Il programma SURE non ha fatto in tempo ad essere annunciato e già vedo circolare in rete polemiche e fake news. Sulla base della proposta della Commissione pubblicata ieri provo a rispondere ad alcune domande/perplessità che ho visto circolare in rete.
Aggiungo un mio commento personale, inserendomi tra chi pensa che sia una svolta storica e chi dice che è una fregatura o peggio. Io penso che sia uno strumento molto importante per affrontare una delle principali problematiche che la crisi ci pone davanti: il finanziamento degli ammortizzatori sociali fondamentali per sostenere l’occupazione.
Un risultato non da poco, considerato che abbiamo parlato per anni di uno strumento del genere senza giungere mai ad una proposta concreta o ad un accordo. Ma certo non si tratta della soluzione magica che risolverà tutto, è bene esserne consapevoli. Ci sono molti altri problemi collegati alla crisi che dovranno essere affrontati e per i quali dovremo pensare ad altri strumenti. Quindi credo che l’approccio più saggio sia quello di intascare soddisfatti questo risultato, senza perdere tempo né a compiacersi troppo né a far polemiche, ma andare avanti a lottare per i prossimi traguardi. Di seguito 4 domande/risposte per capire meglio cosa è SURE.
1. Cosa è SURE?
E’ una proposta presentata dalla Commissione Europea per creare un “Supporto per mitigare i Rischi di Disoccupazione in caso di Emergenza (Support mitigating Unemployment Risks in Emergency, SURE), uno strumento volto a sostenere temporaneamente i sistemi di sicurezza nazionale che attuano programmi di lavoro a orario ridotto o misure analoghe per la protezione contro il rischio di disoccupazione come risposta alla crisi economica causata dalla pandemia di COVID-19.
Il Fondo si alimenta con l’emissione di titoli da collocare sul mercato per un ammontare fino a 100 miliardi, e poggia su una garanzia messa a disposizione dagli Stati Membri e pari al 25% delle emissioni di titoli.
I soldi così raccolti possono essere erogati sotto forma di prestiti a quegli Stati in maggiore difficoltà che ne abbiano bisogno per coprire misure di sostegno all’occupazione (come per esempio la cassa integrazione).
2. Ma perché utilizzano lo strumento dei prestiti e dell’emissione di titoli e non le risorse dell’Unione come con i fondi strutturali?
Innanzitutto l’Unione Europea non ha attualmente disponibili in bilancio risorse di quest’ammontare (100 miliardi) da destinare ad aiuti assistenziali, né può reperire queste risorse con strumenti di fiscalità perché non ha al momento una capacità fiscale propria (la UE non può imporre tasse ai cittadini o alle imprese europee).
Da ricordare poi che tutti gli strumenti straordinari di intervento e assistenza agli Stati in difficoltà messi in piedi nell’Unione Europea fino ad oggi poggiano su questo meccanismo: prestiti finanziati con emissione di titoli garantiti da fondi degli Stati aderenti (per esempio è così per il Meccanismo di Stabilità). Il punto non è tanto il meccanismo in sé del prestito, ma le condizioni a cui tali prestiti “europei” vengono emessi (tempistiche e modalità di restituzione, interessi, garanzie etc.).
3. Se sono prestiti, in cosa consiste la solidarietà? E perché sarebbero convenienti?
La solidarietà consiste nel fatto che Paesi che hanno elevati debiti e rating meno solidi sui mercati (come l’Italia) possono ottenere prestiti a prezzi più bassi e garantiti da altri Paesi Europei che sono pronti a “pagare per lui” in caso non riuscisse a onorare i propri impegni. La convenienza è proprio questa: condizioni più vantaggiose di reperimento risorse per alcuni Paesi ad alto debito (certamente la convenienza è solo per questi Paesi, non per quelli a basso debito che già possono finanziarsi da soli a basso costo, ma che dovrebbero decidere di aderire a questo strumento per solidarietà e per dare stabilità e solidità all’Unione Europea).
4. E’ vero che l’Italia dovrebbe sborsare subito 25 miliardi a garanzia?
FALSO. Anzi, questa frase contiene due falsità.
La prima riguarda la falsa credenza che tutta la garanzia del fondo debba essere versata da un unico Paese. Forse qualcuno ha pensato che il 25% di garanzia venisse versato da un unico Paese (e chissà perché proprio l’Italia), ma non è così. In realtà si tratta di una garanzia che deve essere ripartita tra i Paesi che aderiscono. Se il Fondo raccoglie 100 miliardi, e necessita di garanzie per 25 mld, queste saranno ripartite tra i Paesi aderenti (che possono essere 10 o 15 o tutti e 27 i paesi UE) sulla base del loro reddito nazionale lordo.
La seconda falsità è che la garanzia debba essere necessariamente versata subito. La garanzia per SURE ha un funzionamento simile a quello che si applica alla concessione dei mutui dove c’è un garante: quest’ultimo non versa materialmente un euro al momento della stipula del mutuo, ma si impegna solo a farlo nel caso in cui il debitore smetta di pagare. Lo stesso succederà con SURE: l’Italia si impegnerà soltanto ad intervenire nel caso (speriamo improbabile) in cui altri Paesi non riescano a ripagare il proprio prestito. E lo farà soltanto per la propria quota parte.