Oggi alla Camera dei Deputati si è discusso sul tema dell’obiezione di coscienza e l’applicazione della Legge 194 sull’aborto. Ho presentato una mozione in cui si chiede al Governo una serie di impegni tra cui quello di avviare un serio monitoraggio sull’applicazione della legge e uno studio sull’impatto effettivo che l’obiezione di coscienza (che in alcune zone d’Italia raggiunge il 70-80% dei medici) ha su di essa. Di seguito il testo integrale della mia mozione.
Alla Camera
premesso che:
la relazione sullo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978 sull’interruzione volontaria della gravidanza (IVG), presentata al Parlamento dal Ministro della salute il 9 ottobre 2012, ha mostrato come in Italia il numero dei ginecologi obiettori di coscienza sia in considerevole aumento, passando, nei soli anni tra il 2005 e il 2009, dal 58,7% al 70,7%. Si è rilevato un aumento di obiettori anche tra gli anestesisti, passati dal 45,7% al 51,7%. Percentuali superiori all’80% tra i ginecologi si registrano principalmente al Sud: 85.2% in Basilicata, 83.9% in Campania, 82.8% in Molise, 81.7% in Sicilia e 81.3% a Bolzano. Anche per gli anestesisti i valori più elevati si osservano al Sud, con un massimo di più di 77% in Molise e Campania e 75.6% in Sicilia. (Mentre i più bassi si riscontrano in Toscana (27.7%) e a Trento (31.8%);)
parallelamente risultano in preoccupante aumento gli aborti dichiarati come “spontanei”, passati secondo i dati Istat, dai quarantamila del 2008 ai settantacinquemila del 2011, un aumento del 75% che secondo molte fonti potrebbe essere il frutto di interventi illeciti non eseguiti in modo corretto;
indagini delle forze dell’ordine testimoniano una crescente diffusione di fenomeni come il contrabbando di farmaci (misoprostolo clandestino) che inducono l’interruzione di gravidanza con forti rischi per la salute e la vita delle donne, e al proliferare di cliniche e ambulatori fuorilegge. Solo nell’ultimo anno sono stati calcolati 188 procedimenti penali aperti per violazione della legge 194, molti dei quali verso insospettabili professionisti che agivano indisturbati tra le mura dei loro studi;
L’elevata presenza di medici obiettori sembra riflettersi anche sull’operatività e l’efficacia dei consultori nelle loro funzioni di prevenzione e supporto della donna nelle fasi antecedenti allàinterruzione di gravidanza. Come evidenziatoo nella succitata Relazione del Ministero della Salute al Parlamento, l’efficacia ed il ruolo dei consultori nei processi di prevenzione e supporto all’interruzione di gravidanza appare in molti casi indebolita dalla mancanza di figure mediche adeguate o disponibili al rilascio della documento e della certificazione necessaria per l’IVG, soprattutto al Sud. Un elemento che allontana le donne da queste strutture e dai loro indispensabili servizi di informazione, prevenzione e supporto. Infatti, nonostante i tassi di presenza di consultori sia di 1.5 consultori pubblici ogni 10000 donne in età 15-49 anni tanto nell’Italia settentrionale quanto in quellla meridionale, tuttavia mentre al nord il 50.6% delle certificazioni per l’IVG passano dai consultori, al sud solo il 20.6%, e nelle isole addirittura il 15.8%. In queste aree le donne, temendo di vedersi rifiutare la certificazione o di venire giudicate dal personale dei consultori, si rivolgono direttamente alle strutture che effettuano le interruzioni di gravidanza bypassando interamente il percorso consultoriale.
