17 Novembre 2012. Verso la Terza Repubblica. Il testo integrale del mio intervento su un nuovo welfare.
Sono molto contenta di essere qua. Oggi e’ un giorno importante: un momento di confronto, di dialogo in cui diversi percorsi d’impegno civile si uniscono per definire un cammino comune, nella convinzione, come ha detto il Presidente Montezemolo, che il declino non sia una strada inevitabile.
E’ questa la convinzione che tre anni fa mi ha motivato ad avviare il percorso con Italia Futura, tornando ad occuparmi del mio paese dopo tanti anni all’estero. Un percorso appassionante, fatto di analisi, ricerche, proposte – che per me e’ stato davvero uno straordinario esercizio di concretezza ed umilta’.
Ho imparato tanto. Ho avuto modo di conoscere le mille contraddizioni ed ingiustize del nostro paese, ma ho anche visto le sue tante potenzialita’, fatte di competenze nascoste, di persone per bene, e anche di risorse produttive ed economiche che possono essere recupérate per far ripartire questo paese.
Perche’ e’ vero che ci sono tanti sprechi, ma dietro ogni spreco c’e’ un potenziale per investire dove e’ necessario, un’opportunita’ per cominciare a ridisegnare un paese nuovo, il paese che vorremmo.
E io credo che davvero sia possibile farlo. Questo governo ci ha mostrato che anche nel giro di pochi mesi si puo’ passare dal default imminente ad un percorso serio di risanamento, dalla derisione ed emarginazione internazionale alla credibilita’ e centralita’ in molte decisioni europee. Non e’ poco.
Ma ancora molto resta da fare, lo ha ricordato anche Mario Draghi pochi giorni fa a Milano. E il percorso che abbiamo di fronte richiedera’ non solo il proseguimento di interventi di risanamento dei conti, di lotta all’evasione e all’illegalita’ per il recupero di tante risorse preziose: ma richiedera’ anche un programma una visione di lungo periodo che cominci a ridisegnare i confini e del nuovo Stato che vogliamo costruire, che fissi le priorita’ di ricostruzione che ci poniamo, e questo richiedera’ importanti scelte politiche. Tutte quelle che fino ad oggi molti partiti che ci hanno governato non sono stati in grado di assumersi.
E’ questa incapacita’ di scelta e di guardare ad orizzonti lunghi che ci ha portato sull’orlo del báratro. Che ci ha portato ad avere non solo un debito pubblico enorme, ma anche un sistema di servizi, di assistenza, di welfare assolutamente disfuzionale. Ma non perche’ sia troppo costoso. La nostra spesa sociale e’ in línea con i grandi paesi europei – ma una spesa sbilanciata e inefficiente, che non svolge il compito che dovrebbe assolvere: alleviare il disagio, diminuire le diseguaglianze e soprettutto mettere in condizione le persone di crearsi delle opportunita’, aiutandole ad essere attive, nel lavoro e in famiglia.
Abbiamo creato un sistema di aiuti e sussidi per l’inattivita’ ma nessun aiuto per le persone e le famiglie lavoratrici, per i bambini e i giovani nel loro percorso di formazione e preparazione al lavoro. E questo e’ accaduto ben prima della crisi.
Gia’ nel 2007 lItalia era i paesi Ocse che meno investiva in supporto alla famiglia e all’infanzia: l’1.4% del PIL contro il 3.7% della Francia, il 3.6% dell’inghilterra, o il 2.7% della Germania: quindi quando sentiamo i politici che hanno governato negli anni 90 e 2000 che accusano questo governo di penalizzare le famiglie resto esterrefatta, perche’ LORO hanno creato e sostenuto un welfare che e’ tra i piu’ penalizzanti d’europa per le famiglie.
Il confronto europeo e’ interessante anche sul fronte complessivo della spesa sociale e del suo trend dal 1980 a oggi. Negli altri paesi quello che e’ accaduto in questi 30 anni e’:
– un mantenimento del peso delle pensioni di vecchiaia/anzianita’ sul pil, attorno al 30-33%, con una riduzione di alcuni aiuti come le pensioni di reversibilita’,
– pero’ un aumento della spesa in salute, (al 31-34%) e del supporto al lavoro e ai sussidi di disoccupazione per far fronte a mercati sempre piu’ incerti.
