Sulla missione di studio sui temi relativi ai servizi per l’impiego e alle politiche attive per il lavoro, svolta a Berlino nei giorni 25 e 26 settembre 2017
RELAZIONE
Nelle giornate di 25 e 26 settembre 2017 una delegazione della Commissione, guidata dalla vicepresidente Renata Polverini e composta anche dalle deputate Alessia Rotta e Irene Tinagli, ha svolto una missione di studio a Berlino per approfondire, anche attraverso una comparazione con il sistema tedesco, i temi relativi ai servizi per l’impiego e alle politiche attive per il lavoro.
Nel corso della presente legislatura, infatti, tali temi sono stati oggetto di costante attenzione da parte della Commissione, anche in relazione all’evoluzione della normativa e alle modifiche previste nell’ambito della riforma costituzionale sottoposta al referendum del 4 dicembre 2016. Nel quadro di una Rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro, che si muove in un assetto costituzionale immutato, nell’ultimo anno si è registrato, quindi, l’avvio delle attività dell’ANPAL, che costituisce uno dei principali elementi di novità del nuovo assetto delle politiche attive del lavoro. Il 20 settembre scorso la Commissione ha, dunque, avviato la discussione della risoluzione Tinagli n. 7-01338, con la quale si intende promuovere una prima riflessione sullo stato di avanzamento del processo di riforma avviato con la delega del cosiddetto Jobs Act,anche al fine di individuare possibili interventi volti a supportarne lo sviluppo, da attivare, ove possibile, già nello scorcio finale della presente legislatura.
In questa ottica, si è ritenuto di particolare interesse per la Commissione svolgere un primo approfondimento circa l’assetto delle politiche attive per il lavoro e dei servizi per l’impiego in Germania, considerando, da un lato, che l’esperienza tedesca viene spesso indicata come un modello di riferimento per gli interventi in questo settore e, dall’altro, che in Germania, come in Italia, le politiche per il lavoro vengono sviluppate nell’ambito di un quadro di competenze articolato tra lo Stato centrale e gli enti territoriali. Si tratta, evidentemente, di realtà che presentano significativi elementi di differenziazione, in quanto i servizi pubblici per l’impiego tedeschi svolgono un ruolo assai più rilevante nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro rispetto a quello svolto dagli omologhi servizi italiani, che godono anche di minori risorse finanziarie, strumentali e di personale. A titolo di esempio, dai dati EUROSTAT aggiornati allo scorso anno risulta che in Germania oltre il 75 per cento dei disoccupati contatta un servizio pubblico per l’impiego per cercare un lavoro, a fronte del 25 per cento registrato nel nostro Paese nel medesimo anno e di percentuali sostanzialmente analoghe riferite all’utilizzo di servizi privati per l’impiego. Permane, infatti, predominante, in Italia, il ricorso a canali informali per la ricerca di occupazione, essendo la percentuale dei disoccupati che si sono rivolti ad amici, parenti e sindacati per la ricerca di un posto di lavoro pari a circa l’84 per cento.
La visita si è articolata in tre incontri che hanno visto coinvolti, rispettivamente, rappresentanti del Ministero federale del lavoro e delle politiche sociali (Bundesministerium für Arbeit und Soziales – BMAS), della Direzione regionale per Berlino e il Brandeburgo dell’Agenzia federale per il lavoro (Bundesagentur für Arbeit – BA) e del Jobcenter Berlin Mitte.
L’incontro presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha consentito di acquisire un’ampia panoramica sul sistema degli interventi di politica attiva del lavoro in Germania e sui soggetti istituzionali coinvolti nella loro erogazione.
In tale contesto, viene in primo luogo in rilievo il ruolo dell’Agenzia federale per il lavoro (BA), un ente di diritto pubblico, dotato di un budget di circa 37 miliardi di euro annui, il cui assetto è stato oggetto di significative innovazioni all’atto dell’adozione delle riforme del lavoro realizzate nel primo decennio del secolo in Germania (le cosiddette riforme Hartz) e che rappresenta il cardine essenziale per l’erogazione delle politiche del lavoro. Al Ministero del lavoro e delle politiche sociali spettano, infatti, essenzialmente funzioni di controllo e vigilanza sulle attività della BA.
