In queste ore al Senato si stanno approvando articoli ed emendamenti del decreto fiscale collegato alla Legge di Bilancio. Tra gli altri, dovrebbe essere approvato un emendamento che introduce un compenso fisso per le prestazioni degli avvocati svolte per banche, assicurazioni e grandi aziende. Si tratta della cosiddetta norma sull’equo compenso, molto dibattuta in questa legislatura. Nel seguito dell’articolo provo a spiegare di che si tratta, le argomentazioni di chi lo sostiene e perchè, invece, a mio avviso, non è la soluzione per far crescere le professioni.Chiudendo con alcune idee su cosa, a mio avviso, sarebbe utile fare per aiutare i giovani professionisti.
Che cosa è l’equo compenso e perchè viene proposto?
Con il termine “equo compenso” si intende un compenso minimo fissato da un decreto ministeriale o dalla Presidenza del Consiglio per le prestazioni offerte dai professionisti – solitamente si intendono i professionisti iscritti agli Ordini anche il tema è stato sollevato anche per i non-ordinisti. L’argomento principale dei propugnatori è che con la crisi i redditi dei professionisti (e in particolare degli avvocati) si sono molto ridotti, e con la concorrenza crescente i prezzi dei servizi professionali sono crollati, a danno soprattutto dei giovani. Alcuni argomentano anche che le tariffe obbligatorie garantiscono la qualità dei servizi. Si tratta di un argomento che è stato a lungo sostenuto dalla minoranza del PD (in particolare Orlando e Damiano), e che adesso è appoggiato anche da Renzi, che ne ha parlato positivamente anche ieri in direzione. Viene chiamato “equo compenso”, un termine molto bello che richiama l’articolo 36 della Costituzione, ma di fatto si tratta di reintrodurre il sistema di tariffe che era stato abolito da Bersani quando era Ministro dello sviluppo economico nel Governo Prodi, venti anni fa.
Che provvedimento è in discussione adesso in Parlamento?
Adesso il Partito Democratico ha deciso di accorciare i tempi di discussione ed inserire una norma sulle tariffe nel decreto fiscale collegato alla Legge di Bilancio. L’emendamento dovrebbe essere approvato questo pomeriggio nella commissione Bilancio e prevede l’introduzione di tariffe per una serie di prestazioni professionali degli avvocati nei confronti di banche, assicurazioni e di tutte le imprese tranne le piccole-medie imprese. Naturalmente si è aperto subito il tema del “perchè gli avvocati e gli altri professionisti no?” oppure “perchè nei confronti delle imprese privatesì, e delle pubbliche amministrazioni no?” E infatti sono stati depositati numerosi sub-emendamenti che mirano ad estendere l’applicazione di sistemi di tariffe obbligatorie a tutti i professionisti e altri che lo estendono alla pubblica amministrazione. Se anche i subemendamenti dovessero essere approvati, da Gennaio avremo un ritorno integrale al sistema delle tariffe obbligatorie per tutte le attività professionali che erano state abolite da Bersani.
Quali saranno le conseguenze?
Sicuramente molte persone penseranno che questa sia una buona notizia che aiuterà i giovani e proteggerà i deboli. Purtroppo, temo che sulla questione dell’equo compenso si sia creato un grande equivoco.
Cosa si potrebbe fare per affrontare le criticità dei giovani professionisti?
1) Migliorare la competitività e la produttività dei servizi professionali in Italia per far crescere il settore. Nel resto del mondo il settore delle professioni è un settore che fa innovazione, esporta, è organizzato come vere e proprie realtà produttive che generano migliaia di posti di lavoro di qualità. Da noi tutto questo è ancora un miraggio e dobbiamo stimolarlo. Possiamo farlo usando le stesse leve che usiamo per le piccole imprese: agevolazioni fiscali alla crescita e all’innovazione, snellimento burocratico, supporto all’esportazione e all’internazionalizzazione. Questi sono i veri temi per i professionisti.Se questo settore si modernizza e cresce, saranno i giovani a beneficiarne, perchè sono loro quelli in grado di padroneggiare le sfide della tecnologia e dell’internazionalizzazione. E’ solo guardando avanti che si cresce, non con la nostalgia delle corporazioni.
2) mettere un freno allo sfruttamento dei tirocini obbligatori gratuiti, anche se questo è un argomento tabù per i consigli degli ordini professionali (ho firmato la proposta di Legge Mazziotti su questo tema, che potrete trovare qui).
3) a meno che non ci decidiamo per una liberalizzazionetotale delle professioni, dobbiamo organizzare e programmare meglio le scuole di specializzazione e l’accesso alle professioni, perchè se continuiamo a produrre un numero di professionisti molto più elevato di quanto non possa assorbire il mercato (pensiamo al caso degli avvocati), è inevitabile che avremo migliaia di nuovi poveri e non è introducendo le tariffe obbligatorie che risolveremo il problema.
4) Sulla qualità dei professionisti: la qualità si presidia con migliori percorsi di accesso/selezione alla professione (alcuni sono veramente indecenti, costano e durano tanto e formano pochissimo) e con controlli seri sulla formazione continua obbligatoria dei professionisti, che oggi in molti casi è una barzelletta, senza alcuna forma di controllo su qualità e risultati (spesso sono farlocche persino le presenze).
Queste sono solo alcune idee e proposte (che ho più volte avanzato e discusso dove ne ho avuto l’opportunità), il tema è molto ampio e certamente è utile immaginare degli interventi per supportare le professioni. Sia sulle opportunità di crescita che sulle tutele – sulle quali credo che un passo avanti importante sia già stato fatto con il DDL sul lavoro autonomo. Ma sinceramente dubito proprio che un banale ritorno alle tariffe sia la soluzione..