforme vere che stimolino, anche in questo campo, l’efficienza, la competività, l’uso serio delle risorse. Serve il coraggio di scelte importanti: tagliare corsi e facoltà che non funzionano, smettere di foraggiare enti di discutibile utilità, introdurre criteri di meritocrazia, cancellare sprechi e clientelismi. Ma è un tema nevralgico. Si vanno a toccare sindacati, caf, roba grossa”.
È questa la chiave per far emergere e dare opportunità di lavoro ai talenti?
“Questa è la chiave per dare opportunità di qualità ai giovani come ai meno giovani che vogliono