Il profilo strutturale dell’Agenzia federale per il lavoro, che ha la propria sede centrale a Norimberga, prevede una governance nella quale la guida è affidata ad un consiglio di tre componenti nominati dal Governo sulla base delle proposte del Consiglio di sorveglianza (Governance Board), un organo tripartito composto di ventuno membri rappresentativi delle parti sociali. In particolare, nel Consiglio sono presenti sette rappresentanti delle parti datoriali, sette rappresentanti dei sindacati e sette rappresentanti di attori istituzionali (Ministeri competenti, Länder ed enti locali).
A livello territoriale l’Agenzia si articola in dieci sedi regionali, alle quali spetta il compito di declinare a livello regionale le politiche definite sul piano nazionale, anche attraverso il rapporto diretto con le agenzie per il lavoro e i jobcenter, che costituiscono i terminali a livello locale della rete delle politiche per il lavoro, e un contatto costante con i governi dei Länder. In particolare, l’intreccio con le competenze dei Länder si verifica nel campo delle politiche che intervengono sulla materia dell’istruzione, di esclusiva competenza del livello territoriale di governo, nel quadro della cornice fornita a livello federale.
La missione dell’Agenzia è particolarmente ampia e copre sostanzialmente l’intero spettro delle politiche attive. Le politiche dell’Agenzia devono, infatti, mirare a evitare o ridurre la disoccupazione, ad assicurare l’equilibrio del mercato del lavoro, a contrastare la disoccupazione di lungo periodo, a favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, a sostenere l’occupabilità dei disoccupati e dei lavoratori, a eliminare gli ostacoli al collocamento lavorativo e a stabilizzare i redditi dei lavoratori stagionali.
Come anticipato, a dispetto dell’impostazione teorica alla base del modello di servizi per il lavoro, che intende privilegiare la costituzione di one stop shop per la messa a disposizione integrata dei servizi alla cittadinanza, permangono nel sistema tedesco due tipologie di agenzie territoriali, che si distinguono essenzialmente sulla base della prestazione finanziaria erogata. Da un lato, infatti, la BA si articola in 156 agenzie per il lavoro, con 647 sedi secondarie, mentre, dall’altro, operano i jobcenter, a loro volta articolati in 304 jobcenter a gestione integrata da parte della BA e degli enti locali e in 105 jobcenter gestiti dai comuni specificamente autorizzati del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (cosiddetti Optionskommunen), prevalentemente collocati nelle aree rurali della Germania occidentale. Le agenzie per il lavoro sono responsabili per l’erogazione dell’indennità di disoccupazione di carattere assicurativo (ALG I), mentre ai jobcenter spetta l’erogazione del sostegno al reddito di base, a finalità solidaristiche, finanziato dalla fiscalità generale (ALG II).
Fonte: ANPAL Servizi – Visita di Studio in Germania sul tema delle Politiche attive del Lavoro e dei Servizi per i Disoccupati di Lunga durata – Report di restituzione (15 Marzo 2017).
Venendo alle caratteristiche essenziali delle due prestazioni finanziarie, riassunte sommariamente nella tabella riportata di seguito, occorre segnalare che l’ALG I trova fondamento giuridico nel Terzo libro del Codice sociale (Sozialgesetzbuch – SGB III) ed è riconosciuto ai lavoratori dipendenti che hanno perso il lavoro e hanno lavorato per almeno dodici mesi negli ultimi tre anni. Il sussidio ammonta al 60 per cento dell’ultimo salario netto, se non si hanno figli a carico, e al 67 per cento, se vi sono figli, e ha una durata massima di dodici mesi, che possono salire fino a un massimo di ventiquattro mesi per i lavoratori con più di cinquant’anni. Esso è finanziato a valere su un contributo del 3 per cento della retribuzione posto per metà a carico dei datori di lavoro e per metà a carico dei lavoratori (nel 2016 il gettito di tale contribuzione ha superato i 31 miliardi di euro, dei quali solo 14,4 miliardi sono stati destinati a prestazioni di disoccupazione). I bassi tassi di disoccupazione hanno consentito il progressivo formarsi di riserve finanziarie presso la BA, che nel 2016 ammontavano a circa 11,5 miliardi di euro. Le ulteriori risorse di pertinenza della BA sono destinate, per oltre 11 miliardi di euro, a politiche attive e per oltre 7 miliardi di euro alle spese di gestione dell’Agenzia federale e delle sue strutture collegate.
