“Sono arrabbiata”. Lo dice con voce rotta, guardando per terra. “Sono shockata. Vedere tutto quello che sta accadendo, dopo aver messo l’anima nel mio lavoro, a volte negoziando fino alle quattro del mattino, sentendomi orgogliosa di ciò che hai realizzato per l’istituzione che rappresenti, con tanti sacrifici personali…”.
Irene Tinagli è delusa dopo lo scandalo corruzione scoppiato questa settimana al Parlamento Europeo, dove ricopre il ruolo di presidente della Commissione Affari Economici.
È delusa da una certa politica, ma non dalla politica, che è sempre stata la sua grande passione. Era di passaggio a Barcellona, dove ha avuto incontri al Cercle d’Economia e con la famiglia del Partito Socialista Europeo, di cui ora fa parte. Figlia di due commercialisti e originaria di un paese della Toscana, la giovane Irene inizialmente non voleva seguire le orme dei genitori. Ma si rese conto che se voleva capire il mondo, doveva studiare economia. Andò a Milano, alla prestigiosa Università Bocconi, che in quel periodo aveva una figura di riferimento come il professor Mario Monti.
Ottenne una borsa di studio per fare il grande salto accademico negli Stati Uniti, all’Università di Pittsburgh. Tra studi e dottorati, rimase otto anni. Lì si è specializzata in economia pubblica. Perché la politica non ha mai veramente lasciato la sua vita. Giunse il momento di tornare in Europa, e fu allora che ottenne un posto all’Università Carlos III di Madrid. È approdata nel 2009 in una Spagna “in ginocchio, toccata dalla crisi”. Ma è rimasta affascinata dalla capitale, una città dove “è impossibile sentirsi soli” e “dove puoi finire a chiacchierare con un gruppo di signore che non conosci davanti a una birra in un bar”.
Con il suo compagno, un professore IESE, stava gettando le basi per una vita serena a Madrid quando è arrivata LA chiamata (in maiuscolo). Essendo legata a un think tank che comprendeva nell’esecutivo Luca Cordero di Montezemolo o il futuro ministro Carlo Calenda, a Irene Tinagli si è presentata la possibilità di essere candidata a deputata al Parlamento italiano. Così è entrata per la prima volta. Fu la legislatura che ebbe come primi ministri Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Un periodo in cui ha capito quanto sia difficile muoversi nella ragnatela dei palazzi di Roma, soprattutto quando non si hanno sponsor o si appartiene a correnti di partito.
Finita questa fase, la vita le ha offerto un’altra opportunità: quella di andare all’Europarlamento con il Pd. “Temevo. Pensavo che nessuno avrebbe votato per me e che questo avrebbe danneggiato la mia reputazione”. Invece ha stravinto, è stata la donna che ha preso più voti nel nord Italia. Con una promozione fulminea a Strasburgo, è arrivata ai vertici della commissione Affari Economici. Un luogo di estrema rilevanza, perché è qui che di solito vanno tutti i pesi massimi di Bruxelles, da Margrethe Vestager, passando per Valdis Dombrovskis fino a Christine Lagarde.
Questo organismo si occupa di tutte le questioni calde della comunità, dal patto di stabilità, alla regolamentazione bancaria, alle questioni fiscali o alla politica monetaria. “Ho imparato che se vuoi raggiungere un consenso, devi dimenticare un po’ la tua bandiera ideologica, fino a raggiungere una posizione comune”, ammette.
Per seguire la sua passione politica, ha dovuto destreggiarsi per conciliare il rapporto con suo figlio, che ha appena nove anni. “Sono riuscita a trasmettergli il senso di responsabilità. Ha capito che a volte la mamma non può stare con lui, perché si è impegnata con alcune persone che le hanno dato la loro fiducia e che non può deluderle”, confessa con amore materno.
Per chiudere, un aneddoto. “Una volta sono dovuta scappare di casa per un’emergenza politica e lui stesso mi ha detto: ‘Ho capito mamma, se il governo è caduto dev’essere una cosa molto importante'”. Come scriveva Stendhal, “con le passioni non ci si annoia mai”.