Le donne hanno particolari difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro. La percentuale di inattività femminile in Italia ad inizio legislatura sfiorava il 46%, uno dei tassi più alti d’Europa. In questa legislatura ho lavorato molto su questo tema cercando di introdurre meccanismi che stimolino il rientro al lavoro delle donne, che troppo spesso lasciano dopo la nascita dei figli. Negli anni sono state introdotte molte misure per affrontare il problema, ma dai risultati incerti. Nella mia attività parlamentare ho cercato di capire cosa ha funzionato, cosa no, e cosa si potrebbe fare di nuovo per stimolare l’occupazione femminile.
1) INTERROGAZIONE SUGLI INCENTIVI ALL’OCCUPAZIONE FEMMINILE
Come primo atto nel luglio del 2013 ho presentato un’interrogazione al Ministero del lavoro per capire quali fossero stati i risultati degli sgravi per le assunzioni/stabilizzazioni di giovani e donne introdotte dal Governo Monti. Risultati. L’allora Ministro del lavoro Giovannini rispose all’interrogazione con un intervento in Aula in cui illustrò i dati ottenuti dal monitoraggio effettuato. Il Ministro spiegò come fossero state presentate 44.054 domande di incentivi, e accettate 24.581 domande per un totale di 232,1 milioni di euro. Aggiunse inoltre che 23 mila casi sui 24 mila circa gestiti riguardavano la conversione di contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. I dati mi sollecitarono una riflessione sulla efficacia degli incentivi solamente in chiave di “stabilizzazione” dei contratti, ma sulla loro scarsa incisività nel creare nuovi posti per giovani e donne, e sulla necessità di elaborare altri tipi di interventi per stimolare e sostenere l’occupazione femminile. Iniziai quindi a lavorare su nuove iniziative, come la proposta di legge sui redditi da lavoro delle donne descritta al punto 5.
2) CONCILIAZIONE VITA-LAVORO: LA PROPOSTA DI LEGGE SU SMARTWORKING
Ad inizio legislatura ho sostenuto e cofirmato una proposta di legge a prima firma dell’on. Alessia Mosca per introdurre nuove modalità di lavoro che diano la possibilità di definire luoghi e orari più flessibili di lavoro, facendo leva sulle nuove tecnologie. Una proposta che ho cercato di promuovere anche – e soprattutto – dopo che l’on. Mosca è stata eletta all’Europarlamento, per accertarmi che una iniziativa così importante non cadesse nel vuoto e venisse seguita anche dopo la sua partenza per Bruxelles. Ne sono nati, anche su questo tema, incontri, convegni, interviste, per far conoscere la proposta e sensibilizzare tutte le parti sociali sulla sua importanza.
Risultati: Nel 2014 la proposta di legge sullo smartworking ha iniziato il suo iter in commissione, finchè nel 2015 il Governo ha deciso di includere questa norma all’interno delle del pacchetto complessivo della Riforma del Lavoro, garantendo quindi una più rapida adozione di queste misure.
3) UNA MOZIONE PER RIPENSARE LE POLITICHE DI GENERE
A dicembre 2013 ho presentato una mozione sulle pari opportunità che è stata condivisa trasversalmente da deputate e deputati dei vari schieramenti. La mozione promuoveva un approccio alle pari opportunità fortemente incentrato sulle opportunità di lavoro e sull’emancipazione economica delle donne, chiedendo inoltre una riorganizzazione più efficiente di risorse e strumenti, ed una seria valutazione dei loro risultati e sull’attivazione di misure volte ad un’inclusione attiva delle donne nel mondo del lavoro.
Risultati: La mozione è stata approvata a larga maggioranza dalla Camera nel novembre 2014.
4) PARI OPPORTUNITÀ: UNA PIATTAFORMA BIPARTISAN PER UN NUOVO APPROCCIO
Per dare seguito all’impegno trasversale che aveva portato all’approvazione della mozione del 2014, nel marzo 2015 assieme alle colleghe Fabrizia Giuliani e Mara Carfagna abbiamo lanciato una piattaforma di proposte per rilanciare la partecipazione femminile al mercato del lavoro ed altre misure per una maggiore inclusione delle donne nella vita sociale ed economica del Paese. In questa mia intervista per Linkiesta maggiori dettagli sul tema e alcune proposte per contrastare la disoccupazione femminile.