L’ALG II trova, invece, fondamento nel Secondo libro del Codice sociale (Sozialgesetzbuch – SGBIII) ed è stato istituito con la quarta riforma Hartz (e, per questo, il sussidio è noto anche con il nome di Hartz IV), che ha inteso unificare i sistemi di protezione contro la disoccupazione e di assistenza sociale. In sostanza, la quarta riforma Hartz ha soppresso il secondo pilastro dei trattamenti di disoccupazione, finanziato attraverso la fiscalità generale, e lo ha, in sostanza, fatto confluire nel sistema di assistenza sociale, fino ad allora erogato a livello municipale. I beneficiari del sussidio sono persone abili al lavoro (intesi come coloro che sono in grado di lavorare almeno tre ore al giorno nelle condizioni normali del mercato del lavoro) che necessitano di un supporto o perché prive di reddito o perché titolari di redditi non sufficienti a garantirne il sostentamento. La concessione dell’ALG II è sottoposta alla prova dei mezzi, effettuata sulla base di un indicatore statistico basato sulla spesa dei gruppi di reddito più poveri. Ai fini della prova dei mezzi rilevano tutte le fonti di reddito e il patrimonio del nucleo familiare. Oltre alla vera e propria prestazione per la disoccupazione, di competenza della fiscalità federale, la prestazione può includere anche sussidi per le spese di alloggio, di riscaldamento e altri servizi di carattere sociale, volti a favorire l’integrazione dei beneficiari, posti prevalentemente a carico della finanza locale. Tra tali servizi rientrano, in particolare, quelli relativi alla cura dell’infanzia, all’assistenza di lungo termine di persone non autosufficienti, alla consulenza per le dipendenze, per i debiti e all’assistenza di carattere psicologico.
Come è evidente, si tratta di un approccio che presenta molti punti in comune con la disciplina del reddito di inclusione (ReI), istituito in attuazione della delega di cui alla legge 15 marzo 2017, n. 33, in materia di contrasto della povertà, di riordino delle prestazioni e del sistema degli interventi e dei servizi sociali. La misura di contrasto della povertà, attiva dal 1° gennaio del prossimo anno, sarà, infatti, articolata in un beneficio economico e in una componente di servizi alla persona, assicurati dalla rete dei servizi e degli interventi sociali. Nel nostro Paese, come in Germania, il successo delle misure di contrasto della povertà e di attivazione dei beneficiari delle medesime misure dipenderà in modo significativo dalla capacità della rete dei servizi di farsi carico delle esigenze delle persone assistite e di rimuovere gli ostacoli alla loro integrazione nella società e nel mercato del lavoro.
Una caratteristica comune all’ALG I e all’ALG II è la condizionalità degli interventi, la cui prosecuzione nel tempo è subordinata all’adempimento da parte dei beneficiari di specifici obblighi di attivazione sul piano lavorativo e alla disponibilità ad accettare una congrua proposta lavorativa ovvero proposte di partecipazione a programmi di formazione o di attivazione. Più specificamente, il riconoscimento dell’ALG II è condizionato alla stipula di un contratto di integrazione sottoscritto dal richiedente e il jobcenter,nel quale sono indicati gli obblighi e i doveri ai quali è sottoposto il medesimo richiedente.
La condizionalità degli interventi è una delle caratteristiche salienti delle recenti riforme adottate nel nostro Paese nel settore delle politiche attive e del contrasto della povertà. Assumono rilievo, in particolare, le disposizioni dell’articolo 21 del decreto legislativo n. 150 del 2015, riferito proprio al rafforzamento dei meccanismi di condizionalità delle prestazioni per gli strumenti di sostegno al reddito, nonché dell’articolo 12 del decreto legislativo recante disposizioni per l’introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà, in corso di pubblicazione. Con riferimento all’erogazione del Reddito di inclusione, il piano personalizzato sottoscritto dai componenti del nucleo familiare del beneficiario assolve sostanzialmente alle medesime funzioni del contratto di integrazione previsto in Germania.
