Onorevole Tinagli, sono passate 24 ore da quello che Letta ha chiamato un «successo inaspettato». Qual è stata la ricetta per la resurrezione del Pd?
«Prossimità, concretezza, serietà e inclusione. I nostri candidati sono persone competenti, radicate nei territori, e hanno fatto campagna concentrandosi sui programmi. Anche il nostro segretario ha scelto questa linea nel suo collegio di Siena, una campagna elettorale porta a porta e centrata sui contenuti. Credo abbia pagato anche la nostra capacità di allargamento e inclusione: abbiamo dimostrato che si vince quando ci si apre alle forze della società civile e alle altre forze politiche che condividono i nostri valori. Infine, non sottovaluterei la serietà e la coerenza con cui il Partito Democratico ha aiutato il Paese a uscire dalla crisi, senza ambiguità, senza mai lisciare il pelo ai No vax».
Salvini appare indebolito, è una buona notizia per Draghi?
«Alla fine non mi pare che Salvini abbia influito così tanto sulle politiche del governo. Cambia posizione continuamente a seconda dei trend del giorno, e alla fine incide poco. Anche i suoi elettori se ne sono accorti».
Non sarebbe meglio, come sogna Letta da tempo, che la Lega uscisse da governo e maggioranza, soprattutto dopo il clamoroso strappo sulla delega fiscale?
«Questo governo è stato voluto dal presidente Mattarella per consentire all’Italia di portare il Paese fuori dalla crisi pandemica e di utilizzare al meglio, sino all’ultimo centesimo, i fondi europei contenuti nel Pnrr. Io mi auguro che tutti sentano questa responsabilità. Se la Lega, in calo di consensi, vuole uscire da questo governo è bene che lo dica».
Torniamo alla vostra strategia. Lo slogan è «uniti si vince» e il Pd come perno di una larga alleanza progressista. Concorda?
«E’ la conferma della linea suggerita dal nuovo segretario Letta sin dal suo discorso di insediamento e per la quale tutti abbiamo lavorato e continueremo a lavorare».
Ma l’alleanza rischia di non saldarsi o di dimagrire. Se il modello è il «tutti dentro» adottato a Siena e a Bologna, i 5Stelle potrebbero evaporare del tutto e Calenda e Renzi inseguire sogni centristi…
«Il modello non è tutti dentro, ma la costruzione di un’alleanza forte e competitiva che condivide obiettivi e programmi e che si propone come forza di governo del Paese alternativa alle destre».
C’è anche la questione dei nuovi rapporti di forza. Letta ha detto che con i 5Stelle si apre una fase nuova, che sarà lui il federatore, quello che indicherà la rotta. E’ così?
«Ho sempre sostenuto che il Pd dovesse essere il perno della coalizione di centrosinistra e Letta il vero federatore di tale alleanza. I dati di ieri confermano che la pensano così anche milioni di elettori e non può che farmi piacere».
Conte non rischia di prenderla male?
«Noi stiamo facendo questo processo con spirito inclusivo e senza arroganza. Chiunque condividerà il progetto di un’Italia che intraprende un percorso di modernizzazione e crescita fatto di investimenti e riforme ma anche di solidarietà e sostenibilità avrà modo di dare un contributo importante».
Come spiega il M5S in caduta libera quando ha corso da solo, mentre ha «mostrato migliore salute» dove si è alleato con il Pd?
«Le persone vogliono vedere forze politiche capaci di lavorare insieme. L’affidabilità e la forza trainante del Pd rende più attrattiva tutta la coalizione».
Il suo segretario ha agganciato la vittoria del centrosinistra nelle grandi città al successo della Spd in Germania. Pensa si sia alzato in Europa un vento socialdemocratico?
«La crisi del Covid ha avuto due effetti in Europa: da un lato messo in un angolo tutte le forze populiste cresciute su fakenews e spinte antiscientifiche, facendo ritrovare fiducia nelle forze più responsabili. Dall’altro lato la crisi del Covid ha riportato l’attenzione sui temi sociali tipici dei partiti progressisti: la salute, la pubblica istruzione, la protezione dei lavoratori e il sostegno delle imprese nei momenti di difficoltà, oltre ovviamente ad una forte solidarietà europea».
I buoni risultati del Pd hanno come riflesso la dura sconfitta dei populisti e sovranisti.
«All’inizio di ogni crisi i populisti tendono a guadagnare consenso perché parlano alla pancia delle persone in difficoltà, facendo leva sulle difficoltà dei cittadini. Quando si tratta di trovare le soluzioni entra in campo la responsabilità delle forze democratiche e liberali. Alla fine i cittadini si fidano dei candidati e dei partiti seri e competenti. Questa è stata e sarà la forza del Pd a guida Letta».
L’elettorato attratto dai populisti è rimasto a casa, l’astensione ha raggiunto livelli record. Crede che le prossime elezioni saranno vinte da chi riuscirà a conquistare questi elettori?
«Quando i cittadini decidono di non votare manifestano un disagio che deve rappresentare un messaggio, un campanello di allarme per tutti. L’elettorato attratto dai populisti, che a questo giro non ha votato, vive soprattutto in periferia, dove le conseguenze della crisi che ha accompagnato la pandemia si è fatta più sentire. Sono certa che se ben utilizzate, le risorse messe in campo dall’Europa con il Pnrr, serviranno proprio a dare delle risposte concrete anche a quelle comunità e far recuperare fiducia nella buona politica e nelle istituzioni».
Letta ha detto a caldo: «Abbiamo dimostrato di poter vincere». Comincia a esserci voglia di elezioni anticipate anche al Nazareno?
«Noi abbiamo sempre detto che questo governo deve lavorare per il bene del Paese fino alla fine, a differenza di altri non facciamo doppi giochi né cambiamo opinione a seconda di sondaggi o risultati locali. Siamo ovviamente felici di essere tornati in sintonia col Paese, e anche per questo rinnoviamo il nostro impegno a sostenere il governo nella ripresa fino a fine legislatura».