18 Dicembre 2013, il mio intervento in Aula sulla Legge di Stabilità, dove espongo le principali perplessità rispetto a provvedimenti che avrebbero potuto essere migliori, ma anche l’apprezzamento per alcune importanti misure incluse nella legge.
Signor Presidente, onorevoli colleghi,
questo disegno di legge di stabilità ci lascia soddisfatti, ma non al 100 per cento, e questo da un lato per una questione di metodo – come ricordava poco fa anche il mio collega Andrea Mazziotti. Infatti le modalità con cui il processo ha avuto luogo non aiutano la trasparenza nè la qualità del lavoro, qualità di cui si parla troppo poco, perché noi siamo sempre a parlare in termini quantitativi: quanti deputati, quante Camere, quanti emolumenti, ma non si parla mai della qualità delle nostre decisioni. Dovremmo, invece, interrogarci di più su questo e sui processi che mettiamo in atto per dare qualità al nostro Paese in termini di provvedimenti, di interventi legislativi e di misure di policy.
Ma, al di là del metodo, ci sono delle forti perplessità che noi abbiamo sul merito, sul contenuto di questo disegno di legge di stabilità, e credo sia importante che ci riflettiamo insieme, perché, se davvero noi vogliamo cambiare l’Italia, se davvero questo Governo si pone questo obiettivo, come il Presidente Letta ci ha più volte ricordato inclusa l’ultima volta che è venuto a chiedere la fiducia a questo Parlamento, ecco allora bisogna fare uno sforzo e capire che certe cose non devono più avvenire. Ci devono essere, per esempio, degli impegni precisi e chiari, delle priorità.
I limiti del “Fondo taglia cuneo”
Il collega Rughetti prima si lamentava delle reazioni negative di alcuni media alla forma che poi ha preso l’emendamento sul fondo per il taglio al cuneo fiscale sul lavoro. Io capisco la sua delusione, perché c’è stato un grande lavoro che è stato fatto su questo emendamento e sul cercare di creare questo fondo, però – mi rivolgo anche al Governo che è qui presente – mettiamoci un po’ anche nei panni dei cittadini. Noi abbiamo creato uno strumento che era partito con grandi speranze, come uno strumento importante che vincolava delle risorse ad un obiettivo chiaro, ad una priorità urgentissima per questo Paese, che è quella di ridurre la pressione fiscale sul lavoro e sulle imprese, e, alla fine, è venuto fuori uno strumento fortemente depotenziato.
Non è soltanto a causa del meccanismo dell’automatismo che è stato annacquato, ma anche perché, poi, su questo strumento ci sono saltati su un po’ tutti, si è allargata la platea per l’ennesima volta, ci sono finiti dentro pensionati, professionisti, di tutto di più, e, quindi, l’immagine, l’idea che si dà è di una mancanza di priorità, di chiarezza di intervento, di azione per il futuro.
Quindi, noi dobbiamo cercare di evitare questo tipo di interventi allargati e confusi, di cambiare. È una logica che è stata spesso perseguita nel passato: appena c’è un’opportunità di risorse, si cerca con queste risorse di accontentare tutti. Ma così non si fa il bene del Paese e non si perseguono delle priorità chiare e precise. Quindi su questo fronte, mi auguro, e ci auguriamo come Scelta Civica, che lo strumento del Fondo per il taglio la cuneo fiscale, che ritengo uno strumento importante, si possa raffinare e migliorare nel futuro.
Voci di spesa antiquate, da riformare.
Inoltre, quando parlo di perplessità sui contenuti dellla legge di stabilità mi riferisco anche ad alcune modalità di spesa. Capiamo che è una finanziaria che si svolge in un contesto duro, di ristrettezza, e penso che sia positivo che non si sia sforato troppo (ci dobbiamo sempre ricordare le condizioni da cui veniamo e da cui siamo uscendo) però, è anche vero che, con questa finanziaria, alla fine stiamo ripercorrendo delle strade di spesa abbastanza antiche: sussidi, politiche passive, circa un miliardo per il rifinanziamento di casse integrazioni in deroga, che tengono i lavoratori praticamente nel congelatore per non far niente, ma solo per tamponare delle emergenze; 126 milioni per rinnovare, prorogare lavoratori socialmente utili in Calabria, a Palermo, a Napoli, senza che siano chiare le prospettive future. Si continua ad andare avanti così, con le proroghe, con i finti posti di lavoro, usando la pubblica amministrazione come ammortizzatore sociale.
Per non parlare poi dei sussidi alle industrie, alle imprese. Tutti gli anni parliamo di tagliare i sussidi e gli incentivi alle imprese: abbiamo fatto il rapporto Giavazzi e tutti gli anni abbiamo nuove promesse e speranze di tagliare questa spesa pubblica, però, poi, comunque, queste spese ritornano. Anche in questa legge di stabilità riaffiorano i 120 milioni l’editoria, 330 milioni per gli autotrasportatori (che, poi, comunque, ce li ritroviamo in strada con i «forconi»).