Nome della prestazione |
Assicurazione contro la disoccupazione (ALG I) |
Reddito minimo |
Base giuridica |
SGB III (Terzo libro del Codice sociale) |
SGB II (Secondo libro del Codice sociale) |
Criterio di accesso |
Assicurativo |
Prova dei mezzi |
Target group |
Disoccupati di breve periodo |
Disoccupati di lungo periodo – Persone a rischio di povertà |
Soggetto competente per la valutazione dei requisiti |
Agenzie per il lavoro (Arbeitsagentur) |
Centri per l’impiego (Jobcenter) |
Soggetto che gestisce l’attivazione del beneficiario |
Agenzie per il lavoro (Arbeitsagentur) |
Centri per l’impiego (Jobcenter) |
Soggetto che decide eventuali sanzioni |
Agenzie per il lavoro (Arbeitsagentur) |
Centri per l’impiego (Jobcenter) |
Soggetto competente per il pagamento |
Agenzie per il lavoro (Arbeitsagentur) |
Centri per l’impiego (Jobcenter) |
Fonte del finanziamento |
Contributi previdenziali obbligatori dovuti da lavoratori e datori di lavoro |
Fiscalità generale a livello federale e territoriale |
Rielaborazione da: Indice guidato. Focus sull’approccio tedesco in tema di disoccupazione di lunga durata – Settembre 2016 (http://bancadati.italialavoro.it/bdds/ViewScheda.action?product=BUONEPRASSI&uid=87782d7f-fc28-4d76-ac16-2d6412570567&title=scheda#)
Alla descritta ripartizione di competenze fa riscontro una sostanziale distinzione delle platee dei soggetti presi in carico dalle agenzie per il lavoro e dai jobcenter: tendenzialmente, infatti, le agenzie per il lavoro erogano indennità di tipo assicurativo ai disoccupati di breve durata, mentre i jobcenter erogano il sostegno al reddito di ultima istanza ad una più ampia platea di disoccupati di lungo periodo, che non hanno versato sufficienti contributi per ricevere la prestazione assicurativa ovvero hanno superato la durata massima prevista per la fruizione della medesima prestazione.
Nel complesso, pur permanendo una differenziazione dei sistemi di protezione, sono previsti strumenti di cooperazione e di collaborazione tra le diverse strutture, che si avvalgono anche di sistemi informativi comuni, con la sola eccezione dei jobcenter gestiti in via esclusiva dagli enti locali.
Quanto alle risorse umane coinvolte nella gestione delle politiche per il lavoro, i dipendenti della Agenzia federale per il lavoro sono circa 100.000, dei quali circa il 10 per cento sono qualificabili come funzionari pubblici, mentre la parte prevalente del personale è assunta con contratti di diritto privato. A tali lavoratori si aggiungono i dipendenti degli enti locali coinvolti nelle attività dei job center. Presso la sede centrale della BA di Norimberga sono impiegate 300-400 persone, mentre un numero inferiore è impiegato presso le Direzioni regionali (a Berlino il personale si compone di circa 80-100 unità). Nel complesso il personale destinato a compiti amministrativi e ai servizi comuni ammonta a meno di un terzo del totale, mentre la restante parte è essenzialmente dislocata nell’ambito dei servizi territoriali in servizi di front office. Nell’ambito della BA opera una università interna, un sistema duale di apprendistato, una scuola tecnica superiore e una scuola per manager. Anche grazie a questi strumenti di formazione interna, il personale della BA è tendenzialmente qualificato, essendo composto in prevalenza da laureati, ancorché negli ultimi anni si sia manifestata una progressiva riduzione nella disponibilità di personale in possesso delle competenze richieste.
In un’ottica di comparazione con l’esperienza italiana, risultano evidenti le differenze tra la situazione tedesca e quella italiana, che, peraltro, è ancora in corso di evoluzione. La dotazione organica dell’ANPAL supera di poco le 250 unità, delle quali una cinquantina sono assunte con contratti di lavoro a tempo determinato, a cui – secondo i dati del conto annuale per il 2015 – si aggiungono 386 unità di personale a tempo indeterminato di ANPAL Servizi Spa (ex Italia lavoro Spa), presso la quale operano anche oltre 800 unità di personale con contratti di collaborazione. A livello territoriale, la rete pubblica dei servizi per l’impiego, i cui assetti sono in via di riordino a seguito della cosiddetta “riforma Delrio” (legge n. 56 del 2014) e dell’adozione del decreto legislativo n. 150 del 2015, che pone in capo alle regioni la rete degli uffici territoriali, si articola invece in oltre 500 centri per l’impiego, che occupano circa 8.800 lavoratori, dei quali attorno all’88 per cento sono a tempo indeterminato. Appare significativo, peraltro, che il personale assunto con rapporti di lavoro a termine presso i centro per l’impiego è mediamente più qualificato di quello assunto a tempo indeterminato (il personale a tempo indeterminato in possesso di una laurea è pari a poco più del 20 per cento del totale). Nell’analizzare la sproporzione delle risorse umane tra il sistema tedesco e quello italiano non deve, peraltro, trascurarsi la circostanza che in Germania il sistema delle politiche attive si fa carico anche dell’erogazione delle indennità di disoccupazione e del reddito minimo, compiti che, nel sistema italiano, sono rimessi alla competenza dell’INPS.
