di Beppe Severgnini
Cartolina da Fariseylandia, il paese dove la gente dice le cose che non fa, e fa le cose che non dice. Scriverò di tre donne in gamba: Marina l’ho letta, Irene l’ho vista, Emma l’ho ascoltata. Donne in pericolo: le insidia la marea delle chiacchiere e il vento delle lusinghe.
Marina Catena (Ortona, 1968), ha scritto “Una donna per soldato” (Bur). Ho preso in mano il libro – confesso – perche’; sono appena stato in Libano; poi l’ho letto tutto – domenica pioveva – e m’e’ piaciuto. L’autrice e’ tenente dell’esercito e viene dalle Nazioni Unite. L’ufficiale – bella sorpresa – non scrive in modo ufficiale. Racconta le ansie buzzatiane della vigilia, il fascino ipnotico dei confini, la scoperta della luce, le giovani libanesi ipnotizzate dai soldati italiani. Bel libro, serio e profumato: le donne fiutano le cose, per capirle.
Irene Tinagli (Empoli,1974) si batte in altro modo. Ricerca e insegna alla Carnegie Mellon University di Pittsburgh, non il posto più sexy degli USA. L’ho conosciuta a Firenze, in un incontro sulla “città del futuro” (proposta di IT: “Buttar via qualsiasi progetto abbia più di tre anni”). Irene ha scritto “Talento da svendere” (Einaudi), così riassunto dal suo maestro Richard Florida: «Un libro che smonta senza pietà il mito della creatività italiana. Un libro per capire il ruolo e il potenziale di una generazione di talenti e i limiti di un sistema che non sa valorizzarli». In copertina, un equilibrista sul filo, stagliato contro la luna. Fosse una donna, dovrebbe mettersi anche i tacchi e un filo di trucco.
Emma Marcegaglia (Mantova, 1965), neo-presidentessa di Confindustria, non ha scritto libri: ma e’ la più esposta. Una slavina di adulazione rischia di soffocarla. Anche il predecessore, Luca di Montezemolo, ha avuto la sua razione di servilismi (qualcuno gli ha chiesto cos’e’ il nuovo incarico di “ambasciatore del made in Italy”? Un’onorificenza, o c’e’ di più?). Ma Emma e’ una donna. Per sminuirla in fretta, bisogna esaltarla in massa.
Vediamo invece d’essere pratici e antipatici, per una volta. “Troppe donne a casa, troppe culle vuote” ha proclamato EM all’insediamento, tra gli applausi. Domanda: non e’ anche colpa del fallimento del part-time?
La legge lo prevede, le aziende lo osteggiano. Una neo-mamma deve ricorrere alle baby-sitter o ai nonni: se non può, sono guai. Gli asili chiudono alle 16, l’ufficio alle 18 (se va bene): che fa il bimbo di tre anni? Va al bar? Mi scrive un’amica, PdM: “Esci di casa presto, arrivi a casa tardi. In mezzo si spalanca un baratro di complessi di inadeguatezza e sensi di colpa. Allora pensi di dare le dimissioni: annientando in un attimo anni di lavoro, di esperienza, di professionalità – per non parlare della situazione economica”.
Così e’ e così sarà, se non si cambia. La presidentessa di Confindustria ha buone intenzioni. Ma il gruppo Il Sole 24 Ore, di proprietà degli industriali, rifiuta il part-time alle giovani mamme.
Come la mettiamo, Emma?
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