Iniziamo oggi la nostra discussione in Aula, alla Camera dei deputati, di un provvedimento lungamente atteso, un provvedimento varato dal Governo Renzi oltre un anno fa, che ha avuto un lungo iter di discussione e approvazione al Senato e che noi ci auguriamo possa terminare al più presto tutte le fasi dell’approvazione. Siamo davvero convinti che sia un provvedimento importante non solo per le misure che contiene, ma anche per il messaggio che lancia ad un mondo, quello del lavoro autonomo, che per troppo tempo è stato dimenticato anche dal dibattito politico. Con questo provvedimento invece la politica prende atto che ci sono delle misure basilari di tutela della sicurezza e della dignità di un lavoratore, che devono essere universali e che non possono essere distinte tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi.
Ci si è accorti, forse anche a causa della lunga crisi economica che ha colpito il nostro Paese, che – pur con tutte le sue prerogative – anche un lavoratore autonomo può trovarsi in una posizione di grande debolezza. Una debolezza di fronte al committente, una debolezza che può dar luogo ad abusi, a rinegoziazioni unilaterali dei contratti, a ritardati o mancati pagamenti o anche all’impossibilità di esercitare di fatto dei diritti che pensavamo tutelati, come, ad esempio, quello della maternità. Un diritto questo, difficile da esercitare per molte donne, anche perché, quando una lavoratrice autonoma vuole esercitarlo, è costretta ad astenersi per molti mesi dall’attività, risultane talmente penalizzata che in alcuni casi preferisce rinunciarci.
Si è quindi preso atto di una serie di fragilità, di difficoltà dei lavoratori e delle lavoratrici del mondo del lavoro autonomo, a cui si è voluto dare una risposta importante, anche in chiave positiva, dandogli così la possibilità di accedere agli appalti pubblici, ai bandi, ai fondi UE, valorizzando i percorsi di formazione, aumentando la deducibilità dei costi della formazione e della qualificazione. Sono state dunque previste una serie di misure e di attenzioni a questo mondo, che rappresenta una parte fondamentale della nostra economia.
Il provvedimento, mira dunque a riavvicinare lavoro autonomo e lavoro dipendente, a colmare un gap, un dualismo che si era verificato nel mondo del lavoro. Dando così da un lato più tutele al mondo del lavoro autonomo – che come dicevo prima era penalizzato su questo fronte – e dall’altro, però, dando al lavoro dipendente una maggiore flessibilità nelle modalità di esecuzione del lavoro. Era quest’ultimo un aspetto su cui il lavoro dipendente aveva sofferto una maggiore arretratezza rispetto al lavoratore autonomo, che aveva potuto invece beneficiare, in questi anni, di una maggiore flessibilità attraversolo sfruttamento dell’evoluzione delle tecnologie.
Quindi, questo provvedimento contiene nella prima parte una serie di misure di tutela e di supporto per il lavoro autonomo e nella seconda parte delle misure che aiutano invece il lavoro dipendente a poter essere esercitato in maniera più flessibile, aumentando la conciliazione tra famiglia e lavoro, ma trovando anche un modo per aumentare la produttività. Infatti, quando una persona riesce ad esercitare il lavoro attraverso modalità più consone ai propri ritmi di vita e di lavoro, spesso risultano degli incrementi di produttività. Un provvedimento dunque molto importante.
Il passaggio al Senato ha introdotto degli elementi aggiuntivi, che non facevano parte dell’impianto originario, su cui noi abbiamo lungamente dibattuto come Commissione lavoro della Camera. Elementi, questi, che riguardano i lavoratori autonomi iscritti ad un ordine professionale, e in particolare, con l’aggiunta di quello che poi è stato l’articolo 5 e l’articolo 6, con le due deleghe al Governo di intervenire su alcuni aspetti dei lavoratori iscritti agli ordini professionali.
Ecco, questi due articoli sicuramente rispondevano e rispondono a delle esigenze molto importanti e diffuse in una parte del mondo professionale. Tuttavia, anche nel corso del dibattito e delle audizioni, erano emerse delle criticità ed il timore – da parte di alcuni – che questa distinzione introducesse una serie di norme esclusive rivolte solo ad alcune tipologie di lavoratori autonomi. La preoccupazione di alcuni era quella di introdurre -anziché ridurre- nuovi i dualismi nel mercato del lavoro, creando dei professionisti di serie A e di serie B.
Per questo motivo, la Commissione lavoro della Camera ha lavorato molto per cercare di far sì che aumento del divario venisse sventato, e -al contrario- che venisse maggiormente rispettato l’intento originario del provvedimento: quello di allargare la maglia delle tutele e di eliminare i dualismi, anziché accentuarli. Così, in Commissione lavoro abbiamo fatto un lavoro collettivo e, una lunga discussione ed alcune modifiche hanno consentito – per quanto riguarda l’articolo 6, ad esempio – l’estensione ai lavoratori iscritti alla gestione separata di una serie di misure precedentemente immaginate solo per gli iscritti alle Casse previdenziali degli ordini. Misure queste rivolte anche ai lavoratori iscritti alla gestione separata, e che riducono i requisiti di accesso alla maternità e alla malattia.