Quanto al funzionamento della BA, di particolare interesse appare il sistema di gestione sulla base di specifici obiettivi di policy fissati a livello governativo, al cui raggiungimento è legata anche l’erogazione della quota dei trattamenti economici dei dirigenti collegata ai risultati. Gli obiettivi tengono conto delle differenze esistenti a livello territoriale nei mercati del lavoro, che anche in Germania sono pronunciate: come evidenziato nella figura riportata di seguito, sono identificate dodici tipologie di mercati del lavoro, identificate sulla base delle loro principali caratteristiche economiche, occupazionali e sociali.
Gli obiettivi previsti per la BA sono fissati in base a indicatori quantitativi e qualitativi delle prestazioni offerte, il cui valore è ponderato sulla base della rilevanza attribuita a ciascuno di essi. In particolare, tra gli indicatori di carattere quantitativo assunti come riferimento per la valutazione delle attività della BA rientrano la percentuale di prevenzione della disoccupazione, il tasso di effettivo collocamento nel mercato del lavoro, la durata del periodo di disoccupazione assistita dall’indennità e la quota di confluenza nel sistema di istruzione e formazione. Tra gli indicatori di carattere qualitativo si richiamano, in particolare, quelli riferiti ai tempi di pagamento delle prestazioni, al tasso di soddisfazione degli utenti e alla qualità dei servizi di consulenza offerti ai giovani. A loro volta, gli obiettivi vengono traslati sui jobcenter attraverso un diverso set di cinque indicatori, che mirano alla misurazione del tasso di riduzione o di superamento dello stato di bisogno dei nuclei familiari, della quota di integrazione dei soggetti presi in carico, dell’incidenza della fruizione di lungo periodo dell’ALG II e dell’indice di soddisfazione degli utenti.
Le questioni connesse al funzionamento dei jobcenter sono state affrontate e approfondite nel corso della visita del centro di Berln – Mitte, uno dei più grandi dell’intera Germania, che opera in un contesto economicamente e socialmente delicato, nel quale si registrano tassi di disoccupazione e di disagio proporzionalmente più elevati che nel resto della città e della Regione, con un elevata incidenza della disoccupazione di lunga durata. Su una popolazione di circa 350.000 unità, i sostegni erogati sono circa 60.000, dei quali circa il 70 per cento di lungo periodo e circa 28.000 fruiti da più di quattro anni, a testimonianza della difficoltà che anche il sistema tedesco incontra nell’ottenere una collocazione o una ricollocazione occupazionale dei soggetti più difficilmente integrabili nel mercato del lavoro. Non va, peraltro, trascurato che tra i beneficiari dei sostegni circa il 50 per cento proviene da un passato di immigrazione. A fronte di questa platea di utenti, presso il Jobcenter sono occupate poco meno di 1.000 unità di personale, in larga maggioranza assunto con contratto a tempo indeterminato (il 94,5 per cento), di età mediamente contenuta (l’età media dei lavoratori è di circa 46 anni di età). Quanto al rapporto tra personale e servizi erogati, un addetto prende in carico 150 utenti per le funzioni relative ai programmi personalizzati, con rapporto che scende a 1/70 per le attività rivolte ai giovani con meno di venticinque anni. Per le attività di erogazione di fondi si ha, invece, un rapporto di un addetto ogni 130 utenti. Nel complesso, quindi, nel jobcenter di Berlin Mitte, circa 80 persone sono impiegate nelle attività di front office e di back office di accoglienza, circa 370 si dedicano alle attività di integrazione nel mercato del lavoro, oltre 400 sono coinvolte nelle attività connesse all’erogazione delle prestazioni e oltre 100 ad altre attività, anche a carattere traversale e servente. Il budget del centro, per le spese di personale e di funzionamento, al netto delle spese per le prestazioni erogate, è di circa 136 milioni di euro annui.
