Cari amici,
è stata un’estate molto difficile e complessa per la politica italiana e ancora oggi siamo con il fiato sospeso.
Nelle scorse settimane ho espresso contrarietà verso un accordo di governo con il Movimento Cinque Stelle, che ritenevo controproducente. Non ho la certezza di aver ragione, ma non ho cambiato idea. E non tanto per una questione di coerenza personale quanto per una preoccupazione di tipo politico.
Avendo osservato le politiche promosse dal Movimento Cinque Stelle e al loro modo di fare politica, faccio fatica ad immaginare che possa nascere un governo forte e duraturo. Spero di sbagliarmi, ma temo che si rivelerà fragile, che logorerà il Partito Democratico indebolendone il consenso e dando modo ai sovranisti di rafforzarsi per le prossime elezioni.
I primi e più forti sostenitori dell’accordo sono stati mossi dall’urgenza di allontanare Salvini dal Viminale e indebolirlo. Certamente oggi Salvini è più debole. Ma è possibile che tra pochi mesi, di fronte ad un governo disomogeneo e fragile, riprendano forza. Non solo: indebolire Salvini non significa indebolire le ragioni del suo consenso. Non è detto che non prendano fiato altre forme di populismo anti-democratico. La storia ci insegna che allearsi con i populisti di ieri per combattere i populisti di oggi non impedisce la creazione di nuovi populismi domani, spesso peggiori dei precedenti.
E’ accaduto anche ad inizio della scorsa legislatura: di fronte all’affermazione inaspettata del Movimento Cinque Stelle (esploso nel periodo in cui PD e Forza Italia appoggiarono il governo tecnico) il PD decise di fare un accordo con Berlusconi (a suo tempo considerato un “populista” e un demagogo) per un governo europeista che desse il tempo di far sgonfiare i “nuovi populisti” che avevano raggiunto il 25%. Nel 2018 Lega e Movimento hanno superato il 50%, mentre il PD è sprofondato al 18% (con FI al 14% e NCD scomparso).
Il punto è che certe tattiche possono rimandare il problema, ma non lo risolvono. E il ragionamento secondo cui “non è importante il consenso del PD, ma salvare il Paese dal pericolo sovranista” è fallace perchè non tiene conto che le due cose sono collegate. Per arginare populismo e sovranismo serve un partito democratico forte, che ritrova una sua ragion d’essere non solo nello stare al governo ma nella lotta politica e nella sua capacità di elaborare una proposta alternativa convincente. Quando le forze politiche democratiche ed europeiste si indeboliscono, si crea un’autostrada per i sentimenti populisti e anti-democratici, che troveranno comunque i loro “veicoli”, che si chiamino Grillo o Salvini.
Credo che abbia ragione Carlo Calenda quando dice che finchè il PD non ritrova la forza ed il coraggio di misurarsi con le radici del consenso sovranista e di lottare per sconfiggere queste forze sul piano politico, non andremo molto lontano. E mi dispiace che le sue argomentazioni siano state attaccate da una fetta del partito, derubricate a “polemica inutile” e non inserite in un dibattito interno più articolato.
Tuttavia, proprio perché sono convinta che serva un Partito Democratico forte, ho deciso, dopo lunga e sofferta riflessione, di non seguire la scelta di Carlo e restare nel PD.
Lo faccio consapevole delle difficoltà che dovrò affrontare nel misurarmi con un partito ancora influenzato da dinamiche interne spesso conflittuali, da procedure decisionali collettive indebolite dai protagonismi di alcuni leader. Ma lo faccio perché non voglio lasciare nulla di intentato e voglio insistere perché il PD diventi il partito che molti di noi avevano in mente sin dalla sua fondazione.
Lo faccio per continuare a portare al suo interno una voce liberale e democratica, svincolata da obblighi di corrente ma disposta a lavorare con chiunque nel partito condivida gli obiettivi di un’Italia più moderna, più competitiva e più giusta; per continuare a rappresentare tanti elettori che in questi anni mi hanno seguita, sostenuta in campagna elettorale e che in questi giorni mi hanno inondata di messaggi per chiedermi di restare a lavorare con loro e per loro.
E infine lo faccio anche perché ho apprezzato lo sforzo del segretario Zingaretti prima delle Elezioni Europee di allargare la base elettorale aprendo le liste a voci diverse e sensibilità diverse, incluso la mia, cercando di preservare l’unità del partito concentrandosi sugli obiettivi comuni anziché sulle cose che ci dividono. Un progetto che oggi è più importante che mai perché se dovessimo, come temo, tornare alle urne in tempi non troppo lunghi, dobbiamo lavorare tutti insieme, uniti, per essere pronti al prossimo appuntamento elettorale.
Questo è lo spirito con cui resto. Non posso promettere a nessuno fedeltà cieca o un “allineamento” di ogni mia idea a quella prevalente nel partito, perché ho sempre espresso liberamente le mie idee e continuerò a farlo, ma vi garantisco che lo farò in modo trasparente, corretto e leale. Sono convinta che l’unità non si costruisce silenziando i dissensi, ma lavorando insieme per trovare convergenze.
Per questa stessa correttezza vi anticipo che, pur non facendo la stessa scelta di Carlo Calenda, continuerò a collaborare con lui e con Siamo Europei sul fronte dell’elaborazione di idee, attraverso iniziative comuni che mobilitino energie della società civile, dell’associazionismo, del mondo del lavoro e delle imprese.
Lo farò perché credo fermamente che il rafforzamento del PD passi attraverso questo genere di apertura e per contribuire a portare dentro al PD idee e riflessioni che esulano dai luoghi tradizionali della politica. Spero che potremo continuare a lavorare tutti insieme per realizzare questo progetto.
Irene