La piattaforma era incentrata su tre punti chiave: un nuovo approccio per sostenere le donne vittima di violenza (che sono confluiti nella normativa per l’introduzione del cosiddetto “codice rosa”), una proposta per aumentare i giorni di congedo paterno (che è stato portato da uno a quattro giorni) e una proposta da me elaborata per introdurre una tassazione agevolata per le donne che rientrano al lavoro dopo la maternità.
5) DETASSARE LE DONNE CHE RIENTRANO AL LAVORO: LA MIA PROPOSTA DI LEGGE
Il 22 giugno ho depositato la proposta di legge per la detassazione del lavoro femminile che consiste in misure fiscali a sostegno della partecipazione al lavoro delle madri con figli minori inattive da almeno tre anni. Con questa proposta si ribalta la logica dell’incentivo fiscale: anziché dare uno sgravio al datore di lavoro, lo si dà alla madre stessa. Il motivo per il ribaltamento di approccio è legato ad alcuni studi che hanno evidenziato come le donne molto spesso non cerchino neppure lavoro perché i salari di ingresso per loro sono generalmente molto bassi e l’opzione lavoro diventa poco appetibile. Dare uno sgravio fiscale alle mamme significa dare alle stesse più liquidità in tasca, e quindi un incentivo in più a rientrare al lavoro.
Risultati: il provvedimento è stato firmato da colleghi di diversi partiti, ma, purtroppo, non è mai stato calendarizzato né incluso in altri provvedimenti nonostante miei tentativi di inserire questi sgravi tramite emendamenti.
Orientare, formare, avviare al lavoro, agevolare l’incontro tra le competenze dei lavoratori e le esigenze delle aziende, sostenere i lavoratori nei momenti di transizione da un lavoro all’altro: queste sono le attività essenziali per far sì che il mercato del lavoro sia veramente fluido e che la flessibilità non si riversi negativamente sui lavoratori. Purtroppo su questo fronte l’Italia ha dei ritardi enormi, che la Riforma del Lavoro ha in parte cercato di recuperare, ma su cui c’è ancora molta strada da fare. Per questo mi sono impegnata molto su questo fronte, con varie iniziative.
1) UNA RISOLUZIONE PER RAFFORZARE L’AGENZIA NAZIONALE PER LE POLITICHE ATTIVE
La Riforma delle politiche attive ha subito molti ritardi, dovuti anche al fatto che la sua elaborazione ed implementazione si è intrecciata con altre riforme – come quella delle province e quella, poi bocciata, del Titolo V della Costituzione, che ne hanno fortemente condizionato l’iter. Oggi dobbiamo quindi assicurarci che quella parte così importante della riforma non si areni e continui a camminare su gambe solide. Per questo motivo a settembre 2017 ho presentato una risoluzione in Commissione Lavoro in cui sollecitavo il Governo a condurre un’analisi della funzionalità dell’ANPAL, dell’adeguatezza delle sue risorse, umane ed informative (accesso alle basi dati), e della risposta delle regioni sull’adozione di standard e livelli essenziali comuni, sollecitando altresì la firma degli accordi tra Stato e Regioni per garantire maggior coordinamento tra i diversi livelli di governo.
Risultati. La Risoluzione è stata accolta dal Governo e approvata in Commissione a novembre 2017. Il 21 dicembre 2017, nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni è stata raggiunta l’intesa sui livelli essenziali delle prestazioni per le politiche attive, i criteri per i sistemi di accreditamento dei servizi per il lavoro, nonché l’accordo sul cosiddetto “Piano di rafforzamento dei servizi e delle misure di politica attiva del lavoro” per rafforzare il coordinamento delle politiche attive. Il Governo ha inoltre inserito nella Legge di Bilancio 2018 risorse aggiuntive per l’operatività dell’ANPAL, e anche una norma per l’implementazione del sistema informativo unitario del lavoro mediante scambio di dati e informazioni sulle persone disoccupate tra ANPAL, Regioni e Agenzie per il Lavoro.
