“Ho molto apprezzato che Mario Draghi abbia parlato del Recovery Plan nazionale all’interno di un orizzonte di lungo periodo, che guarda al 2030 e al 2050. Perché non può essere solo un piano di spesa fine a sé stesso, ma un’opportunità per rilanciare il Paese”. Irene Tinagli coglie nelle parole del premier “la giusta visione” che negli ultimi mesi “è un po’ mancata a causa delle liti politiche”. Ma l’economista del Pd, che presiede la commissione Affari Economici dell’Europarlamento, è convita che il vecchio Recovery Plan “non vada rifatto da zero perché, come ha detto anche Draghi, gli ambiti e le priorità di intervento sono quelle giuste ”.
Cosa bisogna correggere?
“Bisogna dargli una concretezza operativa e concentrarsi di più sulla fase dell’implementazione. È necessario delineare meglio le riforme: non solo quella della giustizia, ma quelle del fisco e della pubblica amministrazione. Bisogna sciogliere i nodi che ci portiamo dietro da tempo e gettare le basi per una crescita duratura, sostenibile”.
Finora tutti i tentativi sono falliti…
“Purtroppo siamo sempre stati costretti a fare le riforme all’ultimo, in una situazione disperata. Ma senza la spada di Damocle dello spread a 570, e con un contesto macroeconomico internazionale più favorevole, ci sono tutte le condizioni. A questo aggiungiamo che Draghi ha dimostrato di avere la giusta visione e che su molti temi, come il fisco, ha una profonda conoscenza delle problematiche italiane e di come affrontarle”.
In un passaggio del suo discorso ha detto che “la quota di prestiti che richiederemo dovrà essere modulata in base agli obiettivi di finanza pubblica”: vuol dire che l’Italia potrebbe non richiedere tutti i 120 miliardi?
“Certamente non spetta a me interpretare le parole di Draghi ma forse una valutazione più approfondita su quel fronte potrebbe essere saggia. Se non erro l’Italia è l’unico Paese ad aver manifestato l’intenzione di chiedere subito l’intera quota dei prestiti. Ma questa scelta deve tenere conto diversi fattori”.
Quali?
“Pensiamo alla sfida della tempistica, che è ostica per tutti perché la mole di risorse è considerevole e i soldi vanno spesi entro il 2026. Serve una valutazione in base alla effettiva capacità di spesa e alla possibilità di generare crescita.. E poi c’è l’impatto sui conti pubblici”.
Quando torneranno in vigore le regole del Patto di Stabilità?
“Il tema è aperto e la Commissione ci sta lavorando. Sappiamo che la partita politica per la loro modifica sarà molto complicata. Certamente non potranno tornare dall’oggi al domani le stesse regole che avevamo prima della crisi. Per questo sarebbe utile attendere le nuove oppure garantire, quando sarà il momento, un ripristino graduale”.
Draghi ha chiesto di riconoscere l’irreversibilità dell’Euro: la Lega accetterà?
“Dovete chiederlo a loro. Di certo nei prossimi mesi ci saranno molti passaggi che metteranno alla prova la loro conversione”.
Il premier si è soffermato anche sulla questione di genere, tema che ha provocato parecchie frizioni nel Pd per l’assenza di donne tra i ministri…
“Ho apprezzato che la questione sia stata declinata in chiave economica. Bisogna capire che il contributo femminile è imprescindibile: non può essere di facciata e non può ridursi a un tema di quote. Ciò che è successo con la scelta dei ministri è certamente un brutto segnale, ma il dibattito è più ampio dei posti al governo e ovviamente non riguarda solo il Pd”.