La manovra che si sta configurando in queste settimane e’ un disastro su entrambi questi aspetti.
Sul fronte delle politiche sociali porta avanti a un duplice attacco alle famiglie e ai ceti più deboli: uno diretto che andrà a peggiorare i loro redditi con i tagli alle agevolazioni fiscali (da quelle sulla prima casa e sugli affitti, alle detrazioni per figli a carico, spese mediche, badanti, asili e così via), e uno indiretto, che attraverso i tagli agli enti locali li penalizzerà con una diminuzione di servizi importanti, dall’assistenza all’infanzia e agli anziani, ai disabili, etc.
L’impatto di queste misure sarà profondo a causa sia dell’entità dei tagli che, soprattutto, dei criteri con cui rischiano di essere operati. La manovra prevede tagli alle agevolazioni fiscali per 4 miliardi nel 2012 e 12 miliardi nel 2013 (che si aggiungono alla riduzione prevista dalla manovra di luglio pari a 4 miliardi nel 2013 e a 20 miliardi nel 2014). Tuttavia modalità e criteri di questi tagli sono ancora ignoti: la delega fiscale che dovrebbe definirli e’ ancora in alto mare, e, se tale delega non venisse varata entro settembre, gli ammontari previsti verranno coperti con tagli lineari del 5% nel 2013 e del 20% nel 2014, così come previsto dalla “clausola di salvaguardia”.
Sull’altro fronte, quello dell’accesso al lavoro e alle professioni non e’ stato fatto praticamente niente. La norma che dovrebbe mettere fine agli abusi sui tirocini non à che un ulteriore vincolo che, limitando la durata massima dei tirocini a sei mesi e irrigidendo i requisiti delle persone che possono accedervi, otterrà l’unico risultato di diminuire la disponibilità di questo strumento per i ragazzi. Per non parlare della liberalizzazione delle professioni, raccolta in un fumoso articolo in cui ogni riforma degli ordini viene demandata ad un provvedimento da adottare entro un anno, per il quale vengono indicati dei principi ispiratori.
E se in questo anno non si farà la riforma? In tal caso non e’ prevista nessuna “clausola di salvaguardia” come per le agevolazioni. Se non si farà niente, non succede nulla, la riforma si potrà fare dopo un altro anno, o due, o quando sarà comodo, con calma. In sostanza l’assetto degli ordini resta immutato. Dove avvengono quindi gli interventi di maggior liberalizzazione tanto sbandierati? Nelle professioni non regolamentate, tipo quelle del sommelier, del nutrizionista e poche altri. Non à un caso se Sacconi, che à uomo preciso, ha parlato di “liberalizzazione delle professioni non ordinistiche”. Un’astuta formula che serve a dire abbiamo fatto qualcosa senza aver, di fatto, cambiato niente di ciò che doveva esser cambiato. Come nelle nostre più radicate tradizioni.