2) LA MISSIONE A BERLINO
Assieme alla risoluzione ho organizzato, in collaborazione con la nostra Ambasciata a Berlino, una missione parlamentare in Germania per approfondire il sistema tedesco e capire come avere un sistema efficace di politiche attive in un contesto di forti autonomie regionali. In questa missione è stato possibile incontrare e confrontarci con dirigenti e funzionari del Ministero del Lavoro tedesco, in particolare con i responsabili dei programmi sul reddito minimo di inclusione, delle politiche attive per i giovani e delle politiche di integrazione al lavoro di migranti e rifugiati, oltre ad incontri con dirigenti dell’Agenzia Federale per il lavoro e una visita al Job Center di Berlino Mitte, il più grande di Berlino.
Risultati: La missione ha consentito la raccolta di materiali e informazioni sul sistema tedesco che sono state incluse in una relazione presentata alla Commissione Lavoro della Camera dei Deputati. Qui potete trovare la relazione completa della missione. La missione è stata importante anche per predisporre alcuni emendamenti alla Legge di Bilancio 2018 e trarre ispirazione per una proposta sulle politiche attive per i giovani che ho avuto modo di elaborare nei mesi successivi.
3) UNA PROPOSTA PER ISTITUIRE LE AGENZIE PROFESSIONALI PER I GIOVANI
Prendendo ispirazione dal sistema tedesco ho deciso di approfondire la loro recente iniziativa di istituire nelle principali città delle “Agenzie Professionali per i Giovani” che uniscono competenze di vario tipo (educativo, imprenditoriale, psicologico, sociale) per fornire numerosi servizi ai giovani sotto i venticinque anni: dall’orientamento scolastico sin dalle scuole medie al supporto psicologico per chi vive situazioni di disagio al supporto nell’identificazione di percorsi formativi ed occupazionali. E sulla base di questo approfondimento ho avanzato una proposta per l’istituzione, anche in Italia, di analoghe strutture (che potrebbero nascere anche dalla riorganizzazione e rafforzamento di strutture già esistenti, così come è avvenuto in Germania.
Ho coinvolto i giovani economisti del think tank Tortuga e ne è nato un documento molto bello e utile che potete leggere qui. In questo articolo pubblicato da LaStampa, invece, ho sintetizzato la proposta per l’introduzione delle Agenzie Professionali per i Giovani in Italia.
1) UNA RICOGNIZIONE E UN APPROFONDIMENTO
Di fronte progressivo esaurimento degli sgravi alle assunzioni stabili del 2015 e al dibattito sul se e come proseguire con analoghe misure (e su come finanziarle visto i loro costi elevati) ho deciso di eseguire una ricognizione di tutti gli incentivi all’occupazione esistenti oggi in Italia. Infatti, nonostante l’opinione pubblica fosse solo a conoscenza dei più noti “sgravi del jobs act” nella realtà in Italia esistono moltissime forme di sgravio che si sono stratificate nel tempo. Così tante che persino molti colleghi deputati non ne erano a conoscenza. Per questo ho ritenuto fondamentale condurre questa mappatura, aggiungendovi anche una ricognizione dei principali studi esistenti in Italia e all’estero sul tema degli incentivi alle assunzioni. Il documento è scaricabile a questo link.
Il documento è stato presentato in numerosi incontri in giro per l’Italia e distribuito ad imprese, sindacati e colleghi parlamentari.
2) L’INTERROGAZIONE AL MINISTERO DEL LAVORO
Effettuata la ricognizione di tutti gli incentivi al lavoro esistenti in Italia, mi sembrava necessario quantificare sia le risorse assorbite da queste misure che i beneficiari, per avere un’idea del loro impatto economico e sociale. Per questo motivo ho predisposto un’interrogazione al Ministero del Lavoro chiedendo quantificazioni puntuali per ciascuno degli incentivi censiti.
