Oggi la Commissione Lavoro della Camera dei Deputati ha approvato la mia risoluzione sul caso dell’azienda K-Flex, per sollecitare una riapertura del tavolo tecnico presso il Ministero dello sviluppo economico e anche per sollecitare, in caso di conferma dei licenziamenti, la restituzione dei finanziamenti pubblici ricevuti e vincolati alla creazione/sostegno dell’occupazione di cui ha fatto uso la K-Flex. La stessa azienda, la K-flex, che oggi, dopo aver beneficiato di questi finanziamenti, licenzia lavoratori in Italia per delocalizzare tutta la produzione all’estero. Lo Stato non può naturalmente obbligare un’azienda a produrre in un luogo anziché in un altro, ma può chiedere che le aziende che non mantengono gli accordi fatti per ricevere finanziamenti pubblici restituiscano poi i soldi ricevuti.
Di seguito il testo della mia risoluzione.
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La XI Commissione,
premesso che:
la società Isolante K-Flex, fondata nel 1989 in Lombardia, nel comune brianzolo di Roncello, è un’azienda italiana operante nel settore industria gomma-plastica, specificatamente nel settore della produzione e vendita di prodotti isolanti in gomma ed in particolare dell’isolamento termico e acustico;
nel corso degli anni, sono stati aperti impianti produttivi in tutto il mondo, trasformando l’impresa in un gruppo multinazionale operante in 10 Paesi, con oltre 1.500 addetti ed 11 impianti produttivi localizzati in Italia a Roncello (Monza Brianza), Usa, Polonia, Russia, Malesia, Dubai, Cina (2 impianti), India, Regno Unito e Francia;
il personale occupato presso lo stabilimento italiano è composto da 243 dipendenti complessivi, di cui 231 lavoratori a tempo indeterminato e tempo pieno e 12 lavoratori a tempo indeterminato part-time;
dal 24 gennaio 2017, i dipendenti della K-Flex S.p.A. sono in presidio permanente davanti ai cancelli dell’azienda per impedire l’ingresso dei camion e l’uscita di merce e macchinari, temendo che la proprietà voglia delocalizzare gli impianti e la produzione nella stabilimento in Polonia;
in data 8 febbraio 2017, l’impresa ha comunicato, ai sensi degli articoli 4 e 24, comma 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223 alle organizzazioni sindacali l’avvio della procedura di licenziamento collettivo per riduzione del personale in ragione della «necessità e l’urgenza di procedere ad una riduzione collettiva del proprio personale dipendente con la conseguente risoluzione del rapporto di lavoro con n. 187 lavoratori, di cui n. 2 dirigenti, n. 21 impiegati, n. 36 intermedi, n. 128 operai, corrispondenti all’intera forza lavoro relativa ai reparti produttivi diretti, di assistenza alla produzione, e parzialmente ai servizi amministrativi, logistici, commerciali ed accessori, a causa della totale cessazione dell’attività produttiva»;
le organizzazioni sindacali hanno fatto presente che:
a) tre anni fa, nonostante il bilancio in utile, l’impresa aveva già licenziato 46 lavoratori;
b) il 28 dicembre 2016, in sede aziendale, era stato firmato un accordo con il quale l’azienda si impegnava a non ridurre il personale per il 2017;
c) l’impresa avrebbe attualmente un fatturato di 320 milioni di euro, con l’obiettivo di arrivare, nel giro di qualche anno, a circa 500 milioni di euro di fatturato;
d) l’azienda effettua tante esportazioni e ha fatto ampiamente ricorso alle ore di straordinario;
e) l’azienda ha beneficiato negli anni di incentivi pubblici (quantificati dall’azienda in circa 7 milioni), oltre alle partecipazioni azionarie della Simest (controllata da Cassa depositi e prestiti) nelle aziende all’estero;
la decisione di procedere ad un massiccio licenziamento collettivo, peraltro, pare poggiare, a quanto consta ai presentatori del presente atto, su presupposti e previsioni che non appaiono conformi con gli indicatori delle principali agenzie internazionali sulla congiuntura economica nazionale, europea e mondiale, laddove si consideri che così viene motivata: «Inoltre, la situazione di crisi nazionale ed internazionale ed i suoi imprevedibili sviluppi rendono oggi impossibile individuare, anche approssimativamente, il momento di una generale inversione di tendenza dell’andamento economico sopra descritto»;
nonostante l’immediata disponibilità del Governo ad avviare un tavolo tecnico di confronto con l’impresa e le organizzazioni sindacali, la dirigenza della K-flex S.p.a. ha dichiarato che «non avendo novità da comunicare riguardo alla propria decisione di cessare l’attività produttiva del sito di Roncello già espressa nel corso dell’incontro del 3 marzo 2017, ritiene non opportuno partecipare all’incontro del 15 marzo 2017»;
l’8 marzo 2017, in occasione di una risposta ad un atto di sindacato ispettivo, il Ministro dello sviluppo economico ha affermato che «Va detto che K-flex è una multinazionale che opera in 10 Paesi, con oltre 1.500 addetti, e non è, pertanto, un’azienda in crisi come mostrano gli stessi bilanci che evidenziano, tra l’altro, investimenti in crescita. Tra il 2007 e il 2012, Simest ha supportato il processo di crescita internazionale di K-flex attraverso la partecipazione a cinque operazioni di aumento di capitale, per 17,2 milioni, e attraverso un fondo di venture capital per 5 milioni destinati a Paesi strategici quali gli Emirati Arabi Uniti, la Cina, l’India e la Malesia. … Il quadro di valutazione che emerge alla luce di queste considerazioni rende del tutto incomprensibile e non giustificata la decisione di cessare l’attività produttiva nello stabilimento italiano, quando, come risulta dagli accordi sottoscritti, vi erano impegni a non licenziare e ad avviare una riorganizzazione che avrebbe reso ancora più competitivo il sito»;
in tale sede, è stato inoltre ricordato come la medesima impresa abbia beneficiato, tra l’altro, di un contributo, non ancora erogato, pari a 1,2 milioni di euro sul bando Horizon 2020. Contributo per il quale vige il vincolo della non delocalizzazione;
oltre alla ricerca delle necessarie iniziative finalizzate a scongiurare la pesante perdita occupazionale prospettata dalla società nell’unico stabilimento italiano di Roncello, in una provincia, che negli ultimi anni, ha visto un considerevole ridimensionamento del suo tessuto produttivo, la vicenda della K-flex S.p.A., così come quella di molte altre aziende, evidenzia la necessità di un ripensamento complessivo del sistema di intervento pubblico a sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese italiane, per scongiurare che una giusta ed auspicabile finalità possa precostituire, medio tempore e contro la volontà delle istituzioni, le condizioni per operazioni di delocalizzazione,
impegna il Governo:
a proseguire nell’azione di sollecitazione per un serio confronto presso il tavolo tecnico costituito in sede ministeriale con i vertici dell’azienda e le organizzazioni sindacali, finalizzato alla salvaguardia degli attuali livelli occupazionali, anche attraverso il ricorso agli opportuni ammortizzatori sociali;
nel caso specifico dell’impresa citata in premessa e più in generale, ad assicurare una puntuale e rigorosa applicazione della disciplina in materia di misure per l’internazionalizzazione delle imprese, finalizzata a garantire i livelli occupazionali nel nostro Paese;
a riferire annualmente alle competenti commissioni parlamentari sull’andamento occupazionale delle imprese che hanno beneficiato degli strumenti di sostegno finanziario all’internazionalizzazione del sistema produttivo italiano.