In Italia e’ accaduto l’opposto: il peso delle pensioni d’anzianita’ e’ schizzato dal gia’ alto 40% al 47% a cui va aggiunto un 10% delle pensioni di reversibilita’, (le piu’ alte d’europa), e una corrispondente, inevitabile diminuzione del peso di sanita’ e servizi alla persona, che sono piu’ bassi della media Ocse, e uno stallo sui livelli minimi sul fronte lavoro, disoccupazione, giovani, famiglie.
Questo e’ il welfare che i governi degli ultimi 30 anni hanno costruito. Un welfare che non ha impedito il verificarsi di diseguaglianze e il diffondersi della poverta’. E che anzi ha lasciato scoperte le persone quando hanno piu’ bisogno:
- le famiglie con bambini piccoli,
- gli anziani veri – perche’ abbiamo dato le pensioni ai 50enni ma non abbiamo creato servizi per gli 80enni,
- le mamme: perche’ siamo il paese che piu’ celebra la mamma, ma il il 30% delle donne che diventano mamme non rentra lavoro dopo il parto –
- e i giovani che si affacciano al mondo del lavoro. Abbiamo il 19% di giovani che non studiano, non lavorano e hanno rinunciato anche a cercare lavoro, un dato che al Sud sfiora il 35%, dati da brivido. E tra quelli che ancora lo cercano, il 35% non trova niente: percentuali che al sud arrivano al 50%. Questo e’ un dramma di cui nessuno si e’ fatto carico. Certo, molti politici ne parlano, specie quando si tratta di fare slogan, di riempire piazze.
Pero’ poi quando dalla piazza ci si sposta ai palazzi, per negoziare riforme, contratti, costi del lavoro o ammortizzatori sociali, tutto torna come prima, tutti tornano a difendere i propri associati, la propria corporazione. E poi, per giustificarsi dicono “evabbeh, se un giovane e’ precario o se perde il lavoro, si appoggera’ sulla pensione dei genitori o dei nonni”. E’ con questa mentalita’ che siamo arrivati ad avere un paese, unico in europa, in cui la poverta’ e’ un fenomeno che colpisce soprattutto i giovani e i loro bambini.
In Italia il tasso di poverta’ tra le coppie con figli piccoli e’ del 14%, il doppio della francia e dell’inghilterra, e 5 punti percentuali piu’ alta delle media Ocse.
E queste famiglie sono spesso proprio famiglie di trentenni. L’eta’ media del primo figlio e’ 29 anni. Ricordiamecelo quando parliamo di 30enni.
E’ stato costruito un welfare che e’ diventato strumento di immobilismo, di clientelarismo, che non ha alleviato le ingiustizie, non ha costruito le opportunita’ di miglioramento sociale ed economico che dovrebbe costruire.
Di fronte a questo quadro, frutto della prima e della seconda repubblica, resto senza parole quando sento certi politici accusare questo governo di ingiustizia sociale. Quale societa’, quali deboli abbiamo difeso e aiutato fino ad oggi?
Quindi si tratta di ridisegnare un sistema secondo tre principi chiave:
- Riequilibrare il sistema tra generazioni, che e’ quello che questo governo ha iniziato a fare con la riforma di un anno fa. Una riforma dolorosa, che su alcuni aspetti andava corretta ed infatti e’ stata giustamente corretta, ma che rappresenta un importante primo passo verso il riequilibrio. Qual e’ il secondo passo? Destinare le risorse risparmiate dalla Riforma, che secondo le stime arriveranno fino a 20 mililardi l’anno, per supportare politiche attive per il lavoro dei giovani, per la formazione, e perche’ no, per creare uno strumento innovativo come il Fondo Opportunita’ presentato da Italia Futura, che non e’ un sussidio, ma un fondo che i giovani si costruiscono con il proprio studio ed impegno, da investire in formazione o attivita’ produttive, per dare un incentivo forte allo studio, visto che la meta’ dei NEET si sono fermati alla licenza media. Smettiamo di dire ai ragazzi che studiare e’ inutile: studiare serve! Serve ai ragazzi, perche’ aumenta la loro occupabilita’, e serve al Paese.