Risultati. Purtroppo il Ministero non ha dato risposta formale all’interrogazione a causa delle difficoltà a reperire tutti i dati richiesti, ma attraverso contatti con gli uffici del Ministero sono riuscita comunque a ricostruire un quadro completo dei costi dei vari incentivi in essere, anche se i dati raccolti non sono sufficienti a condurre una vera e propria analisi d’impatto delle misure varate.
3) DIFFUSIONE ED INFORMAZIONE
Essendo il tema di cruciale importanza per le politiche attive del lavoro, ho ritenuto importante diffondere quanto più possibile le informazioni raccolte durante il mio approfondimento e sollecitare una riflessione seria sull’efficacia degli incentivi al lavoro in Italia. Sono nati così numerosi incontri in tutto il territorio, incontri con rappresentanti del Governo, seminari parlamentari e articoli – come quello scritto assieme a Ivan Lagrosa per lavoce.info.
Siamo in un’epoca di grande trasformazione del lavoro e dell’impresa. Un cambiamento che spaventa molte persone, ma che se gestita nella maniera corretta può portare nuove opportunità di lavoro. Occorre però portare questo tema al centro del dibattito pubblico e all’attenzione dei politici, spesso più concentrati sulle emergenze del giorno che sulle sfide future. Mi sono quindi occupata di questo tema attraverso vari tipi di attività ed iniziative, dentro e fuori dal Parlamento.
1) RISOLUZIONE SU MONDO DEL LAVORO E NUOVE TECNOLOGIE.
Nell’ottica di portare all’interno della Commissione Lavoro l’attenzione su questo tema nel 2015 ho proposto una risoluzione in cui chiedevo al Governo di promuovere la creazione di un osservatorio permanente sulle dinamiche del mercato del lavoro e dell’impatto delle nuove tecnologie sull’evoluzione delle competenze e delle figure professionali. Un osservatorio che effettui anche una costante raccolta dei dati sui trend occupazionali e tecnologici, per fornire tempestive analisi sulle dinamiche occupazionali al Parlamento, ai Ministeri competenti, alle Agenzie e agli enti dedicati alla formazione e ai servizi per l’impiego.
Esito: La risoluzione è stata approvata in Commissione Lavoro, e accolta dal Governo che ha avviato l’iniziativa “Il lavoro che cambia”, una campagna di informazione che coinvolge esperti, centri di ricerca, associazioni e imprese. Non è l’osservatorio che avevo auspicato, ma è comunque un primo passo.
2) PROPOSTA DI LEGGE SULLA GIG ECONOMY
Dagli approfondimenti effettuati nel corso delle audizioni in Commissione lavoro, attraverso incontri e seminari, e, soprattutto, la collaborazione con il giuslavorista sen. Pietro Ichino, ho depositato alla Camera dei Deputati una proposta di legge che, attraverso l’introduzione delle cosiddette “umbrella companies” si propone di fornire alle persone che trovano lavoro attraverso le piattaforme online la possibilità di accedere a delle protezioni minime come una tutela previdenziale essenziale e un minimo di sicurezza mutualistica per dare continuità del reddito nelle fasi più difficili. La proposta è depositata presso la Camera dei Deputati con n. 4820.
3) SENSIBILIZZAZIONE DI GIOVANI E IMPRESE
Quando si parla di cambiamenti nel mercato del lavoro i primi che hanno bisogno di essere coinvolti sono i giovani e le imprese. Ho cercato di portare quindi questi temi nelle scuole e in tutti i contesti in cui potessi raggiungere giovani e imprese, stimolando una loro riflessione e raccogliendo anche le loro idee e le loro preoccupazioni. Tra le varie iniziative svolte su questo fronte amo ricordare la lezione tenuta assieme all’ex ministro Maria Chiara Carrozza per i giovani della Scuola di Politiche, la lezione per la Scuola di Formazione Sociale e Politica promossa dalle imprese di Unascom Treviso, l’attività di mentorship per i giovani che hanno partecipato alla “Policy Hackathon” organizzata dai giovani del think tank Tortuga a Milano. Tutte straordinarie occasioni per entrare in contatto con i giovani e confrontarmi con loro.
