Se negli anni Sessanta si fosse chiesto a un ventenne cosa fosse il sogno californiano, avrebbe senza dubbio risposto: il surf e i Beach Boys. Se lo si chiede a un ventenne di oggi e’ probabile che risponda: internet e Mark Zukerberg. Cosa e’ successo in questi 40 anni? E’ successo che nell’area sotto San Francisco, tra Santa Clara e San Jose, dalla fine degli anni sessanta sono iniziate a proliferare aziende di semiconduttori e microchips, che in pochi anni hanno trasformato quell’area semi rurale nella culla dell’era digitale: la Silicon Valley. Una regione ammirata ed invidiata in tutto il mondo per la sua capacita’ di generare innovazione e nuovi trend, anche se le sono stati cuciti addosso molti luoghi comuni e falsi miti.
Non e’ vero per esempio che tutte le grandi scoperte tecnologiche sono state fatte qua. E’ vero pero’ che vi hanno trovato terreno fertile per diventare innovazioni pervasive, per concretizzarsi in applicazioni, prodotti e servizi che hanno rivoluzionato il modo in cui il mondo vive, lavora, compra, socializza. Internet non e’ stato inventato qui, ma e’ qui che e’ esplosa la bolla delle dot.com, dal search business all’e-commerce. L’instant messaging, la prima chat o il primo sito di social networking non sono nati qui, ma e’ qui che poi sono sorti i siti e le applicazioni piu’ famose come Friendster, LinkedIn, Twitter, Zynga (per non citare Facebook, nata a Boston ma divenuta quello che e’ oggi solo dopo essersi spostata qua).
E cosi’ da patria degli orti e dei contadini quest’area e’ divenuta la patria dell’alta tecnología e dei “geeks”. Geeks che, attenzione, non necesariamente arrivano da Stanford e Berkeley. Questo e’ un altro luogo comune che potrebbe scoraggiare chi non ha studiato in uno dei prestigiosi campus californiani. In realta’ una buona parte dei fondatori o cofondatori delle societa’ di maggior successo che troviamo qua non sono nati in America. Jerry Young (Yahoo) e’ taiwanese, anche se e’ approdato a Stanford per il dottorato, Sergey Brin (Google) e’ russo e ha studiato in Maryland, Max Levchin (PayPal) e’ ucraino con laurea all’Universita’ dell’Illinois, Steve Chen (Youtube) e’ taiwanese, anche lui laureato in Illinois, E’ anche questa grande capacita’ di accoglienza e integrazione che ha reso questa zona il magnete di talento piu’ potente del mondo, la personificazione del sogno americano per tutti quelli che americani non sono.
E non e’ necessario essere un genio da premio Nobel per trovare spazio qua, non importa aver inventato la tecnología su cui si vuole fare un business, basta avere la capacita’ di usare una tecnología per sviluppare un prodotto, un servizio, un’applicazione o qualsiasi altra cosa originale e innovativa che possa generare entusiasmo. Perche’ e’ l’entusiasmo, prima ancora che la tecnología o i soldi, che manda avanti questa regione. E con esso un concetto di innovazione veramente a 360 gradi, una curiosita’ non solo e non tanto per la nuova scoperta in se’, ma per come questa puo’ essere applicata, trasformata, manipolata per cambiare la vita di milioni di persone. Non e’ proprio un caso se Stanford e’ una delle Universita’ americane con il minor numero di premi Nobel tra i suoi ex studenti [solo 8 contro i 48 di Harvard per esempio]. Piu’ che un posto per secchioni questo e’ un posto per chi ama sporcarsi le mani, un posto per irrequieti e per entusiasti.
