Di seguito la risposta del Ministro del Lavoro Poletti alla mia interrogazione sulle pensioni di reversibilità e il testo della mia replica:
GIULIANO POLETTI, Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, onorevole Tinagli, mi consenta di intervenire nel merito di una vicenda che effettivamente mostra tutti i segni della sua obsolescenza. Noi siamo di fronte ad una norma che è appunto datata e che ci propone i problemi che qui sono stati segnalati. Quindi, è chiaro che la sede INPS interessata ha negato il beneficio per il fatto che il giovane interessato, pur essendo al momento del decesso del padre a carico di quest’ultimo e pur avendo meno di 26 anni, in conformità a quanto prescritto dalla normativa vigente, non risultava, tuttavia, essere formalmente iscritto ad alcun corso universitario alla data del decesso.
Ciò posto, va osservato che l’orientamento dell’INPS è senz’altro rispettoso del principio di interpretazione letterale della normativa vigente. Infatti, l’articolo 13, comma 3, del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, come da ultimo modificato nel 1965, prevede che per i figli superstiti, che risultino a carico del genitore al momento del decesso e che non prestino lavoro retribuito, il limite di età per accedere alla pensione di reversibilità, ordinariamente fissato al compimento del diciottesimo anno, sia elevato non oltre il ventiseiesimo anno di età qualora frequentino l’università. Pertanto, secondo la stretta lettera della norma i giovani interessati, al fine di accedere al trattamento in questione, devono essere iscritti ad un corso universitario alla data del decesso.
Ora, come peraltro evidenziato dagli onorevoli interroganti, appare evidente che all’epoca in cui la normativa in materia di pensioni ai superstiti è stata da ultimo modificata il massimo titolo conseguibile era costituito dalla laurea, non essendo ancora intervenute le riforme che hanno introdotto molteplici tipologie di titoli universitari e post-universitari (laurea triennale, specialistica, master e così via). La normativa in questione, pertanto, non prendeva specificamente in considerazione periodi di interruzione degli studi universitari, che appaiono oggi inevitabili nel passaggio da un corso universitario ad un altro o nel passaggio da un corso universitario ad un corso post-universitario.
Considerata, tuttavia, la rilevanza del problema posto dall’interrogante, è intenzione del Ministero verificare se vi siano i margini per operare un’interpretazione evolutiva o adeguatrice delle disposizioni in questione, salva sempre la necessità di verificare le relative ricadute economiche e le compatibilità con le disponibilità di bilancio.
In alternativa si rifletterà sulla possibilità di dare corso ad un intervento normativo per il quale ovviamente sarà necessario reperire la necessaria copertura finanziaria. Quindi, c’è pieno interesse, disponibilità ed impegno del Ministero ad agire secondo queste due diverse opzioni.
IRENE TINAGLI. Signor Presidente, ringrazio il Ministro per la sensibilità mostrata verso questo tema. L’unica cosa che mi permetto di segnalare è di cercare il percorso più rapido e breve possibile, perché ci sono giovani che in questo momento sono costretti ad interrompere il loro percorso di studi che sarà determinante poi per il loro futuro e per la loro capacità di trovare lavoro. Quindi, mi permetto di sollecitare un intervento più rapido possibile e do tutta la mia disponibilità qualora fosse necessario – e penso anche di altri membri della Commissione lavoro – per aiutare ad identificare anche soluzioni e coperture. Quotidianamente noi affrontiamo questi temi, quindi possiamo collaborare su questo e lo faremo molto volentieri.