Dopo 10 mesi di attesa per l’approvazione al Senato, il Disegno di Legge sul lavoro autonomo sta concludendo adesso il suo iter in Commissione Lavoro alla Camera. Proprio ieri abbiamo iniziato la votazione degli emendamenti in Commissione. Questa norma permetterà di attenuare il gap che si è venuto a creare tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti, conferendo più tutele ai primi ed una maggiore flessibilità nelle modalità di lavoro ai secondi, tramite l’introduzione del cosiddetto “smartworking”.
E’ un buon testo, che finalmente affronta un tema cruciale del mondo del lavoro italiano e in particolare a quello del lavoro autonomo. Ci sono tuttavia alcuni aspetti critici che richiederanno qualche limatura rispetto al testo uscito dal Senato. Durante le numerose audizioni svolte alla Camera sono emerse due principali nodi: uno che riguarda gli articoli 5 e 6, introdotti dal Senato e non presenti nel testo originario, e uno che riguarda alcune norme del lavoro agile, considerate da alcuni troppo rigide e “burocratiche”.
In estrema sintesi: l’articolo 5 delega il Governo ad adottare dei decreti che permettano ai professionisti “ordinisti” di esercitare alcune funzioni proprie della Pubblica Amministrazione, in una logica di “sussidiarietà”. L’articolo 6 offre invece alle Casse previdenziali degli ordini professionali la possibilità di erogare prestazioni assistenziali e di welfare anche a fronte di contributi aggiuntivi. Le critiche che si sono sollevate da più parti riguardano l’inappropriatezza di inserire in un testo che affronta il lavoro autonomo nel suo complesso, delle norme riservate al solo mondo degli “ordinisti”, riservando solo a questi ultimi forme di tutela e margini di agibilità particolari. In questo modo, hanno argomentato le varie associazioni, si rischierebbe di creare professionisti di serie A e professionisti di serie B. Oltretutto, la possibilità di delegare ai professionisti l’esercizio di alcune funzioni proprie dell’amministrazione pubblica porterebbe con sé rischi di introdurre una intermediazione tra cittadino e PA che potrebbe scaricarsi sui cittadini in termini di costi o burocrazie aggiuntivi.
Per questi motivi alcuni membri della Commissione erano propensi inizialmente a stralciare entrambi gli articoli. In effetti, considerato che il mondo degli ordini professionali avrebbe bisogno di vari interventi per aiutarlo a modernizzarsi e crescere, sarebbe probabilmente stato più opportuno lasciare questi temi ad un provvedimento a parte, organico, interamente dedicato alle professioni ordiniste. Tuttavia, non tutto ciò che è contenuto negli articoli incriminati è da buttare, alcune tematiche, come quelle legate al welfare contenute nell’articolo 6, rispecchiano esigenze reali e propongono soluzioni che non implicano costi per la collettività. Per questo motivo ho avanzato una proposta di mediazione che andasse in due direzioni: da un lato tenesse, ampliandolo ai non ordinisti, le previsioni dell’articolo 6 (una proposta avanzata anche da altri colleghi in Commissione), dall’altro, sul fronte dell’articolo 5, la mia proposta è stata quella di ridefinire in modo più preciso e rigoroso i confini della delega affidata al Governo in modo da accertarsi che la sussidiarietà accordata ai professionisti non si tramuti in maggiori costi per i cittadini, che non comporti alcun rischio di violazione della privacy e che la sicurezza nel trattamento dei dati sensibili non venga messa a repentaglio, ed infine accertarsi che non vi siano potenziali conflitti di interessi in questo processo di “delega”. Mi ha fatto molto piacere che il gruppo del Partito Democratico in Commissione Lavoro abbia accolto questo approccio e che tutti insieme abbiamo presentato un emendamento che va esattamente in questa direzione e che spero possa essere approvato nella seduta di domani.
Infine, per quanto riguarda la parte sullo smartworking o lavoro agile, ho presentato alcuni emendamenti volti a rendere più semplice e meno complicata l’adozione del lavoro agile da parte del datore di lavoro – alcune associazioni ed esperti ci avevano messo in guardia sul fatto che il testo uscito dal Senato contenesse alcune norme che “appesantivano” il lavoro agile, rendendolo meno attraente per i datori di lavoro (non mi dilungo su tutti gli aspetti tecnici che sono stati già spiegati in questo articolo da Pietro Ichino). Purtroppo queste proposte non sono state accolte, e me ne dispiace, perché (e chi mi segue da un po’ di tempo lo sa) questo tema è un tema che mi sta molto a cuore e su cui, già ad inizio legislatura, avevo presentato una proposta di legge a prima firma Alessia Mosca. Mi auguro comunque che il testo che uscirà dal Parlamento, seppur leggermente diverso da quello che avrei auspicato, possa comunque rappresentare un valido strumento per le imprese ed i lavoratori e lavoratrici che ambiscono ad una dimensione lavorativa più flessibile e gratificante.