4) CONTRIBUTO AL DIBATTITO
Naturalmente temi di questi portata vanno anche portati nell’arena più ampia del dibattito pubblico, coinvolgendo centri di ricerca, associazioni, sindacati, e, più in generale l’opinione pubblica. Ho cercato di impegnarmi al massimo su questo fronte scrivendo su La Stampa, partecipando a seminari, incontri politici, accademici e anche dibattiti televisivi.
In particolare, il 19 maggio 2017 ho coordinato un confronto tra le parti sociali e istituzioni nell’ambito del workshop interdisciplinare in materia di Gig-Economy e lavoro organizzato dalla Fondazione Brodolini a cui hanno partecipato rappresentanti di CGIL, UIL, CNA, Confesercenti, INPS e EUOFOUND).
Molto interessante è stata anche la partecipazione, a Luglio 2017, alla prima edizione italiana di Campus Party, un evento internazionale che raccoglie innovatori, imprese e start upper da tutto il mondo, tenendo una lezione sull’impatto dei cambiamenti tecnologici sul mondo del lavoro e le politiche adottabili per affrontarli. Un’occasione per incontrare giovani e imprenditori, e discutere con loro del futuro del lavoro.
Stimolante anche il confronto televisivo ad Otto e Mezzo, con l’economista Mario Seminerio ed il giornalista Riccardo Stagliano’. Credo che su questi temi il confronto sereno e argomentato sia fondamentale. Non è evitando o esasperando il confronto su una posizione o l’altra che si può arrivare a delle soluzioni concrete.
1) UNA PROPOSTA DI LEGGE PER COMBATTERE IL DUALISMO DEL MERCATO DEL LAVORO
Per anni si è parlato del dualismo nel mercato del lavoro italiano, delle rigidità che frenavano le imprese nei processi di crescita e di assunzione, degli alti costi del lavoro che disincentivavano soprattutto le assunzioni di giovani al primo impiego. Ad inizio legislatura ho quindi presentato un progetto di legge che ricalca le proposte del senatore Pietro Ichino per l’istituzione del cosiddetto “contratto aziendale sperimentale” (in sostanza un contratto a tutele crescenti), oltre ad introdurre forme di sgravio e di riduzione del costo del lavoro per incentivare l’occupazione. Tutti elementi che poi sono confluiti nella Riforma del Lavoro varata dal Governo nel 2015.
2) DUE PROPOSTE DI LEGGE PER MODIFICARE IL CONTRATTO INTERMITTENTE
Dopo una lunga battaglia per cercare di evitare l’abolizione dei voucher, nel 2017 ho presentato due progetti di legge per modificare la disciplina del contratto intermittente, ampliandone l’ambito di applicabilità e rendendolo più snello per i datori di lavoro. In questo modo molti dei datori di lavoro rimasti “orfani” dei voucher avrebbero potuto ricorrere al contratto di lavoro intermittente che è, peraltro, molto più tutelante per gli stessi lavoratori rispetto ai voucher. Le proposte depositate sono due: la prima si limita ad ampliare la platea delle persone che possono essere assunte con un contratto intermittente eliminando gli attuali limiti di età, la seconda proposta di legge, più completa, propone anche una semplificazione di questa forma contrattuale con la possibilità di stipularla attraverso il portale internet dell’INPS.
1) GIOVANI e PENSIONE: UNA PENSIONE DI BASE PER LE CARRIERE FRAMMENTATE
Il sistema previdenziale italiano è un sistema che per troppo ha scaricato i propri squilibri sulle generazioni future. Nel tempo si è cercato di modificare il sistema, introducendo, per esempio, il cosiddetto “metodo contributivo” col quale si sono evitati per il futuro eccessivi squilibri tra contributi versati e pensioni erogate. Tuttavia i giovani restano penalizzati soprattutto a causa della profonda trasformazione del mondo del lavoro che rende le carriere più frammentate e quindi più difficile avere una certa continuità contributiva nel corso della vita lavorativa. Per ovviare a questo problema il 2 luglio 2013 ho presentato una proposta di legge per l’introduzione di una pensione di base (quella che successivamente, nel dibattito, è stata denominata “pensione di garanzia”). Qui trovate il testo completo del progetto di legge presentato.