E oggi migliaia di persone da tutto il mondo vengono qua anche se non hanno aziende in mente da fondare, in una sorta di pellegrinaggio ispiratore, per carpire un po’ del clima che c’e’ qua, indovinare cosa ha reso quest’area cosi’ unica e speciale. E in effetti, un giro da queste parti puo’ rivelarsi un’eperienza única e illuminante. Certo, andare in Silicon Valley non e’ come andare in visita a Venezia o a San Pietro. Tutto quello che c’e’ di piu’ emozionante non e’ in bella mostra, non sta in un monumento, una piazza o un museo, ma sta racchiuso nella testa delle persone che sono qua e nei luoghi in cui queste si incontrano, vivono, lavorano. Per questo oggi tra i percorsi piu’ ambiti e gettonati della Silicon Valley ci sono le visite agli uffici di Google e Facebook. Visite affascinanti, che gia’ danno l’idea di un mondo assai diverso dal nostro. Niente uffici chiusi e nemmeno cubicoli, ma ampi spazi condivisi sia per il lavoro che per le pause di ricreazione. Caffetterie e mense piene di ogni ben di Dio (e tutto rigorosamente gratis) per migliaia di impiegati che, soprattutto a Facebook, hanno un’eta’ media piu’ bassa di quella dei nostri studenti universitari. Impossibile distinguere i top manager dagli ultimi arrivati: sono tutti vestiti con gli stessi jeans sbiaditi e magliette stile Old Navy. Riconosci giusto Sergey Brin o Larry Page quando ti si avvicinano perche’ da anni li vedi sulle copertine di ogni possibile magazine del mondo. Anche se loro continuano a lavorare e girare per il “Google campus” come se fossero ancora agli inizi.
Ma per quanto possa essere bello ed emozionante, non basta visitare gli uffici di questi giganti adagiati nei grandi spazi tra Palo Alto e Santa Clara per capire l’essenza della Silicon Valley oggi e per respirare un po’ di quell’aria pionieristica che la rende cosi’ dinamica. Queste in fondo sono gia’ realta’ consolidate, e sono cosi’ gigantesche da non stimolare nemmeno all’azione o all’emulazione. Anzi: quasi intimidiscono. Solo a Mountain View Google impiega 13000 persone. E Facebook, pur non essendo ancora quotata in borsa, ha un valore di mercato stimato intorno ai 57 miliardi di dollari. Come puo’ un giovane che parte da zero pensare di arrivare fin li’? E come si puo’ pensare che venire in Silicon Valley si possano trovare le stesse condizioni che trovarono Sergey Brin e Larry Page 12 anni fa?
No, non si puo’. Anche perche’ la Silicon Valley e’ in constante trasformazione e molte cose sono gia’ cambiate e continuano a cambiare. Per capire come funziona oggi e’ piu’ utile farsi un giro tra i bar e i caffe’ in centro a San Francisco,nella zona di South of Market (o SoMA), che oggi pullula di iniziative imprenditoriali che muovono i primi passi.
Gia’, perche’ la Silicon Valley, con i suoi grandi spazi e le case piu’ costose del mondo, ormai attira le aziende quando sono gia’ cresciutelle. Le start up gia’ da qualche anno preferiscono il centro di San Francisco, dove si trovano spazi da affittare e condividere con altre giovani aziende e dove e’ piu’ facile e attrarre neolaureati. Non e’ un caso se le aziende piu’ giovani come Twitter o Zynga sono tutte a San Francisco, non a Santa Clara o San Jose.
