Una commissione europea con una forte prevalenza di uomini sarebbe un passo indietro. Irene Tinagli, economista rieletta con il Pd nel Parlamento di Strasburgo, non usa giri di parole. «Il tema della parità di genere – spiega – si pose anche cinque anni fa, spero che la presidente Von der Leyen abbia la stessa determinazione dell’altra volta e imponga ai governi una correzione di rotta».
Onorevole Tinagli, finora sul tavolo della presidente della Commissione europea sono arrivati i nomi di sedici uomini e cinque donne. Non pensa che alla fine possa prevalere la volontà dei governi nazionali?
«Il rischio c’era anche nella precedente legislatura, ma poi ci fu la novità positiva di una Commissione bilanciata che in cinque anni ha valorizzato numerose competenze femminili. Ursula Von der Leyen ha rivolto ai governi nazionali la stessa richiesta di cinque anni fa. Se finora dai singoli Stati sono arrivate indicazioni prevalentemente al maschile vuol dire che il tema della parità di genere ha bisogno di un monitoraggio costante. Prima che le istituzioni europee, il problema riguarda le classi dirigenti nazionali».
Il messaggio che i governi nazionali hanno inviato a Bruxelles non è incoraggiante.
«Nei governi dei singoli Paesi dell’Unione si fa fatica a valorizzare le donne. La parità di genere deve diventare un elemento strutturale. I risultati raggiunti nella passata legislatura non possono considerarsi acquisiti. Abbiamo ancora tanto da lavorare».
Nella partita delle nomine l’Italia non dovrebbe rappresentare un’eccezione, visto che per la Commissione europea si dà per scontata l’indicazione dell’attuale ministro Raffaele Fitto.
«Non faccio critiche preventive. Il governo italiano non ha ancora fatto la propria designazione e mi auguro che tenga conto delle richieste dalla presidente Von der Leyen».
Anche se il governo ha sempre respinto tutte le accuse, non crede che tema della parità di genere esista anche in Italia, come ha dimostrato recentemente il caso della Cassa depositi e prestiti, che ha rischiato di ritrovarsi con una governance di soli uomini?
«L’Italia non può non affrontare un tema che è strutturale e culturale soltanto perché ha una donna alla guida del governo. Il problema riguarda tutti gli organi collegiali. Serve uno sforzo a 360 gradi. È sbagliato ridurre tutto ad una questione ideologica: si tratta di far funzionare meglio le istituzioni. Avere un bilanciamento di genere migliora e rende più equilibrata la gestione».
È sufficiente la nomina di Daria Perrotta a Ragioniere generale dello Stato per dimostrare, come sostengono alcuni esponenti della maggioranza di governo, che in Italia non c’è un problema di parità di genere?
«È positivo che sia stata valorizzata una competenza femminile, ma la nomina di una donna non costituisce una deroga per tutto il resto. Ogni istituzione deve avere un suo bilanciamento di genere. I percorsi di selezione della classe dirigente devono includere più donne. Facciamo ancora troppa fatica a creare percorsi di crescita e di valorizzazione».
Come finirà la partita europea?
«Confido nella determinazione di Ursula Von der Leyen. Come cinque anni fa, saprà farsi valere».