- Focalizzare il sistema sulle vere priorita’ e le vere aree di disagio. Abbiamo dato sussidi e indennita’ con criteri assurdi. Basta pensare per esempio, che le pensioni di invalidita’ civile vengono date senza alcun criterio non solo di reddito ma neppure di patologia, per cui una brutta cervicale o paralisi totale sono trattate uguali. Potremmo cominciare a differenziare le patologie e il tipo di aiuto, per esempio. Focalizzarsi significa anche rafforzare la lotta alle frodi, all’evasione contributiva e ai falsi invalidi, un fenomeno enorme su cui per troppi anni la politica ha chiuso gli occhi. L’Inps l’hanno scorso ha condotto 250,000 controlli sulle invalidita’, revocando quasi il 30% dei trattamenti, una percentuale enorme: se l’applicassimo al totale delle pensioni di invalidita’ che eroghiamo, verrebbero fuori quasi 5 miliardi l’anno di soldi buttati. E poi si tagliano 400 milioni di fondo per i non autosufficienti o per il sostegno ai bambini disabili! Non e’ accettabile in un paese civile. Ecco, recuperando queste risorse potremmo piu’ che raddoppiare le risorse per i non autosufficienti.
- Passare da un sistema sostanzialmente “risarcitorio”, che ripara alla impossibilta’ di lavorare e che quindi sostiene l’inattivita’, ad un sistema supporti la vita attiva, il lavoro, l’impegno, diversificando gli strumenti d’intervento, non solo sussidi ma servizi, accompagnamento al lavoro, per riattivare le due grandi fasce oggi emarginate: giovani e le donne. Quasi il 50% delle donne italiane oggi sono inattive. Al sud il 65%. Non cerca nemmeno lavoro. Per riattivarle abbiamo proposto un sistema di credito fiscale per incentivare il rientro al lavoro, ma occorre anche rafforzare i servizi come gli asili nido. La copertura e’ solo all’11.3%, il 14% se consideriamo anche i privati. Si dice sempre ma si fa poco, i progressi ci sono, ma sono lenti. Nei sei anni tra il 2004 e il 2010 i posti asilo sono aumentati di sole 47 mila unita’. Meno di ottomila all’anno. Si ptrebbe tranquilamente arrivare a 30 mila l’anno. Sono poco piu’ di 200 milioni l’anno di spesa corrente. Se pensiamo ai miliardi di spesa comprimile citati prima, e’ piu’ che fattibile.
- un paese che contribuisce attivamente ad una costruzione europea piu’ solida,
- un paese che vuole abbattere rendite di posizione, monopoli e clientelarismi per mettere in moto la crescita,
- e un paese che sa usare questa crescita per creare delle vere opportunita’ di supporto e riscatto per i piu’ deboli, investendo in istruzione, giovani e donne.
Ecco, credo che un ridisegno futuro del sistema del welfare, rivedendone bilanciamento, focalizzazione e strumenti sia necessario per far capire ai cittadini non solo l’urgenza di certi provvedimenti ma per far vedere loro i contorni del paese che possiamo costruire. Ed e’ questo quello che secondo me il prossimo Governo dovra’ fare. E che noi vogliamo sostenere e contribuire a realizzare.
Certo: e’ una sfida difficile, ma questo non e’ un motivo per rinunciare. E credo che tutte le persone che sono qua oggi sono accomunate da una cosa: il rifiuto alla rassegnazione. Per questo e’ una giornata importante.
Qualcuno ha accusato l’assemblea di oggi di essere eterogenea, di mettere insieme persone con storie troppo diverse. Ma io credo profondamente che le diversita’ ci rendano migliori e piu’ forti. Ma soprattutto credo che quel che conta non sia tanto da dove arriviamo, ma dove vogliamo andare, insieme. E oggi mi pare sia emerso un obiettivo chiaro e comune, ricostruire:
E’ cosi’ che si puo’ unire merito ed equita’, crescita e solidarieta’. E tornare a fare dell’Italia una terra di genialita’, di cultura, di accoglienza, dove chi ha la voglia di costruire qualcosa di nuovo non debba sentirsi frustrato, emarginato o fuggire.
Questa e’ l’Italia che vogliamo costruire, e non aspetteremo piu’ che qualcun altro lo faccia per noi. Oggi iniziamo un cammino, sara’ una strada difficile, incerta, ma almeno potremo dire ai nostri figli e ai nostri nipotini: non siamo stati a guardare.