2) GIOVANI E REVERSIBILITA’: UNE LEGGE VECCHIA DA AMMODERNARE
Nel 2014 sono stata contatta da una madre che mi segnalava una situazione paradossale: in caso di perdita di un genitore la legge garantisce la pensione di reversibilità ai figli ancora studenti fino a 26 anni. Tuttavia, nel suo caso, alla perdita del padre il figlio aveva appena conseguito la laurea triennale e stava aspettando che aprissero le iscrizioni per potersi iscrivere alla magistrale: l’INPS aveva quindi negato la pensione di reversibilità al figlio perché, al momento del decesso, non era formalmente iscritto. E così, per colpa di un cavillo burocratico, il giovane pur bravo e meritevole (se si fosse laureato con un po’ di ritardo il problema non sarebbe insorto!) rischiava di non avere i mezzi per proseguire i propri studi. Ho quindi sollecitato il Ministro del Lavoro attraverso una INTERROGAZIONE parlamentare, chiedendo di aggiornare una legge del 1934 tarata su un sistema che non aveva le tipologie di titoli universitari di oggi (laurea triennale, specialistica, etc.) e quindi non prevedeva periodi di transizione da un corso universitario all’altro.
Risultati: il Ministro del Lavoro Poletti ha risposto in Aula riconoscendo la rilevanza del problema e l’obsolescenza della norma, garantendo un intervento per aggiornarne l’interpretazione e, se necessario, adottare una nuova normativa. Dopo alcuni mesi si è affermata la nuova interpretazione della norma, recepita dall’INPS con una circolare apposita. Da quel momento qualsiasi giovane che si trovi a perdere un genitore nei periodi di transizione da un corso universitario all’altro non rischia di essere penalizzato da una legge vetusta e ingiusta.
3) PENSIONI D’ORO: UNA PROPOSTA “EQUA E SOSTENIBILE”
Molti degli squilibri legati al sistema previdenziale italiano sono dovuti non solo, come viene spesso presentato in televisione, alle “pensioni d’oro” di qualche centinaio di ex parlamentari o consiglieri, ma a quelle di decine di migliaia di lavoratori appartenenti a categorie che per decenni sono state protette con metodi di calcolo più generosi, requisiti contributivi più favorevoli, pensioni retributive calcolate solo sull’ultimo stipendio. L’INPS ha stimato che per alcune categorie le pensioni erogate sono superiori ai contributi versati persino del 30 o 40 per cento. Un surplus a carico di tutti gli altri lavoratori. Per questo motivo il 25 novembre 2015 ho presentato una mozione in cui si chiedeva un ricalcolo secondo il metodo contributivo di tutte le pensioni superiori ai cinquemila euro, prevedendo un prelievo progressivo per gli scostamenti dalla pensione che uno avrebbe ricevuto in base ai contributi versati.
Esito: il Governo ha proposto una riformulazione della mozione, che è stata successivamente accolta e approvata dalla Commissione. Tuttavia, nei passaggi successivi e dalle audizioni degli esperti avute in Commissione è emerso che un ricalcolo sulla base del sistema contributivo non sarebbe possibile per tutte le categorie coinvolte. Queste difficoltà tecniche hanno, di fatto, implicato l’arenarsi di ogni altra iniziativa su questo fronte.
