Onorevole Tinagli, per Matteo Renzi «il Pd riformista non esiste più». L’ex premier sostiene inoltre che molti dem gli scrivono perché non possono più restare nel Partito. Secondo lei com’è la situazione?
Il riformismo non è una patente che qualcuno ha e altri no ma un modo di fare politica che è nel DNA del Partito Democratico che non è un partitino leaderistico ma una grande comunità, larga ed inclusiva. Conto che possa restare ancora a lungo la casa dei riformisti italiani. Lo misureremo sui temi, non certo sulla base di etichette auto-attribuite.Sul terzo polo: conosco tanti elettori che alle regionali li hanno abbandonati perché non si sono più riconosciuti nel progetto riformista originario, forse qualche domanda dovrebbero farsela. .
Più in generale, che giudizio dà della stagione a guida Elly Schlein che si è appena aperta?
Tre giorni mi sembrano un po’ pochiper fare un bilanci. Direi di lasciare ad Elly il tempo di realizzare la sua idea di partito e nel frattempo darle sostegno, come ha detto lo stesso Bonaccini. Per quel che mi riguarda non farò, come ho visto fare in passato, quella che si mette in un angolo mangiando popcorn e aspettando che l’ennesimo segretario, per giunta la prima donna , venga travolto dagli eventi, ma cercherò di dare una mano.
La neo-segretaria non ha avuto fino ad oggi una posizione chiara rispetto all’invio di armi in Ucraina. Alla fine pensa si ricrederà? E cosa accadrà al nuovo Pd se ci si dovesse spingere su posizioni più vicine a quelle di Giuseppe Conte?
Mi sembra che abbia chiarito la sua posizione anche in questi ultimi giorni. Ha votato sì all’ultimo decreto sull’invio di armi e garantito che non cambierà linea, nè sul sostegno all’Ucraina, nè sull’adesione convinta alla Nato.
La prima uscita pubblica di Schlein sarà a Firenze sabato, per la manifestazione organizzata dai sindacati della scuola dopo il caso del liceo Michelangelo e le parole del ministro Valditara. Condivide la scelta? In piazza ci saranno anche i Cinquestelle.
A Firenze è successo qualcosa di molto grave, a cui il governo ha risposto in modo inadeguato, addirittura attaccando una preside che ricordava i nostri valori costituzionali. E’ giusto che la segretaria del PD ci sia. Ovviamente ci sono mille altri posti dove la sua presenza è importante, a partire da Crotone.
E sempre restando sul tema: tra difesa del Reddito di Cittadinanza e del Superbonus e il “no” al Jobs Act e ai termovalorizzatori pare che la politica economica del nuovo corso sarà molto diversa dal vecchio Pd. Lei che idea si è fatta? A qualcuno ricorda molto il programma grillino…
Il “vecchio” PD è lo stesso che aveva realizzato il reddito d’inclusione, che ha esteso gli ammortizzatori sociali, introdotto forti sgravi fiscali per le assunzioni dei giovani, fatto una seria lotta alle finte partite iva e all’evasione fiscale . Le priorità del PD sono chiare da sempre . Oggi ci sono nuovi bisogni e lacune da correggere ma se sapremo accantonare vecchie ideologie e confrontarci sugli strumenti concreti potremo ridare al PD un’identità forte senza rincorrere nessuno.
La vittoria di Schlein, al netto di un’innegabile apertura ad una nuova stagione, è stata “benedetta” da molti notabili dem. Il cambiamento è solo di facciata? Che ruolo si aspetta per i vari Franceschini, Boccia o Orlando?
Questo dipende dalla nuova segretaria. Credo che sia consapevole delle grandi aspettative di rinnovamento che i suoi elettori ripongono in lei e in tutto il PD.
Lei “vive” il Pd da Bruxelles. La scelta di Schlein è quella giusta per rilanciare anche in Europa il fronte dei socialisti?
Le europee dell’anno prossimo saranno molto delicate. Il gruppo dei liberali, Renew, accuserà il colpo del ridimensionamento della sua componente più progressista e riformista, con la scomparsa di Ciudadanos in Spagna e il calo del partito di Macron, mentre il partito popolare è spaccato tra chi guarda sempre più a destra chi è più moderato. I socialisti e democratici saranno quindi cruciali come ago della bilancia, nel saper aggregare tutte le forze europeiste, arginare la deriva a destra di liberali e popolari, per evitare che possa crearsi una maggioranza conservatrice.