«Ho rispetto per i colleghi del Pd contrari all’emendamento sull’uso da parte di Kiev di armi in territorio russo, ma Putin ha ulteriormente aumentato la violenza sull’Ucraina e, per dare inizio a un serio negoziato, servirà confrontarsi alla pari». Irene Tinagli, europarlamentare dem dal 2019, già presidente della Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo, ex vicesegretaria del partito, a Strasburgo a fine novembre ha votato sì alla risoluzione sull’uso difensivo (su obiettivi bellici), di nuovi missili puntati sul territorio russo. Con lei Giorgio Gori, Pierfrancesco Maran (tolta Moretti) e Pina Picierno. Contrari però altri 13 dem.
Vi siete divisi.
«Semplicemente, abbiamo storie e sensibilità diverse, tutte rispettabili. Tuttavia, io ho votato in linea con il gruppo S&D, perché sia garantito il sostegno all’Ucraina. Ciò di cui si ha ora bisogno è avere più forza per trattare con Mosca. Togliere o solo ridurre la capacità di risposta dentro al conflitto significherebbe andare a un auspicabile tavolo di negoziato senza credibilità. Tutti vogliamo la pace ma per trovarla non si devono tradire debolezze, altrimenti diventa una resa».
Putin ha parlato di Terza guerra mondiale.
«Quella che abbiamo votato è una risoluzione, ovvero un indirizzo politico. Ogni Stato poi deciderà. Anche Joe Biden ha impiegato mesi e mesi prima di prendere posizione sull’utilizzo dei missili a lungo raggio in Russia. Lo ha fatto con sofferenza, e lo è stato anche per noi nella Ue. Ancora una volta, comunque, è bene ricordare che si tratta di azioni difensive non dirette contro obiettivi civili, ma esclusivamente militari».
Su armi e spese statali Antonio Tajani e Guido Crosetto hanno proposto lo scorporo di queste uscite finanziarie dal calcolo del deficit. Cioè una modifica al Patto di Stabilità. E lei si è rivolta a Valdis Dombrovskis, commissario europeo all’Economia.
«Tajani ha detto che c’era ampio consenso su questo. Ho quindi chiesto a Dombrovskis se la Commissione sta pensando effettivamente di modificare il patto di stabilità e lui ha risposto di no. D’altronde il patto già prevede un trattamento speciale delle spese per la difesa. Non ho capito quale sarebbe l’utilità di investire mesi e anni in una battaglia politica sullo scorporo con scarso impatto pratico e scarsa possibilità di successo. Peraltro non è una bella figura per l’Italia il cui attuale Governo ha approvato queste regole pochi mesi fa e ora già vuole cambiarle.
Oggi la vera battaglia in corso è quella sull’allargamento del bilancio UE per sostenere investimenti comuni, ipotesi su cui i popolari europei sono contrari: Antonio Tajani, che in quel gruppo rappresenta una voce autorevole, dovrebbe adoperarsi per correggere una linea dannosa per l’Italia e per l’Europa.”
Guerre e spese per la difesa hanno complicato le leggi di Bilancio di tutti gli Stati membri della Ue. Anche in Francia, ora in crisi di governo.
«In Francia si intrecciano difficoltà economiche e politiche: da un lato l’elevato deficit e debito richiedono misure difficili che avrebbero bisogno di una grande solidità politica, ma dall’altro manca una maggioranza chiara che si faccia carico di queste scelte. Non è facile mantenere la stabilità economica quando c’è così tanta instabilità politica, purtroppo i populismi di destra e sinistra faticano a vedere questo legame. Oppure non gli interessa.».
Qual è lo stato di salute economico della Ue?
«La Ue è meglio equipaggiata oggi di quindici anni fa, è più resiliente. Detto questo, non dobbiamo sottovalutare la congiuntura economica e quella geopolitica che stanno rallentando l’economia del continente, soprattutto dei suoi Paesi più grandi, le fragilità possono esplodere in modo improvviso e mettere a dura prova le nostre istituzioni.
E lo stato di salute economico italiano?
«Secondo Istat e Ocse, la crescita del nostro Pil quest’anno si dimezza rispetto alle previsioni del governo. E’ una cosa grave ma il governo minimizza. Non abbiamo una politica industriale incisiva e qui la mia preoccupazione è alta. Mancano sostegni agli investimenti, hanno tagliato i 4,6 miliardi di fondi per l’automotive, l’edilizia dopo lo stop al superbonus non ha alternative nè vedo settori la cui crescita possa compensare la difficoltà di quelli in crisi. Il governo distrae l’opinione pubblica con il gender o i migranti in Albania, ma sulle grandi questioni economiche latita. Le uniche battaglie che fanno in Europa sono quelle sui rinvii delle varie misure del Green deal. Ma rinviare senza pensare a come sostenere la transizione, gli investimenti e i salari delle famiglie, non è un bel servizio al Paese».