Tra l’altro, sono tipologie di sussidi che a mio avviso in questi anni hanno frenato un serio rinnovamento di alcuni settori, perché, finché mettiamo le «pezze» e diamo il contentino con gli incentivi, non si stimola una vera riorganizzazione di alcuni settori industriali. Non è così che si fanno politiche industriali vere, che si restituisce competitività al nostro tessuto produttivo. Quindi, io credo che su questi punti noi dovremo fare delle riflessioni serie per invertire la rotta nei prossimi mesi e nei prossimi anni.
Il contesto politico e l’irresponsabilità di alcuni partiti
Detto questo, però, penso anche che ci dobbiamo ricordare il contesto in cui ci troviamo adesso, quello che ci siamo lasciati alle spalle, le difficoltà, le ristrettezze, i vincoli di bilancio, anche una campagna che è stata fatta nei mesi scorsi da alcuni ex partner di maggioranza di Governo che, con le loro bandiere elettorali, hanno drenato quasi 4 miliardi per metterli in un’abolizione temporanea – perché era evidente che non fosse sostenibile nel lungo periodo – dell’IMU, per poi sfilarsi dalla maggioranza e rinfacciare la mancanza di risorse in questa finanziaria, che mi sembrava fosse abbastanza prevedibile, visto il tipo di battaglia e di ricatti che sono stati fatti nei mesi scorsi.
I segnali positivi e le misure da apprezzare – le politiche attive del lavoro
Di fronte a questo contesto, io credo che si debba comunque apprezzare quello che è stato fatto in questa finanziaria, e in particolare cito due cose. Molti colleghi hanno citato dei risultati interessanti, alcune «sforbiciate» ai costi della politica, segnali importanti ai cittadini sui privilegi dei burocrati, sul divieto di cumulo degli stipendi e di pensioni, e altre misure utili. Oltre a questi io vorrei citarne altre due in particolare.
La prima riguarda le politiche sociali, perché si torna ad investire su alcune politiche sociali importanti come il fondo per le non autosufficienze. Si può fare di più, lo so, ha ragione la collega Binetti, si può e si dovrà fare di più, però ricordiamoci anche che, per esempio, questo fondo il Governo Berlusconi lo aveva azzerato. Quindi, come dicevo prima, non ci dimentichiamo da dove arriviamo. Oggi si sta cercando di porre dei rimedi e di migliorare questa situazione,e lo ritango un passo important da non sottovalutare.
Ma soprattutto, mi piace segnalare quello che reputo un po’ un nostro successo di Scelta Civica e di questo ringrazio anche il Governo, in particolare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali che è stato ricettivo su questo fronte. Infatti, per la prima volta, si introduce un fondo per le politiche attive del lavoro. Si introduce pertanto l’idea che investire risorse sul lavoro non significa esclusivamente politiche passive di sussidi, di cassa integrazione, ma che si può cominciare, si sta cominciando ad investire su delle politiche attive che aiutino i lavoratori al reinserimento e che questo possa essere fatto attraverso strumenti innovativi come il contratto di ricollocazione che abbiamo proposto e che viene citato anche in questo comma.
Quest’ultimo è uno strumento innovativo perché non si affida esclusivamente al monopolio pubblico dei centri per l’impiego provinciali, ma introduce il criterio di una concorrenza tra agenzie del lavoroche operano nel mercato e che possono consentire al lavoratore di rivolgersi all’agenzia che meglio risponde alle proprie esigenze. Uno strumentoche consente di vincolare le risorse pubbliche ad una effettiva ricerca di lavoro, e all’ottenimento di risultati concreti di inserimento da parte dell’agenzia, che viene controllata dall’ente pubblico sulla base dei risultati. Questa, secondo noi è la vera riforma che noi dobbiamo perseguire. Sappiamo che in confronto al miliardo e passa di euro dedicati alle politiche passive, i 15 milioni di euro per il 2014 e i 20 milioni di euro per il 2015 messi in questo fondo possono sembrare una piccola cosa, ma noi siamo contenti che sia passato un principio, che sia passata l’idea che sul fronte del lavoro si possono usare strumenti innovativi, si può dare fiducia alla società e dare un aiuto concreto ai cittadini perché si rimettano in gioco.
Mi auguro che il Governo nell’accettare questa sfida da noi proposta non l’abbia vista come un contentino che viene dato ad un partito di maggioranza, ma che la veda come un’opportunità, un’opportunità su cui investire ancora di più in futuro, da monitorare, da verificare e rafforzare. Un modo per poter cambiare davvero il nostro Paese e il mercato del lavoro. Come diceva Rughetti, l’anno prossimo deve essere l’anno in cui si riapre il mercato del lavoro; ecco, possiamo farlo a partire da questo tipo di strumenti e di politiche attive, che rappresentano un primo importante segnale su cui noi speriamo, davvero, che ci possa essere una maggiore attenzione e un investimento per il futuro.