“Guardo con fiducia e come una buona notizia alla valutazione del ministro Daniele Franco riguardo agli effetti del recovery plan indicati come superiori a 3 punti di pil”, parliamo con Irene Tinagli proponendo come punto di partenza puramente cronologico il dato frutto della prima audizione parlamentare del ministro dell’economia Daniele Franco.
E subito la presidente della commissione problemi economici e monetari del parlamento europeo ci porta ad analizzare cosa c’è dentro a quel possibile effetto sul pil, da cose ne dipende il successo.
“Tutto dipenderà dalla nostra capacità di implementare in tempi rapidi ed efficienti questo recovery plan e il ministro certamente si riferisce non solo all’entità delle somme messe a disposizione dell’Italia ma anche all’impatto delle riforme”.
Allora partiamo da una dei cambiamenti più invocati, anche in questi giorni, quello che dovrà riguardare la pubblica amministrazione, si parla, ad esempio, dell’immissione di giovani nei ranghi dirigenziali e nei ruoli attuativi.
“Sicuramente- ci dice Tinagli- quando si parla di riforma della Pa non possiamo sempre declinarla come è stato fatto in passato e cioè sempre e solo in termini di tagli, perché poi ne vediamo anche gli effetti, e ci ritroviamo con interi settori che sono sguarniti. La pandemia ci ha messo di fronte anche a questo tipo di problemi, nel corso degli anni abbiamo avuto svuotamenti di personale e di competenze non sufficientemente sostituiti”.
Visto dall’Europa com’è il cammino italiano verso il piano?
“Alcuni pilastri sono comuni a tutti e si vede uno sforzo comune in cui le differenze sono davvero minime. Vale per l’indicazione come capitoli essenziali delle infrastrutture sostenibili, della transizione ecologica, della digitalizzazione. Sarà soprattutto sul fronte delle riforme che si differenzieranno perché ciascuno ha le proprie debolezze strutturali su cui intervenire. Una caratterizzazione italiana può nascere da indicazioni che avevo visto nella versione di dicembre del piano, con una grande attenzione per la riorganizzazione e digitalizzazione della sanità e per la telemedicina. Scelta molto legata a quella che si era rivelata come una nostra debolezza. Ma, ripeto, penso che sarà sulle riforme che vedremo le divergenze maggiori più che sugli investimenti, anche perché su questi il regolamento europeo dà indicazioni abbastanza chiare”.
Come definire la questione della governance?
“Il regolamento e le linee guida della commissione chiedono che ci sia un referente in grado di assumere le responsabilità anche politiche delle scelte che vengono fatte e che abbia anche i mezzi per gestire e coordinare questo piano e c’era una preferenza perché si utilizzassero risorse umane esistenti, uffici che avessero già al loro interno l’esperienza nella gestione di fondi e piani complessi europei come quello che attendiamo a breve. Poi certo gli stati sono liberi di organizzarsi, ma incardinare il recovery plan all’interno del Mef, con un ruolo di coordinamento degli altri ministeri, mi sembrava sin dall’inizio la cosa più naturale. È ciò che la Francia ha fatto subito. Poi ovviamente va coinvolto il Parlamento, oltre alle parti sociali e alle amministrazioni locali”.
Mario Draghi ieri ha ricordato che la parità di genere è uno degli obiettivi e dei criteri per l’utilizzo dei fondi europei.
“Mi fa piacere- ci dice Tinagli- e nel Parlamento Europeo abbiamo lottato perché venisse inserito esplicitamente nel regolamento del Recovery. Draghi ne aveva parlato nel discorso alle camere e lo ha poi ripetuto l’8 marzo. È un’indicazione politica molto importante, anche perché Draghi è persona di poche parole ma molto attendibili”.
A proposito, nel Pd si apre la partita per la segreteria e la questione della parità di genere è stata molto evocata, che fare?
“Le dimissioni di Nicola Zingaretti hanno sorpreso tutti, ne sono rimasta dispiaciuta ma rispetto sempre le scelte altrui, certamente ora si apre un momento in cui prima di gettare subito il partito in un percorso congressuale dobbiamo capire qual è il modo più ordinato per gestire una fase di transizione che non riguarda solo la leadership, perché la trasformazione che ci riguarda tocca anche le idee, la linea politica, l’elaborazione programmatica. Per ora tutto ciò si è manifestato solo attraverso scontri tra correnti, creando danni, il cui prezzo è stato pagato da tutta la vita democratica del partito, a partire dalle donne e dai giovani. Quando sei schiacciato sulle lotte interne tutto il resto finisce sacrificato. Anche il tema femminile è collegato alla soluzione di questo blocco. Il partito è ricco di migliaia di attivisti, amministratori, di persone che lavorano quotidianamente con ottimi risultati, è un peccato che gli attriti interni non consentano di far emergere questo lavoro straordinario”.
Vedendo il suo cammino personale, che dall’Università e dall’impegno civico si è avvicinata alla politica, ci si chiede se e quante persone con simile percorso e simili sensibilità politiche potrebbero essere recuperate in un Pd riorganizzato e riaperto.
“Credo- ci dice- che un’apertura di questo genere adesso sia indispensabile: ora è proprio il momento di aprire tutto, ma in maniera intelligente, sincera, senza manovre, per cogliere e capire un momento di profonda trasformazione nella società italiana. Tenendo fermi gli obiettivi di fondo, ma declinandoli secondo politiche concrete e in linea con i profondi cambiamenti che si registrano anche in Europa. Sarebbe un errore enorme perdere questa occasione per trincerarsi dietro a etichette vecchie e lotte di potere interne”.
Il Pd sta andando in questa direzione?
“Lo spero, perché ora anche il paese ne ha bisogno. Il Pd ci deve essere con una sua agenda forte, senza lasciare che siano altri, come la Lega, a influenzare il governo o ad appropriarsi di battaglie politiche e di immagine”.
E la leadership?
“intanto c’è da fare un lavoro programmatico e di raccolta di idee. Serve inclusione ed elaborazione, volontà di lavorare tutti insieme senza steccati, senza rivendicazioni o ripicche, non solo lotta per la leadership. Serve la motivazione delle persone, perché il clima che c’è ora rischia di bloccare e allontanare chiunque.”.