4) ESODATI: UN’ALTERNATIVA ALLE SALVAGUARDIE
La legislatura si è aperta con il grave problema degli esodati, ovvero quelle persone che, avendo firmato accordi con imprese e sindacati per interrompere, incentivati, il rapporto di lavoro poco prima di andare in pensione, si sono visti allontanare l’età della pensione con la Riforma del 2011. Per questo ho presentato una proposta di legge (la n. 1304) che introduceva per tutte le persone escluse dalle prime salvaguardie degli ammortizzatori sociali che li accompagnassero fino alla nuova data di decorrenza della pensione, e assieme a questi ammortizzatori proponeva forti incentivi per le imprese che assumessero questi lavoratori. Il parlamento ed i Governi che si sono succeduti in questi anni hanno preferito proseguire sulla strada delle salvaguardie e siamo arrivati a vararne ben otto, per un totale di circa 11 miliardi.
Credo che l’approccio degli ammortizzatori sarebbe stato da un lato molto meno costoso e dall’altro sarebbero state un intervento più rapido e più equo perché avrebbe privilegiato non i criteri burocratici di accesso alle salvaguardie, ma il bisogno economico delle persone, allargando la platea. Le salvaguardie sono costate così tanto anche perché hanno riportato al sistema previgente non solo persone in difficoltà economica ma anche persone con pensioni molto elevate, superiori ai tremila euro al mese, mentre gli ammortizzatori sociali avrebbero privilegiato le persone più in difficoltà.
Quando si parla di lavoro, soprattutto in un paese dalla grande tradizione manifatturiera come l’Italia, si parla soprattutto di fabbriche, impiegati, operai. Eppure anche da noi, come nel resto del mondo industrializzato, la quota di lavoro coperta dai settori tradizionali è sempre minore, mentre nelle professioni negli ultimi venti anni si sono creati milioni di posti di lavoro. Me ne sono occupata molto anni fa, nei miei studi sulla classe creativa e sulla struttura occupazionale dei Paesi avanzati, e mi ha stupito che in Italia se ne parlasse così poco. Per questo ho accettato volentieri la richiesta del Ministro Orlando di dare una mano a rivedere alcuni aspetti della Riforma degli Ordini Professionali e immaginare nuovi possibili interventi. Di seguito riporto alcuni dei temi a cui ho lavorato e alcune delle proposte formulate.
1) NUOVI REGOLAMENTI ELETTORALI DEI CONSIGLI DEGLI ORDINI
Uno dei problemi degli Ordini professionali è legato alla loro Governance interna, raramente in grado di dare spazio a donne, giovani, e opportunità di ricambio. Questa cristallizzazione ha rallentato i processi di modernizzazione e di crescita. In questi anni ho collaborato con il Ministero alla modifica del Decreto del Presidente della Repubblica n.169 che regolamentava il sistema elettorale e la composizione degli organi degli ordini professionali. La proposta a cui ho collaborato prevedeva modalità per garantire una migliore rappresentanza femminile nei consigli degli ordini, meno spazio per le “cordate” che finiscono spesso per monopolizzare gli Ordini, e limiti al numero di mandati. Purtroppo, per una serie di questioni anche tecniche, l’adozione del Regolamento ha subito ritardi e non è andata a buon fine. Resta comunque un testo che sarà a disposizione del futuro Governo.
2) RIFORMA DEL SISTEMA DELLA FORMAZIONE OBBLIGATORIA
Nel 2012 è stata introdotta la formazione obbligatoria per i professionisti. Un modo per garantire la qualità dei servizi ai cittadini, visti i continui cambiamenti normativi e tecnologici cui le professioni sono soggette.
L’introduzione dell’obbligo ha determinato la nascita di un vero e proprio mercato dei corsi di formazione per i professionisti, in cui però i è sempre più difficile districarsi e scegliere corsi che effettivamente siano utili al proprio percorso. Il Ministero esegue controlli formali ma attualmente non può svolgere controlli di merito sulla qualità di corsi di formazione per materie che spaziano dall’ingegneria alla chimica alla biologia. Senza contare che al Ministero non esiste neppure un database aggiornato di tutti gli enti e programmi accreditati. Ho quindi proposto una norma che introduca un sistema di valutazione dei corsi di formazione per i professionisti, migliori controlli sia sulla qualità dei corsi che sull’assenza di conflitti di interesse dei soggetti formatori, maggiore trasparenza e tutela della concorrenza nel mercato, ed infine informatizzazione totale del sistema e la creazione presso il Ministero di un database di tutti gli enti formatori accreditati e delle loro valutazioni.