In uno dei caffe’ di SoMA puoi vedere gruppetti di ragazzi, di quelli che noi siamo abituati a pensare rincretiniti sulle playstation, seduti invece a discutere idee imprenditoriali, prodotti e business plan. Ed e’ in uno di questi caffe’ che incontro Marco Zappacosta, 25 anni, co-fondatore e CEO di thumbtack.com, un sito che aiuta a trovare ogni genere di professionisti e servizi nella tua comunita’. Felpa col cappuccio, sorriso disteso e sguardo chiaro: Marco sembra un ragazzino del liceo, ma appena inizia a parlare viene fuori la grinta e l’esperienza di un imprenditore che ha gia’ tre anni di lavoro alle spalle, una dozzina di ingegneri da gestire qua a San Francisco e quasi ottanta community developer nelle Filippine. Una chiacchierata con lui e’ piu’ illuminante ed energetica dell’incontro con Brin e Page, perche’ ti fa entrare dentro i meccanismi delle start up di oggi e capire quante cose siano cambiate anche solo in pochi anni, e perche’, nonostante la crisi, la Silicon Valley sia attraente anche piu’ di prima per un giovane aspirante imprenditore. Il fatto e’ che con gli sviluppi degli ultimi anni i costi di start up per una internet company sono scesi moltissimo. Lo spazio sui server si “affitta” in base al consumo a costi ormai quasi irrisori e la facilita’ con cui molti servizi possono essere outsourced aiuta a crescere a costi limitati. I venture capital? E chi ne ha piu’ bisogno per partire. Con 300-500 mila dollari riesci a stare in piedi per i primi 18 mesi. Non sono cifre irrisorie, ma raggiungibili facendo leva su amici e business Angels. Gia’, gli “angeli” sono forse il vero motore della Silicon Valley di oggi. Li distingui dai manager delle banche e dei venture capitalists perche’ spesso non sono che altri ragazzi che hanno gia’ alle spalle esperienze imprenditoriali di vario successo e che si emozionano quando trovano altri aspiranti imprenditori da supportare e su cui investire un po’ dei soldi che magari hanno fatto con qualche societa’ andata bene.
Questi network di giovani imprenditori funzionano meglio di qualsiasi banca o venture capital. Si capiscono tra di loro, sanno annusare al volo l’idea potenzialmente vincente e il giovane con l’atteggiamento giusto per lavorare con gli altri e costruire un impero. E si stanno organizzando. Basta farsi un giro su angellist.co per farsi un’idea (si’, senza m finale, perche’ il .co costa meno del .com, come mi spiega Zappacosta) e per capire che qualcosa sta accadendo e per ritrovare personaggi notissimi e assai dinamici in Silcon Valley. Come Max Levchin, uno dei fondatori di PayPal (e di ameno un’altra dozzina di imprese, molte delle quali fallite, come ammette orgoglioso lui stesso). Oggi Max, dopo aver venduto la sua ultima azienda a Google, lavora li’ come vicepresidente dell’ Engineering, e nel frattempo cerca nuove idee e supporta 10-20 start up all’anno.
Certo, prima o poi arriva anche il momento di fare il grande salto, e di doversi rivolgere ad un vero e proprio venture capital, ma non e’ imprescindibile per iniziare come lo era ai tempi di Brin e Page, quando per partire serviva gia’ qualche milione di dollari. Quest’idea che la Silicon Valley sia retta solo dai venture capitalist e’ un altro mito che circola in giro per il mondo. Cosi’ come l’idea che si basi tutto solo su nerds e programmatori – ovvero le famose “code monkeys”, le scimmie che scrivono codici di programmazione di software. Niente affatto. Pur restando comunque un paradiso per le “scimmie”, la Silicon Valley oggi pullula di persone, manager e imprenditori con background diversissimi. Reid Hoffman, fondatore di LinkedIn, ha un master in filosofia a Cambridge, Tim O’Reilly, fondatore della O’Reilly Media e uno dei personaggi piu’ influenti della Silicon Valley e’ laureato in Lettere Classiche ad Harvard, Mark Pincus, fondatore e CEO di Zynga e’ laureato in economia, e pure Marco Zappacosta mi confessa di aver studiato Scienze Politiche e Scienze Cognitive a Columbia. Anche in questo la Silicon Valley e’ capace di sorprendere e sovverte molti luoghi comuni, dimostrando una flessibilita’ e un’abilita’ di valorizzare il talento al di la’ di schemi e stereotipi che raramente si trova altrove.
Ed e’ proprio questo quello che bisognerebbe andare ad imparare laggiu’: la capacita’ di lasciarsi alle spalle vecchi schemi e pregiudizi, abbandonare diffidenze e paure e imparare a dare sfogo alla propria curiosita’ e ai propri sogni. I rischi ci sono, ma tutto sommato sono limitati. In fondo, quando sei giovane e hai tutto da scoprire, cosa c’e’ da perdere?
L’unico vero rischio e’ quello di imparare a volare e non voler piu tornare indietro. E forse vale la pena correrlo.