“Il carrello Tricolore voluto dal governo Meloni è una camomilla contro l’inflazione, soprattutto ora che il conflitto in Israele rischia di fare esplodere il problema energetico”. Irene Tinagli, eurodeputata del Pd, mette in fila le ragioni dell’allarme.
Tinagli, i prezzi dell’energia tornano a spaventare?
“Sì. Tornano a spaventare e non soltanto noi italiani. È l’ennesimo monito. La strategia della diversificazione dei fornitori di gas che avevamo fatto al tempo della aggressione russa all’Ucraina, è stata necessaria ma non è stata sufficiente. Ora dobbiamo capire che l’unico modo per tenerci al riparo dalle turbolenze geopolitiche è imboccare una strada che spinga sulle rinnovabili e verso un mix energetico che ci renda più autonomi”.
È lo stesso ministro Adolfo Urso a sollevare l’allarme?
“È evidente che una nuova crisi energetica sarebbe devastante per le tante imprese del nostro Paese, che già oggi fronteggiano costi altissimi. Bisogna spingere di più, da un lato per diminuire la dipendenza dalle fonti fossili, che arrivano peraltro da aree geografiche instabili, dall’altro per stimolare un migliore efficientamento energetico delle nostre imprese. Perciò sarebbe prioritario un piano per la trasformazione ecologica del mondo produttivo con l’efficientamento, producendo propria energia o trasformando i processi per ridurre i consumi. Quando oltre un anno fa, chiedevamo un piano industria 4.0 per la transizione ecologica, chiedevamo questo. Servono investimenti”.
pezzi Israele
L’attacco di Hamas a Israele e la risposta israeliana e le conseguenze che avranno per noi, rendono insufficienti le misure del governo in particolare contro l’inflazione?
“Come abbiamo appena detto, è molto probabile che ci saranno nuovi problemi sui costi dell’energia e del petrolio. Aumenteranno perciò sia i costi di produzione che di trasporto e questo si rifletterà sui prezzi finali e sull’inflazione. Di fronte a queste dinamiche, il carrello Tricolore è del tutto insufficiente: è una camomilla. Ci vogliono interventi mirati, laddove le ripercussioni saranno maggiori. Perciò, insisto, la spinta sulle rinnovabili è decisiva. Insieme a altri interventi”.
Quali?
“Investire sulle infrastrutture che consentano di valorizzare il trasporto sul ferro, riducendo quello su gomma; sbloccare i provvedimenti attuativi per far partire le comunità energetiche; riprendere i provvedimenti di semplificazione avviati dal governo Draghi per accelerare la realizzazione dei progetti del Pnrr sul fronte ‘green’, molti dei quali sono bloccati, così come molte autorizzazioni per investimenti aggiuntivi sulle rinnovabili. Un Paese come l’Italia non può arginare ogni cosa con i bonus, perché servono interventi più strutturali. Bisogna ad esempio, accelerare lo sblocco autorizzativo sia per le rinnovabili che per qualsiasi progetto di efficientamento energetico”.
Non ci sarà una risoluzione comune, bipartisan su Israele: è una occasione mancata? Sarebbe stato importante farla?
“Sì, sarebbe stato un bel segnale e avrebbe dato più forza a un messaggio politico che comunque resta. Sulla condanna dell’attacco e sulla solidarietà a Israele entrambe le risoluzioni, sia quella di maggioranza che quella comune delle opposizioni Pd-Avs-M5Stelle e anche le altre, convergono. E questo è importante”.
Sul blocco degli aiuti a Gaza è saltata la mozione bipartisan ed è partito lo scontro. Ma gli aiuti umanitari vanno garantiti, non crede?
“Assolutamente sì. Non è con la ritorsione verso i civili che si risolve il problema, anzi. Non solo si violerebbe il diritto internazionale, ma si alimenterebbe una escalation in quell’area, rendendo più difficile ogni negoziato”.