Di seguito il testo della mia interrogazione al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali sul tema delle pensioni di reversibilità, con particolare attenzione al caso di un giovane studente danneggiato da un’interpretazione di una norma per molti aspetti obsoleta.
Interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-01028
presentato da
testo di
— Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l’articolo 13 del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, così come modificato dall’articolo 2 della legge 4 aprile 1952, n. 218, recante misure inerenti al riordinamento delle pensioni dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, dispone che: «Nel caso di morte del pensionato o dell’assicurato, sempreché per quest’ultimo sussistano, al momento della morte, le condizioni di assicurazione e di contribuzione di cui all’articolo 9, n. 2, lettere a) e b), spetta una pensione al coniuge e ai figli superstiti che, al momento della morte del pensionato o dell’assicurato, non abbiano superato l’età di 18 anni e ai figli di qualunque età riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi»;
per i figli superstiti che risultino a carico del genitore al momento del decesso e non prestino lavoro retribuito, il limite di età è elevato a 21 anni qualora frequentino una scuola media professionale e per tutta la durata del corso legale, ma non oltre il 26oanno di età, qualora frequentino l’università;
ai fini del diritto alla pensione ai superstiti, i figli in età superiore ai 18 anni e inabili al lavoro, i figli studenti, i genitori, nonché i fratelli celibi e le sorelle nubili permanentemente inabili al lavoro, si considerano a carico dell’assicurato o del pensionato se questi, prima del decesso, provvedeva al loro sostentamento in maniera continuativa;
la ratio della norma è quella di consentire ad un figlio superstite di non vedere ridimensionate le proprie capacità, ma soprattutto di non vedere pregiudicate le possibilità di completare gli studi, fino al conseguimento della laurea nonostante la morte del genitore;
la norma si riferiva ad un periodo storico in cui il massimo titolo conseguibile era, appunto, la laurea, non essendo all’epoca ancora intervenute le riforme che hanno introdotto molteplici tipologie di titoli universitari (laurea triennale, specialistica, master e altro). La norma, quindi, non prevedeva periodi di interruzione degli studi universitari inevitabili nel passaggio da un corso universitario all’altro;
l’evoluzione dei percorsi di studio sopra indicati, accompagnata da un’interpretazione restrittiva della norma, può generare situazioni di disagio ed ingiustizia sociale, che penalizzano giovani studenti che perdono il padre nel periodo di transizione da un corso/titolo di studi al successivo; è questo il caso di J.C., che nel marzo 2013, qualche settimana dopo la laurea triennale e prima dell’iscrizione alla laurea specialistica, perde il padre. L’Inps di Gubbio assicura la famiglia che il ragazzo, all’epoca ventitreenne, avrebbe avuto diritto alla pensione di reversibilità;
nella primavera/estate 2013 il ragazzo ha proceduto con i necessari adempimenti e accertamenti, per iscriversi alla laurea al corso specialistico in inglese e spagnolo presso l’Università di Alicante, dove si è immatricolato il 5 agosto 2013, e al suo ritorno, in data 27 agosto 2013, ha inoltrato la richiesta di pensione, presentando il documento di laurea di Perugia e quello di immatricolazione ad Alicante, dove lo studente si è trasferito nel mese di settembre 2013 per poter iniziare a frequentare i corsi;
a distanza di diversi mesi e dopo diverse sollecitazioni all’Inps, successive alla richiesta della pensione di reversibilità da parte del ragazzo e della madre, vista la sussistenza dei requisiti necessari (figlio naturale che alla data del decesso del padre era fiscalmente a carico dello stesso), dal momento che la pensione di reversibilità non veniva attribuita, la madre del ragazzo con raccomandata ha inviato all’attenzione dell’Inps ulteriore sollecito della richiesta di pensione di reversibilità a favore del figlio, non ancora ventiseienne, studente presso l’Università di Alicante (Spagna);
dopo diverse richieste, la madre ha ottenuto dai funzionari Inps la risposta che non sussisterebbe il diritto alla pensione, in quanto alla data del decesso del padre J.C. non era iscritto a nessuna scuola o università, dunque non era studente;
lo studente J.C. ha seguito un percorso universitario obbligato: ha conseguito nei tempi più brevi e con profitto la laurea triennale e ha espletato le formalità necessarie nei mesi successivi per potersi iscrivere alla laurea specialistica;
al momento della morte del padre si trovava tra un ciclo e l’altro del suo percorso universitario, dunque in quel momento non avrebbe potuto in nessun caso essere iscritto. Il ragazzo sta proseguendo con sacrifici i suoi studi ad Alicante, che sarà tuttavia costretto ad interrompere in caso di mancata corresponsione della pensione di reversibilità –:
quali urgenti iniziative intenda porre in essere per ovviare ad un’interpretazione della norma descritta in premessa ormai superata e non rispondente ai percorsi di studi previsti oggi dall’ordinamento italiano, che non premia il merito dei giovani e penalizza quelli già colpiti da gravi situazioni familiari. (3-01028)
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