La Stampa, 2 Aprile 2012
Ed e’ vero: tra tutte le economie emergenti, il Brasile e’ il Paese che ha saputo crescere in maniera piu’ equa, riducendo maggiormente la poverta’ e le diseguaglianze. La riorganizzazione e l’estensione delle misure diassistenza, attraverso il programma Bolsa Familia, hanno consentito di allargarela protezione sociale fino a coprire il 26% della popolazione, aumentando la frequenza scolastica dei bambini e le visite mediche. Risultati veramente straordinari in un paese da sempre piagato da poverta’ e emarginazione. Ma un conto e’ apprezzare le politiche sociali e redistributive del Brasile, altro conto e’ capire le radici e la natura della sua crescita, capire cosa ha permesso e continua a rendere possibile questa redistribuzione.
Nessuno sembra chiedersi: ma da dove arrivano tutti questi miliardi da spendere in politiche sociali? E invece sarebbero proprio queste le domande che dovremmo farci, soprattutto se vogliamo prenderlo come esempio e ispirazione.
La rinascita brasiliana ha iniziato a porre le proprie basi nelle politiche economiche della prima meta’ degli anni Novanta, da un lato con liberalizzazioni e privatizzazioni che iniziarono ad aprire l’economia Brasiliana agli investimenti e al commercio estero, dall’altro lato con un profondo piano distabilizzazione monetaria (il famoso Plano Real varato nel 1994 dall’allora ministro dell’economia Cardoso) che mise sotto controllo l’inflazione dopo anni in cui i prezzi aumentavano di giorno in giorno.
Misure di stabilizzazione che il governo di Lula, eletto nel 2003, si è ben guardato dal ribaltare. Anzi, la nomina a Governatore di Henrique Meirelles, un noto economista “pro-mercato”, ex amministratore delegato di Bank Boston, oltre a sorprendere tutti rappresentò un forte segnale dicontinuità sul fronte delle politiche di stabilizzazione economica. Lo stesso si può dire sul fronte dei rapporti con il mondo finanziario internazionale: nel 2005, con due anni di anticipo, il Governo di Lula rimborsò totalmente il prestito di quindici miliardi e mezzo di dollari che il Fondo Monetario Internazionale aveva concesso al Brasile nel 2002. Una mossa che consolidò l’immagine internazionale del Brasile e consentì di risparmiare quasi un miliardo di interessi. A queste iniziative vanno aggiunte le misure molto rigide per porre freno alle spese e ai debiti delle amministrazioni locali.
Ma oltre alle politiche di stabilizzazione economica, il Brasile ha mostrato molta lungimiranza nella gestione delle sue politiche industriali, puntando moltissimo sin dagli anni Novanta su settori all’epoca nuovi e emergenti:dalle tecnologie agroalimentari che hanno reso il Brasile un paese leader nei biocarburanti, alle tecnologie informatiche – con un’attenzione particolare all’industria del software, che inizio’ a crescere e espandersi sin dai suoi albori e che continua a crescere a tassi piu’ elevati dell’economia complessiva (attorno all’8%annuo). Una crescita supportata anche da una precoce e massiccia modernizzazione e “digitalizzazione” sia del settore privato che di quello pubblico, che hanno creato un mercato dinamico e competitivo nel settore.
Basta pensare che in Brasile esiste il voto elettronico dal 1996 e che già nel 2000, secondo dati della Banca Mondiale, il Brasile spendeva in tecnologie perla comunicazione e l’informazione l’8.3% del proprio PIL – più del doppio diquanto facesse l’India, e persino superiore alla spesa statunitense.
A guardare in profondità il percorso brasiliano si ha quindi l’impressione di un paese che ha avuto la lungimiranza di affrontare condeterminazione i suoi problemi cronici di povertà e diseguaglianza, ma che è ben consapevole che per generare e mantenere alti livelli di crescita non basta redistribuire, ma occorrono strategie economiche solide e variegate. Strategie che il Brasile ha perseguito, fino ad oggi, con approccio meno ideologico di quelche si pensi e con gran pragmatismo. Per esempio, gli straordinari investimentisul fronte dei biocarburanti o dell’energia idroelettrica (inclusa la costruzione della più grande diga del mondo) non hanno però indotto il Brasile ad abbandonare altre fonti. Anzi, con la scoperta di giacimenti di gas e petroliolungo le sue coste, il Brasile è divenuto il nono produttore petrolifero del mondo e conta di entrare presto tra i primi 5.
E nel 2010 sono iniziati i lavori di ammodernamento dell’impianto nucleare di Angra, alle porte di Rio de Janeiro, che dovrebbe divenire operativo nel 2015. Questo semplicemente per dare un’idea di come lo sviluppo economico di questo gigante vada ben oltre la storia romantica del sindacalista buono che distribuendo soldi ai poveri ha riportato il Paese sulla scena economica internazionale. Sia l’attuale primo ministro Dilma Roussef che Lula e il suo precedessore Cardoso si sono dimostrati leader capaci di dare al Brasile continuità e stabilità politica e economica, costruendo una forte reputazione internazionale basata su politiche economiche e sociali molto articolate. Un approccio non immune da rischi e potenziali errori, ma perseguito con grande concretezza e tanta sete di modernita’, scevro dalle nostalgie di mondi incontaminati, senza banche, globalizzazione o multinazionali, visioni tanto in voga nei paesi più ricchi estanchi.
Da questo punto di vista, il Brasile rappresenta davvero una bella fonte di riflessione.