«Ha fatto bene il presidente del Consiglio a difendere il principio alla base del Reddito di cittadinanza», dice la vicesegretaria del Pd Irene Tinagli.
Quindi anche il suo partito, come i 5S, è per non toccarlo?
«Dare sostegno ai cittadini in stato di povertà è giusto e lungimirante. Ma condividere il principio non significa rinunciare a migliorare uno strumento necessario per evitare l’aggravarsi della questione sociale. E sbaglia chi dice serva solo a chi non vuole rimboccarsi le maniche. Basti ricordare che soltanto un terzo dei percettori (3,6 milioni di persone in 1,3 milioni di nuclei familiari) è occupabile; due terzi sono anziani, bambini e disabili che hanno bisogno di aiuto per sopravvivere».
Per Salvini è un inno al lavoro nero.
«Siccome la Lega lo ha votato quando era al governo con il M5S, adesso ci deve spiegare perché nel 2019 andava bene e ora non più. È una cosa paradossale, anche se Salvini ci ha abituati alle contraddizioni».
E del referendum abrogativo di Renzi che ne pensa?
«Una posizione incomprensibile da parte di un ex premier che a suo tempo aveva promosso uno strumento come il Rei, il reddito di inclusione. Il concetto è lo stesso. E se il principio è condivisibile, una politica seria e matura si adopera per migliorare la misura che già c’è per renderla più efficace, non pensa di abolirla per ripartire da zero. Come a suo tempo fecero i 5 Stelle».
Sta paragonando Renzi al Di Maio che dal balcone di Chigi annuncia la fine della povertà?
«Il tempo della politica che guarda alle bandierine è scaduto. All’epoca il M5S decise di cancellare il Rei per introdurre uno strumento che aveva un nome e un modello diverso per poterselo intestare interamente, anziché potenziare quello varato dal Pd. Un atteggiamento infantile. Quando si introducono misure di tale complessità è inevitabile che col tempo emergano problematiche all’inizio non considerate. Meglio correggere ciò che non va, facendo tesoro di quanto sperimentato».
Perciò il Rdc va riformato?
«Io credo sia doveroso interrogarsi sulla sua efficacia, capire se e come farlo funzionare meglio».
Dove bisognerebbe intervenire?
«Io posso solo segnalare gli ambiti a mio avviso di debolezza, già peraltro indicati nel rapporto Caritas sulla povertà Laddove si spiega che il Rdc in alcune aree del Paese non copre fasce importanti della popolazione in difficoltà. I criteri di accesso alla misura sono infatti diversi da quelli che determinano lo stato di povertà assoluta. Al Nord, per esempio, non si tiene conto di fattori decisivi come il costo vita più elevato o l’incidenza di lavoratori di origine straniera».
Al netto del fatto, però, che tanti lo prendono senza averne diritto.
«Per questo è necessario rivedere i criteri di accesso, ma senza far piombare nel limbo milioni di italiani poveri. Come occorre risolvere l’altra grande criticità sui meccanismi di inserimento lavorativo. Un problema che per la verità c’era già: se il Rdc non funziona è anche perché è stato introdotto in modo frettoloso prima di riformare i centri dell’impiego e le politiche attive per il lavoro».
Fatto sta che molti imprenditori lamentano di non trovare stagionali perché preferiscono il Rdc al lavoro.
«Fin dall’inizio gli esperti avevano evidenziato che, per come era disegnato, il Rdc avrebbe potuto creare effetti di “competizione” con i lavori nei settori a basso valore aggiunto. E dunque credo vada fatta una valutazione su come correggere queste distorsioni, per esempio rafforzando le condizionalità e le sanzioni per i percettori che rifiutano le offerte o introducendo incentivi ad accettare il lavoro».
Lei ce li vede Salvini e Conte accordarsi sulle modifiche al Rdc?
«Anche sulla Giustizia sembrava impossibile, eppure ci si è riusciti. Il tema di chi è stato di bisogno è troppo importante per lasciarlo in pasto alla campagna elettorale. Di fronte a una questione enorme come la povertà e la lotta alle diseguaglianze tutti i partiti devono sintonizzarsi sul clima di unità nazionale inaugurato da Draghi e affrontare la discussione non in maniera ideologica ma pragmatica. Una misura già c’è, ma funziona solo parzialmente? Allora lavoriamo insieme per migliorarla».