Considerato che:
L’esercizio del diritto all’obiezione di coscienza è previsto e disciplinato dall’articolo 9 dalla Legge 194/78 secondo cui “il personale sanitario ed esercente le attività ausiliare non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui aglii articoli 5 e 7 ed aagli interventi per l’interruzione di gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza”. Tuttavia la stessa legge ne disciplina e regolamenta l’uso stabilendo che “gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8″, e stabilendo inoltre che la regione controlli e garantisca l’attuazione e l’effettiva erogazione di tali servizi “anche attraverso la mobilità del personale”, una misura scarsamente se non per niente utilizzata dalle strutture fino ad oggi;
l’obiezione di coscienza si configura quindi come un diritto della persona, ma non della struttura, che ha l’obbligo di erogare le prestazioni sanitarie previste dalla legge. La tutela del legittimo diritto all’obiezione di coscienza non puo’ mettere a rischio la tutela del diritto alla salute fisica e psichica della donna che la legge 194/78 mira a garantire, ed e’ necessario trovare modalità affinchè entrambi i diritti possano convivere armonicamente;
il Comitato Nazionale di Bioetica, nel parere sull’obiezione di coscienza formulato al Governo il 30 Luglio 2012, sostiene la necessità di un diritto all’obiezione “sostenibile”, che “non deve limitare né rendere più gravoso l’esercizio di diritti riconosciuti per legge né indebolire i vincoli di solidarietà derivanti dalla comune appartenenza al corpo sociale”. Il Comitato Nazionale di Bioetica raccomanda inoltre al Governo “la predisposizione di un’organizzazione delle mansioni e del reclutamento, negli ambiti della bioetica in cui l’odc viene esercitata, che può prevedere forme di mobilità del personale e di reclutamento differenziato atti a equilibrare, sulla base dei dati disponibili, il numero degli obiettori e dei non obiettori”;
Non esistono al momento efficaci strumenti di monitoraggio, premialità o penalizzazione per verificare, stimolare o supportare l’effettiva funzionalità delle strutture preposte all’applicazione della Legge 194/78 nonchè per analizzare adeguatamente l’impatto del fenomeno dell’obiezione di coscienza sulla loro funzionalità. Gli indicatori di efficienza attualmente rilevati come, per esempio, i tempi di attesa per l’interruzione di gravidanza, non sono in grado, da soli, di valutare tali aspetti perchè sono proprio le regioni e le strutture ospedaliere con minori obiettori ad attrarre maggiori richieste di IVG e ad avere quindi liste di attesa più lunghe. Senza contare che, allo stato attuale, è praticamente impossibile verificare se le donne che si cancellano da una lista di attesa lo facciano perchè hanno effettivamente cambiato idea o perchè, all’allungarsi dei tempi d’attesa, decidono di ricorrere all’aborto clandestino.
Impegna il Governo:
– A condurre un’analisi conoscitiva approfondita sull’impatto dell’obiezione di coscienza sull’applicazione della legge 194/78, un’analisi condotta a livello di struttura e che si basi su dati e indicatori sufficientemente articolati in grado di affrontare il problema dell’interdipendenza tra presenza di personale non-obiettore e lunghezza delle liste di attesa;
– Ad adottare tutte le misure necessarie affinchè le regioni garantiscano il rispetto e la piena attuazione della legge 194/78 in tutte le strutture del loro territorio, adottando, ove necessario, una revisione dell’organizzazione delle mansioni e del reclutamento delle strutture sanitarie che faccia leva sugli strumenti di mobilità del personale previsti dalla legge e che preveda forme di reclutamento differenziato atti a riequilibrare il numero di obiettori e non obiettori, così come raccomandato dal Comitato Nazionale di Bioetica;
– Ad introdurre un sistema di monitoraggio costante e rigoroso delle azioni intraprese e dei risultati ottenuti dalle regioni sul fronte dell’applicazione della legge 194/78 e della tutela della salute della donna in tutte le strutture operanti sul loro territorio, collegando a tali risultati meccanismi di premialità e penalizzazione;
– A rafforzare l’attività dei consultori, monitorando l’effettiva disponibilità del personale che vi opera a erogare tutti i servizi legati alle richieste di IVG e ad emettere le necessarie documentazioni e prevedendo una maggiore interazione tra questi e le strutture ospedaliere, definendo percorsi integrati secondo standard e procedure che consentano di seguire e supportare la donna in tutte le fasi legate all’IVG e di valutarne poi i risutati (così come previsto dal Progetto Obiettivo Materno Infantile (POMI) varato nel 2000 e rimasto purtroppo inattuato nella maggior parte dei consultori)
– A promuovere informazioni e azioni volte a supportare il ricorso, nell’ambito d’uso disciplinato dalla legge, alle tecniche di interruzione di gravidanza che riducono sia i rischi per la salute fisica e psichica delle donne che l’impegno di risorse da parte del sistema sanitario nazionale, come per esempio l’interruzione di gravidanza farmacologica.