Grazie Signor Presidente.
Onorevoli colleghi, Signor Commissario,
240 miliardi di dollari: a tanto ammonta, secondo le stime dell OCSE, l’elusione fiscale delle imprese multinazionali.
Alcuni ricercatori dell’Università di Berkeley e dell’Università di Copenhagen hanno stimato che nel 2016, il 40% dei profitti delle grandi aziende – circa 650 miliardi di dollari – sono stati trasferiti in paradisi fiscali.
Per molti Paesi, ciò si traduce in una ingente perdita di entrate di natura tributaria che potrebbero essere invece investite in settori sempre più in sofferenza come l’istruzione, la sanità, il sistema pensionistico, per non parlare degli investimenti nelle infrastrutture materiali e digitali, nella Ricerca e Sviluppo: tutte azioni di cui beneficiano persone e aziende, dalla più piccola alla più grande.
Tutti dovrebbero contribuire. Ma mentre i cittadini, i consumatori e le piccole e medie imprese continuano a contribuire pagando la loro porzione di tasse (che in alcuni casi superano anche il 40% effettivo), molte aziende multinazionali non fanno lo stesso.
Questo non è più accettabile.
Questa situazione non crea solamente problemi di giustizia sociale, ma genera anche distorsioni di mercato e concorrenza sleale. Parliamo spesso di creare una “parità di condizioni”, ma l’attuale sistema fiscale è evidentemente impari.
Si, dobbiamo premiare l’efficienza e l’innovazione. Ma ciò deve avvenire in un quadro fiscale che applichi le stesse regole a tutti i soggetti.
Per questo motivo, condividiamo l’impegno di 135 Paesi che stanno negoziando – in seno all’OCSE – una riforma che possa rispondere a tale urgente sfida.
A nome della Commissione ECON, desidero presentare oggi una Risoluzione e un’interrogazione orale su questa riforma, e sollecitiamo la Commissione e gli Stati Membri ad agire e concordare una posizione condivisa e ambiziosa in questi negoziati.
Desidero ringraziare il Commissario per essere qui oggi e per essersi reso disponibile a rispondere alle nostre domande:
1) In che modo la Commissione intende assicurare una posizione comune europea nelle discussioni internazionali sulle sfide poste dalla digitalizzazione dell’economia in materia fiscale?
2) In che modo la Commissione intende assicurare che le discussioni internazionali in corso sul Pilastro I siano coerenti e in linea con le proposte UE in materia? La Commissione che impatto prevede specialmente sul fronte della riscossione da parte degli Stati Membri?
3) In che modo la Commissione sta predisponendo l’implementazione dei risultati derivanti da tale accordo internazionale? E nel caso di un mancato accordo, quando e in che forma la Commissione si impegnerà per garantire una risposta europea condivisa e coordinata?
Il Parlamento si aspetta un ruolo attivo da parte della Commissione: l’Europa può giocare un ruolo fondamentale nel definire questo dibattito solamente se rimaniamo uniti, esprimendoci con una sola voce. A tal proposito, il Parlamento intende esprimere la propria posizione su due punti specifici:
Primo, bisogna riformare l’assegnazione dei diritti di tassazione – andando oltre il concetto della presenza fisica – per includere tutte le grandi aziende che hanno un contatto e un’interazione attiva con clienti e utilizzatori finali, anche in termini digitali;
Secondo, incoraggiamo ad “individuare un tasso minimo equo e sufficiente a disincentivare il trasferimento dei profitti e prevenire danni alla concorrenza fiscale”. A tal riguardo, il minimo attualmente previsto non è più accettabile: secondo le statistiche dell’OCSE, in alcuni Paesi si arriva essenzialmente allo 0%.
Consentitemi di concludere, Signor Commissario e onorevoli colleghi, evidenziando che è ora di modernizzare le nostre regole fiscali per assicurare che le grandi aziende paghino quanto dovuto li dove il valore è creato e dove si svolge l’attività economica.
Non dobbiamo limitare la digital economi, ma dobbiamo intervenire su tutte le aziende che trovano modalità per eludere le tasse.
L’attuale sistema fiscale internazionale crea distorsioni alla concorrenza tra attori economici e dobbiamo ristabilire “pari condizioni” nel mercato; priva gli Stati della propria sovranità nel decidere di tassare le aziende per finanziare i servizi pubblici – gli stessi servizi di cui anch’esse di avvalgono. E soprattuto, genera diseguaglianze ponendo larga parte del peso contributivo sui contribuenti meno mobili: lavoratori e consumatori.
I nostri cittadini chiedono una giustizia fiscale ed è ora di fornire loro una risposta.