L’Italia, l’abbiamo visto, e’ disposta a rimettere in discussione molte cose per supportare il turismo, persino gli orari scolastici e l’istruzione dei propri figli. Ma a quanto pare non e’ disposta a rimettere in discussione stereotipi, pregiudizi e intolleranze ataviche. Lo vediamo in questi giorni con le reazioni scandalizzate alla dichiarazione dell’assessore regionale siciliano Nino Strano (Fli) secondo cui la Sicilia dovrebbe aprirsi al turismo gay.
Un’idea che ha scatenato l’ira, tra gli altri, del parlamentare regionale del Pdl, Marco Falcone, secondo cui il modello gay non appartiene alla Sicilia, e’ estraneo alla sua cultura, tradizione. Insomma, il motto sarebbe “venite e spendete, ma non costringeteci ad aprire gli occhi sul mondo che noi non vogliamo vedere”. E quindi turismo si’, ma solo se etero. Perche’ possiamo anche tollerare di essere quotidianamente esposti ad atti di violenza, in TV o per strada (forse la violenza fa piu’ parte della nostra cultura?) ma non a gesti di affetto non convenzionali.
Tutta la vicenda ha in se’ qualcosa di comico e tragico insieme. Di comico se si pensa che gay e lesbiche da sempre viaggiano, si muovono e fanno vacanze dove vogliono senza aspettare il permesso ne’ di Strano ne’ di Falcone. Cosi’ come e’ vagamente comico pensare di selezionare i turisti sulla base di caratteristiche e gusti personali o imporre loro preferenze locali. Sarebbe un po’ come dire ai tedeschi: venite a visitare le nostre spiagge, ma tingetevi i capelli di nero perche’ il biondo e’ una componente minoritaria della nostra cultura. Ma ha anche molto di tragico perche’ queste reazioni nascondono una profonda intolleranza e una ignoranza che fanno molto male al nostro paese. Un danno sociale, culturale e anche economico enorme. La discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale e’ una forma di fondamentalismo paragonabile a quello che in molti paesi esiste contro le donne. Ed e’ tragico pensare che nel nostro paese ci scandalizziamo tanto per quelle donne costrette ad andare in giro col volto nascosto, ma poi pretendiamo, nel nostro paese, che milioni di omosessuali vivano tutta la vita nascondendo il loro essere, i loro sentimenti, i loro affetti. Ed e’ proprio questa intolleranza diffusa che costringe gli omosessuali a rifiugiarsi in luoghi specifici, dove possano fare quello che le altre coppie e singles etero fanno in vacanza: rilassarsi, passeggiare, andare a cena, a un concerto, e fare amicizia in serenita’, senza incorrere in occhiatacce, insulti o pestaggi. Turismo gay, alla fine, e’ solo questo. Un turismo non discriminatorio, sicuro, per i gay come per tutti gli altri. Secondo un sondaggio condotto da Witeck-Combs Communications per il 53% della popolazione gay e il 69% di quella lesbica una destinazione e’ gay friendly quando e’ sicura e libera da ogni tipo di intimidazioni, fatta di luoghi in cui sia consentito camminare mano nella mano con il proprio partner senza timore di discriminazioni. Ed e’ impressionante pensare che per milioni di persone omosessuali la scelta di dove andare in vacanza debba dipendere non dalla preferenza per sole mare, scoglio o spiaggia, ma dal rischio di essere discriminati o molestati.
Una societa’ non puo’ crescere in un clima del genere. Ma quest’intolleranza non fa solo male al progresso sociale e culturale di un paese, ma anche, pragmaticamente, alla sua economia. Il turismo omosessuale negli Statio Uniti e’ business da oltre 47 miliardi di dollari, circa il 10% dell’industria turistica americana. In Italia e’ stato stimato in oltre tre miliardi di euro, con potenziali di crescita enormi. Non solo, ma il turismo gay, come mostrano recenti statistiche, ha sofferto molto meno della crisi economica, garantendo alle localita’ gay friendly una sorta di assicurazione anti-crisi. I motivi sono semplici. Gli omosessuali hanno un reddito medio superiore a quello degli etero (in Italia e’ superiore del 38% secondo stime Eurisko). Inoltre, avendo meno probabilita’ di avere i figli, viaggiano di piu’ e spendono di piu’ quando sono in viaggio: ristoranti, cinema, teatri e shopping. Secondo alcune stime gli omosessuali spendono il 25-30 per cento in piu’ degli eterossessuali. Tendono quindi a vivere molto di piu’ la citta’, generando quel dinamismo economico e sociale che rende i luoghi piu’ dinamici e piu’ interessanti anche per tutti quegli etero che abbiano interesse per attivita’ sociali e culturali piu’ vivaci e variegate (giovani professionisti, manager e imprenditori , persone abituate a viaggiare e ad avere prospettive piu’ internazionali, nonche’, anch’essi, redditi medi piu’ alti della media).
Anche per questa sorta di “indotto†e di ricadute positive sull’economia locale sono ormai moltissime le localita’ in tutto il mondo che da anni curano attentamente la loro offerta turistica gay-friendly. Dalla California al Quebec, dalle isole greche a quelle spagnole. Potrebbe l’Italia competere in questo mercato ricco e dinamico? Si’, alcune localita’ (poche) gia’ lo fanno, come Torre del lago e la Versilia, per esempio. Molte altre potrebbero farlo. Ma dovranno accettare l’idea che non tutti i turisti assomiglieranno a loro, e che alla fine quello che chiedono, omosessuali e non, e’ semplicemente potersi rilassare e divertire, senza senza timori di essere scherniti o umiliati solo perche’ non rispondenti agli stereotipi locali. Come ha meravigliosamente sintetizzato il nostro Presidente della Repubblica qualche tempo fa, dei diritti degli omosessuali sono i diritti di tutti. Costruire un paese migliore per loro significa costruire un paese piu’ prospero per tutti.