Un Paese che per reagire alle pressioni di un’economia globalizzata ha scaricato le sue debolezze sui più giovani. Col risultato paradossale che in un’economia mondiale sempre più trainata da conoscenza e innovazione, in cui la domanda ed il valore di competenze fresche tendono ad aumentare, l’Italia vede diminuire i salari d’ingresso dei suoi giovani laureati, persino di quelli di cui ha più bisogno, come gli ingegneri. Ma Visco non cerca di accattivarsi le simpatie dei movimenti studenteschi o dei sindacati.
Nessuna condanna della legge Biagi, nessuna invocazione per posti fissi o salari minimi e università gratis per tutti. Il problema e’ investire per dare qualità e valore all’istruzione dei giovani, in modo da renderli più forti sul mercato del lavoro. Il dramma dell’Italia non à stata l’introduzione di strumenti di flessibilità, ma l’incompletezza delle riforme e l’uso che ne à stato fatto.
La Stampa, 27 Novembre 2011
E’ prassi comune, soprattutto tra i politici, additare gli economisti come i responsabili della crisi, della precarietà e dei milioni di giovani senza prospettive. Eppure molti economisti da anni non fanno che ripetere, proprio ai nostri politici, la necessità di investire di più nella formazione e nell’integrazione dei giovani nel mercato del lavoro.
Lo ha fatto anche ieri il neo Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nell’intervista a La Stampa mettendo in evidenza tutte le contraddizioni dell’Italia.
Quegli strumenti avrebbero dovuto aiutare le imprese ad investire in tecnologie e formazione. Ma così non e’ stato, e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Ora e’ tempo di rimboccarsi le maniche e invertire rotta. Il tempo e’ scaduto e gli alibi pure.