Quanto alle attività svolte, i servizi di consulenza e di supporto al collocamento sono esercitati direttamente dal personale del jobcenter, mentre le forme di attivazione attraverso percorsi di formazione e lo svolgimento di attività socialmente utili sono gestite dal centro per l’impiego con il coinvolgimento di soggetti esterni. Per quanto attiene alle attività svolte direttamente nei jobcenter, il primo passo che segue all’accoglienza dell’utente è rappresentato dalla sua profilazione, tesa a individuare le qualifiche possedute e le criticità che ostacolano il collocamento lavorativo. I percorsi, ovviamente, divergono in relazione alle difficoltà di inserimento del soggetto interessato: per alcuni soggetti, considerati più prossimi al mercato del lavoro, si prevede, infatti, la presa in carico da parte di una squadra di collocamento intensivo, con incontri mensili e un rapporto tra operatori e soggetti presi in carico di uno a cento. Per altri soggetti, la presa in carico viene effettuata da una squadra di sviluppo, con un rapporto tra operatori e utenti di uno a duecentocinquanta e con una frequenza di contatti meno intensa. Il cardine del meccanismo di attivazione è rappresentato dalla stipula, tra il richiedente e il jobcenter, di un contratto di integrazione (Eingliederungsvereinbarung) nel quale sono specificati i doveri e gli obblighi ai quali il richiedente deve sottostare, pena l’applicazione di sanzioni che comportano la riduzione, la sospensione o la decadenza del sussidio. Le sanzioni, peraltro, interessano una percentuale relativamente bassa dei beneficiari dei sussidi (3,5 per cento del totale per il jobcenter di Berlin Mitte). Il contratto presenta diversi punti in comune con il patto di servizio personalizzato introdotto dall’articolo 20 del decreto legislativo n. 150 del 2015 e con il progetto personalizzato previsto nell’ambito della disciplina del ReI in attuazione della delega di cui alla legge n. 33 del 2017.
Per quanto attiene agli interventi di politica attiva offerti, occorre segnalare che i corsi di formazione e di riqualificazione sono gestiti attraverso un sistema di voucher mediante i quali l’utente ha la libertà di decidere a quale operatore rivolgersi, scegliendo nell’ambito dei soggetti accreditati a livello centrale attraverso un modello di certificazione di qualità. Per quanto riguarda, invece, i percorsi di attivazione, i soggetti privati coinvolti sono selezionati attraverso bandi dal soggetto pubblico committente, che, di fatto, acquista i relativi servizi. In entrambi i casi la remunerazione avviene sulla base delle prestazioni rese e non dei risultati occupazionali raggiunti. Specialmente con riferimento all’integrazione lavorativa dei soggetti più difficilmente collocabili, assumono, poi, rilievo specifici incentivi all’assunzione rivolti ai datori di lavoro. Nel complesso, il sistema delle politiche attive è incentrato in misura significativa sugli operatori pubblici, assumendo i soggetti privati un ruolo complementare rispetto a quello dei centri per l’impiego.
Quanto ai risultati prodotti dal sistema, anche nell’ambito degli incontri svolti si è confermato che una delle principali debolezze del modello tedesco di servizi per l’impiego è rappresentata dalla difficolta di contrastare con successo la disoccupazione di lungo periodo e di coinvolgere stabilmente nel mercato del lavoro soggetti che presentino difficoltà di integrazione. Infatti, per effetto dell’unificazione dei sussidi di disoccupazione di carattere assistenziale e dei sussidi di carattere sociale operata dalla riforma Hartz IV, le medesime politiche sono destinate a disoccupati di lungo periodo in senso stretto, a lavoratori a basso e bassissimo reddito (working poors) e a persone considerate abili al lavoro che percepiscono il sussidio e che, per fattori connessi alla loro età, alla mancanza di adeguata formazione professionale, alla presenza di problemi di salute o di famiglia, si sono progressivamente allontanate dal mercato del lavoro. Come rilevato anche nelle analisi comparate, nel sistema tedesco si rileva il rischio di una scrematura dei soggetti svantaggiati, con la concentrazione delle politiche sui soggetti per i quali è più facile la collocazione o la ricollocazione lavorativa, mentre i soggetti più problematici permangono confinati nel sistema dell’assistenza. A tale risultato, che comporta costi sociali ed economici non trascurabili, contribuisce anche il disegno del reddito minimo, che, attraverso successive proroghe, può essere goduto senza limiti temporali, ove permanga la condizione di bisogno dei beneficiari. A fronte di tale situazione, sono stati messi in campo negli ultimi anni programmi specifici volti a fronteggiare la disoccupazione di lunga durata, anche attraverso l’utilizzo integrato di stanziamenti federali e di risorse derivanti dal Fondo sociale europeo, che hanno portato a risultati valutati positivamente.