Questo mi sembra anche un segnale importante, di ulteriore attenzione al mondo del lavoro autonomo inteso nel senso più ampio possibile. Sempre all’interno dell’articolo 6 vi è la parte in cui è stata resa strutturale la Dis-Coll, vale a dire l’indennità di disoccupazione per i collaboratori. Anche questo è un segnale di attenzione ad un mondo del lavoro tradizionalmente molto fragile, e che rischiava di trovarsi schiacciata in una misura sperimentale che poi non era stata rinnovata.
Per quanto riguarda l’articolo 5, ovvero l’articolo riguardante la possibilità di delegare lo svolgimento di funzioni proprie della pubblica amministrazione ai professionisti iscritti agli ordini professionali, si è cercato semplicemente di far fronte alle critiche che erano emerse. Le perplessità hanno fatto sì che si siano delimitati meglio i contorni ed il limite della delega, proprio per evitare, ad esempio, che si potessero creare problemi in merito alla privacy e alla sicurezza dei dati dei cittadini nel processo di delega o di outsourcing rispetto alla pubblica amministrazione, o che potessero evitare l’insorgere di conflitti di interesse da parte dei professionisti coinvolti.
Poi, sempre all’interno di quest’articolo, come è stato ricordato dal presidente della Commissione, si sono tolti i riferimenti ad atti delegabili specifici come il «fascicolo del fabbricato», che riguarda un dibattito ancora in corso e assai problematico in quanto sono state coinvolte anche sentenze dei TAR e della Corte costituzionale; quindi, un aspetto molto problematico che abbiamo ritenuto più opportuno togliere e rimandare eventualmente ad un dibattito futuro.
Sono queste un po’ alcune correzioni. Come ha ricordato il Presidente, la Commissione lavoro della Camera ha cercato di limitare al minimo gli interventi per poter garantire la massima celerità di approvazione del provvedimento che riteniamo tanto importante e fondamentale per una parte così larga del mondo del lavoro. Personalmente ricordo solo alcune piccole criticità che, certamente, non inficiano la valutazione assolutamente positiva del provvedimento, ma ritengo – però – che sia necessaria una riflessione anche circa la fase attuativa di implementazione.
La prima riflessione è un po’ critica e riguarda la proposta emendativa che era stata condivisa con tutti i colleghi della Commissione lavoro in merito all’articolo 5 dove, tra i criteri che specificavano e limitavano la delega al Governo circa l’attribuzione agli ordini e ai professionisti di alcune funzioni della pubblica amministrazione, si inseriva, come criterio, il fatto che tale processo di delega ai professionisti non comportasse alcun onere aggiuntivo per i cittadini rispetto agli oneri che avrebbero avuto se tali funzioni fossero rimaste in capo all’amministrazione pubblica.
Ci sembrava necessario specificare questo punto per evitare che chiunque (qualsiasi osservatore) potesse pensare che questa norma fosse volta più a garantire una rendita ai professionisti che un servizio veramente migliore al cittadino.
Penso così che questo sia un punto sul quale sono rimasta dispiaciuta del fatto che non si sia trovato il necessario consenso anche con il Governo. Capisco le problematiche che possono esserci e possono derivare anche da una tematica così delicata, ma penso che sia un punto su cui potrà essere necessario operare una riflessione.
La seconda criticità, o potenziale criticità – anche qui si parla sempre di ipotesi – riguarda gli elementi del lavoro agile sulla normativa della sicurezza legata al lavoro agile e anche alle limitazioni dell’orario di lavoro giornaliero legato al lavoro agile. Sono due aspetti, due limitazioni, due vincoli, che potrebbero rendere meno appetibile per un datore di lavoro l’adozione o il ricorso al lavoro agile nei confronti dei lavoratori dipendenti.
Naturalmente – ripeto – si parla di ipotesi perché è una fattispecie nuova, quindi mi riferisco solo a sollecitazioni che sono arrivate in audizione e, quindi, l’unica cosa che possiamo fare è garantire un’attenzione e un monitoraggio al fenomeno, per accertarci che tali aspetti non diventino un impedimento in futuro.
Infine, pur nella grande soddisfazione per la Dis-Coll strutturale, esprimo perplessità sul concetto di estensione di tale sussidio alla figura del dottorando, che non è tipicamente un lavoratore ma uno studente. Quindi, solitamente, nessun percorso di formazione e di selezione – soprattutto quelli di alta formazione, sempre molto selettivi – prevede forme di sussidio o di compensazione per chi non riesca a mettere a frutto il percorso formativo o il titolo ottenuto. Quindi, pur riconoscendo che da un punto di vista di correttezza formale non ci sono pericoli per i conti, viene garantita la sostenibilità con l’aumento dell’aliquota.
Da un punto di vista formale, quindi, c’è una correttezza che riconosco. Pongo però solo un dubbio legato alla natura di questa figura, che non è propriamente un lavoratore, e che potrebbe aprire la porta anche ad ulteriori richieste, perché sono molte le persone che intraprendono percorsi di alta formazione e selezione che un domani potrebbero anche legittimamente chiedere forme di sussidio analoghe. Credo dunque che tale previsione possa aprire un problema, a meno che non si vada verso forme di sussidi veramente universali.
Detto questo, le criticità espresse sono semplicemente riflessioni su dei piccolissimi aspetti emersi nel corso del dibattito e che non tolgono nulla alla rilevanza, al grande supporto che ho avuto e che tutta la Commissione ha assicurato rispetto a questo provvedimento, che ritengo di fondamentale importanza e un punto di partenza di cui essere orgogliosi.