«La nomina di Raffale Fitto? Era prevista . Ma per far uscire l’Italia dall’attuale isolamento, non basterà: occorre che alle spalle il commissario abbia un governo capace di posizioni non conflittuali». Ne è convinta Irene Tinagli, eurodeputata Pd e presidente uscente della Commissione europea per i problemi economici e monetari.
Tinagli, l’indicazione di un nome italiano è arrivata nell’ultimo giorno utile. Strategia?
«Fitto è un politico di esperienza, la sua nomina era ampiamente prevista, per questo mi ha sorpreso il ritardo. Le discussioni nella maggioranza sono sempre più un tema all’ordine del giorno».
Riuscirà nel compito di ridare peso all’Italia?
«A mio avviso il peso dell’Italia non dipende tanto dal Commissario, bensì dalle scelte del Governo. Nell’ultimo anno ci siamo ritrovati isolati, dunque sarà importante che Fitto non si trovi a lavorare in uno scenario controproducente, con un Governo che prende posizioni conflittuali, creando frizioni con altri partner europei».
A cosa si riferisce?
«Ricordo che quando ci fu da ratificare il Mes, il ministro Giorgetti ebbe delle posizioni di apertura che furono poi vanificate dal diniego del Governo, che isolò ulteriormente l’Italia».
Ora avremo un commissario esponente di un partito, Ecr, che non è in maggioranza…
«Non è la prima volta che accade. Noi siamo abituati al nostro quadro, in cui il Governo rispecchia la maggioranza in Parlamento, ma in Europa funziona diversamente. Chiaramente restano da verificare le dinamiche che si innescano all’interno della Commissione e se Fitto saprà creare un clima di collaborazione».
E qui torniamo al Governo.
«Bisogna che Meloni capisca che non può continuare con la politica del doppio binario. Prima esprime simpatie per Trump e l’Ungheria e poi pensa di contare in Europa. Il Governo deve essere europeista, se vuol dare credibilità al proprio commissario».
Fidanza, FdI, su Qn ha auspicato che su certi temi come Green deal e immigrazione, il Ppe voti con i conservatori. La maggioranza Ursula reggerà?
«La maggioranza Ursula non è affatto di destra. Von der Leyen ha ottenuto l’appoggio non solo dei socialisti ma anche dei verdi. Io capisco che Fidanza si possa sentire isolato e tiri i Popolari per la giacca, ma vorrei ricordare che certe strategie politiche anche negli anni scorsi si sono mostrate fallimentari. E in ogni caso Popolari e Conservatori da soli non hanno i numeri. Potrebbero cercare un’alleanza con l’ultradestra, ma una simile spregiudicatezza non troverebbe sponde in Parlamento e neppure tra la maggioranza dei popolari».
Tornando all’Italia, che accadrà ai balneari e al Pnrr?
«Non credo che ci saranno stravolgimenti, Fitto dovrà dimostrare imparzialità e mantenere credibilità tra i colleghi. Sarà commissario europeo, non l’avvocato di Stato. Sarà il Governo a dover dare credibilità all’Italia mostrando una visione compatta e credibile sui temi più importanti».
Eppure, su un tema caldo come l’Ucraina, l’Italia sembra andare in ordine sparso.
«È proprio questo il punto: il Governo deve fare attenzione alle sue dinamiche interne. Le fibrillazioni della Lega, che cerca di ritagliarsi uno spazio a destra di Meloni con sparate anche sulla politica estera, sono un problema per la credibilità del Governo in Europa, che Meloni dovrà gestire».
Anche nel Pd però c’è qualche problema.
«Nel Pd no, ma ci sono delle scaramucce nel campo largo. Ma come ha detto la segretaria Schlein, bisogna superare i veti e i personalismi. Qui non si tratta di fare un unico partito, ma di far coesistere diverse anime in uno schieramento che abbia a cuore gli stessi temi e una visione comune: l’equità sociale, l’inclusione, la sanità, l’occupazione. Occorre però maturità politica, superare orgogli e vecchie ruggini».
Dunque un ritorno nel Pd di Renzi potrebbe non essere fantapolitica.
«Renzi non torna nel Pd. Ha un suo partito, che vuole posizionare stabilmente nel centrosinistra. Una scelta importante e positiva, ma certo non basta prendere parte a una festa dell’Unità».