Con riferimento all’occupazione giovanile, nel corso degli incontri si è dato conto della costituzione negli ultimi anni di Agenzie per l’occupazione dei giovani (Jugendsberufagenturen), che operano a livello territoriale, con il coinvolgimento delle diverse istituzioni competenti in materia di formazione e politiche per il lavoro, al fine di individuare misure per l’inserimento lavorativo dei giovani con meno di 25 anni. L’obiettivo è quello di avviare tempestivamente un contatto con le giovani generazioni al fine di meglio orientarne le scelte in campo lavorativo attraverso un approccio integrato che riduca l’esigenza per gli interessati di prendere contatto con diverse strutture amministrative. Non deve, peraltro, trascurarsi che la transizione tra l’istruzione e il mondo del lavoro in Germania è assicurata anche attraverso un efficace e consolidato sistema duale di formazione, nell’ambito del quale si sviluppa un articolato quadro di contratti di formazione (oltre 330) che prevedono un impegno compreso tra i due anni e mezzo e i quattro anni. I meccanismi di alternanza scuola – lavoro prevedono una remunerazione del lavoratore (attualmente pari, in media, a poco meno di 800 euro mensili) e un percorso che prevede la combinazione di attività lavorative nell’impresa e attività di istruzione e formazione. Il sistema duale rappresenta un efficace strumento di transizione dalla formazione al lavoro, se si considera che – secondo i dati illustrati nella visita al BMAS – circa due terzi degli interessati vengono assunti dalle imprese presso le quali hanno svolto il percorso e circa un quinto trova un impiego in un’altra azienda dello stesso settore nel quale ha svolto la formazione. Anche nell’esperienza tedesca si evidenziano, peraltro, problemi di mismatching tra domanda e offerta di lavoro, che si cerca di fronteggiare attraverso un rafforzamento della consulenza e dell’orientamento nelle scuole, anche al fine di creare un primo punto di contatto con le giovani generazioni e prevenirne l’ingresso nell’area presidiata dai sussidi per la disoccupazione.
Da ultimo, nell’ambito dei colloqui svolti, particolare attenzione è stata dedicata al tema dell’integrazione lavorativa dei rifugiati, che ha conquistato l’attenzione degli operatori specialmente dopo il 2015, quando la Germania ha dato accoglienza ad oltre un milione di nuovi profughi, con una crescita notevole e imprevedibile rispetto all’anno precedente. La presenza di un elevato numero di rifugiati ha rappresentato una sfida importante anche per il sistema delle politiche attive, considerando che in circa tre quarti dei casi gli stranieri da assistere sono privi di titoli di studio documentabili o di un’istruzione di tipo formale, mentre la presenza di titoli di studio stranieri pone l’esigenza di un loro efficace riconoscimento. Sono stati, pertanto, sperimentati strumenti pilota per la verifica delle competenze attraverso video che consentano di testare il possesso di specifiche conoscenze. La peculiarità della condizione dei profughi comporta un disegno degli interventi che prevede una forte integrazione delle attività amministrative volte allo svolgimento delle pratiche per il riconoscimento dello status di rifugiato, delle misure di carattere sociale e di quelle relative all’inserimento lavorativo, che rappresenta uno dei principali obiettivi degli immigrati sin dal loro arrivo sul territorio nazionale. In questo contesto, assume particolare rilevanza, in primo luogo, lo svolgimento di corsi di integrazione, di una durata complessiva di circa 500 ore, che tendono, da un lato, a dare un primo orientamento all’immigrato rispetto alla vita, alla società e ai principi del Paese ospitante e, dall’altro, a promuovere l’apprendimento della lingua, attraverso specifici corsi svolti da soggetti terzi. Per quanto riguarda l’inserimento lavorativo, che viene avviato anche prima dell’accoglimento della richiesta di asilo, purché si ritenga probabile l’esito positivo della domanda, si propongo innanzitutto misure che prevedono periodi di formazione in aziende, ma, in generale, i tempi di inserimento nel mercato del lavoro permangono piuttosto elevati.