«La mia preoccupazione sull’attuazione del Pnrr non è soltanto che non si riescano a rispettare milestones e target fissati per il prossimo 31 dicembre, con il rischio di perdere la rata collegata, ma più in generale che un cambio radicale di governo e di linea politica possa rimettere in discussione il processo di riforme e di investimenti legati al Piano di ripresa e resilienza. Se così fosse, sarebbe a rischio non soltanto una rata del Piano ma l’intero impianto del Pnrr che oggi, più che mai, diventa l’indice della nostra credibilità nell’Unione europea».
Irene Tinagli, presidente della commissione Affari economici del Parlamento Ue e vicesgretaria Pd, vive «con sgomento» la crisi politica italiana da Washington, dove si trova per una missione della commissione che incontrerà le più importanti istituzioni finanziarie americane. Le abbiamo chiesto un punto di vista sulle principali partite in corso fra Italia e Ue, a partire dai rischi di attuazione del Pnrr.
Presidente Tinagli, perché è preoccupata per la nostra tenuta sull’intero Pnrr?
Mi spiego con l’esempio della concorrenza. È una buona notizia se il Parlamento italiano riesce comunque ad approvare il disegno di legge, come ci si sta accordando, sia pure con lo stralcio della norma sui taxi. Ma questo non basta perché entro il 31 dicembre bisogna fare anche tutti i decreti attuativi e una maggioranza che cambiasse linea su questi e imponesse una revisione rispetto a quanto concordato con Bruxelles produrrebbe inevitabilmente un blocco del Piano. Sono riforme cui l’Europa guarda con molta attenzione. Altro esempio, il fisco. I condoni che propone la Lega non sono molto coerenti con le misure di lotta all’evasione fiscale che stanno molto a cuore a Bruxelles. Poi, c’è il tema della governance.
In che senso?
C’è una governance del Pnrr molto strutturata che finora ha lavorato bene e ha consentito di accelerare. Un nuovo governo la confermerebbe? Oppure deciderebbe modifiche e avvicendamenti? Questo rallenterebbe di molto il lavoro e, ancora, creerebbe allarme nella commissione Ue.
Torniamo alle scadenze del 31 dicembre: il regolamento Pnrr non prevede una deroga per i Paesi che affrontino il periodo elettorale?
Il regolamento Pnrr prevede non una deroga automatica per i periodi elettorali ma soltanto una clausola generale di flessibilità che va proposta, motivata e negoziata dal Paese con la commissione a fronte di casi oggettivi di difficoltà.
Allarghiamo l’orizzonte. Che impatti potrà avere la crisi politica italiane sul rapporto fra Roma e Bruxelles?
Ci sono partite delicatissime in cui rischia di pesare moltissimo l’assenza di Draghi. Il Repower Eu, anzitutto, il capitolo energetico che andrà a integrare il Next Generation Eu. L’Italia potrà attingere a nuove risorse se presenterà una programmazione di interventi adeguata.
Sull’energia ci sono altre delicatissime decisioni.
Certo, il Consiglio europeo di ottobre avrà all’ordine del giorno la proposta italiana di un tetto europeo al prezzo del gas. Se la commissione Ue ci sta lavorando è solo perché a proporla è stato un premier dell’autorevolezza di Draghi: l’Italia infatti era ed è isolata su questa proposta. Le probabilità di un’approvazione di riducono ancora.
Poi c’è la riforma del patto di stabilità.
Prima ancora, è in corso la revisione della Macroeconomic Governance: è un passaggio importante, in attesa della riforma del patto di stabilità, per ragionare su un fondo per gli investimenti europei che non è un Next Generation Eu 2 ma comunque uno strumento ulteriore a sostegno di investimenti cofinanziati dalla Ue. Tema delicatissimo perché alcuni Paesi sono molto sensibili a misure che possono favorire l’Italia e chiedono affidabilità al nostro governo. Poi dalla Bce ieri è venuta una conferma.
Quale conferma?
Sempre più l’attuazione del Pnrr sta diventando l’indicatore della credibilità dei singoli Paesi e del nostro in particolare. Già per l’assegnazione dei fondi del Repower Eu avrà un peso essere in regola con l’attuazione del Pnrr. Ieri anche la Bce ha posto l’attuazione del Pnrr fra le quattro condizionalità per attivare lo scudo anti-spread in favore di un Paese che lo chieda.
Torniamo al Pnrr e alla crisi politica in Italia. Proprio per rispondere alle preoccupazioni di cui parlava, Enrico Letta ha proposto alle altre forze politiche di sottoscrivere un patto per rispettare gli impegni del Pnrr.
Ne avevamo parlato nei giorni scorsi, la condivido a pieno. Vediamo cosa risponderanno le altre forze politiche e soprattutto capiamo se alla sottoscrizione di un accordo corrisponda poi un atteggiamento responsabile che non abbiamo visto nella giornata scioccante di lunedì. Mi preoccupa molto la deriva radicale che prima era espressione di un pezzo di centrodestra e ora è di tutto il centrodestra. Questo, in prospettiva, lascia il panorama politico italiano privo di un partito popolare moderato ed europeista. Questa assenza si sentirà molto nei prossimi mesi proprio in riferimento ai rapporti con l’Europa.