3) SISTEMI INFORMATIVI E DIGITALIZZAZIONE
Oltre alla creazione di un sistema informativo per gli enti di formazione per i professionisti, ho proposto la creazione di un unico sistema informativo di tutti i professionisti iscritti ai vari Albi a cui il Ministero potesse avere accesso automatico ed in tempo reale. Può sembrare incredibile che il Ministero che ha la responsabilità di vigilare gli ordini non abbia già questo tipo di strumento, ma è così: il Ministero può accedere a questi dati solo attraverso gli Ordini, che inviano i dati al Ministero in modalità e formati completamente diversi tra loro, con aggiornamenti che nella migliore delle ipotesi sono annuali. In accordo con il Ministero della Giustizia ho presentato un emendamento alla Legge di Bilancio 2016 per dedicare una piccola somma alla creazione di questo sistema informativo, ma non è stato approvato dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati.
4) FINE DI TIROCINIO E PRATICANTATO GRATUITI
Un tema che sin da subito ho sottoposto all’attenzione del Ministero è stato quello delle retribuzioni di tirocinanti e praticanti: l’iscrizione alla maggior parte degli Albi richiede, oltre ai titoli di studio, periodi di tirocinio e praticantato che troppo spesso non sono retribuiti per periodi anche molto lunghi. Trovo che questo non sia accettabile. Ci può essere un breve periodo di inserimento e apprendimento in cui il datore di lavoro fornisce formazione sul campo e in cui il giovane, ancora inesperto e poco produttivo, non riceve una retribuzione. Ma questo periodo non può coprire periodi di 9, 12 o addirittura 18 mesi. Per questo ho firmato e sostenuto la proposta avanzata dai giovani avvocati e commercialisti tradotta poi in proposta di legge avanzata dall’on. Mazziotti. La proposta non è stata calendarizzata, ma spero che il tema venga riproposto nella prossima legislatura.
5) UNO STUDIO SU (E PER) MILANO
In occasione della campagna elettorale del 2016 per l’elezione del sindaco di Milano ho condotto un’analisi della situazione dei professionisti nella capitale lombarda. Oltre dieci anni fa scrissi, assieme al professor Richard Florida, il report “L’Italia nell’era creativa”, in cui raccolsi numerosi indicatori di innovazione e creatività delle città italiane, mostrando come Milano fosse tra le prime dieci città italiane (all’ottavo posto, per la precisione) per concentrazione di professionisti creativi, manager e imprenditori. Nel 2016, grazie alla collaborazione di un gruppo di giovani studenti e professionisti milanesi (riuniti nell’associazione “Politica Economia Libertà”), ho aggiornato quei dati e quello studio, e dall’analisi è emerso come in poco più di dieci anni Milano sia stata in grado di rafforzare ancora di più questo suo tratto distintivo e la sua attrattività, scalando in fretta la classifica delle città a maggior concentrazione di talenti, soprattutto sul fronte dei professionisti.
Oggi il 40% della forza lavoro di Milano è costituito da professionisti a varia intensità di specializzazione, e se guardiamo solo a quelli ad elevata specializzazione, ovvero i più istruiti e i più creativi, vediamo che un lavoratore su quattro a Milano è occupato in professioni altamente specializzate. A Roma uno su cinque. In molte città italiane la media è uno su dieci. Un’incidenza che aumenta ancora di più tra i giovani: in sostanza quasi un trentenne su 3 a Milano è occupato in professioni ad elevata specializzazione. L’analisi, corredata da alcune riflessioni e proposte per sostenere l’ecosistema delle professioni a Milano, è stata sintetizzata in un breve documento, e presentata ad un incontro pubblico assieme, tra gli altri, anche al Ministro Orlando e al futuro sindaco di Milano Beppe Sala.