Irene Tinagli, eurodeputata del Pd e presidente della Commissione degli Affari economici al Parlamento Ue, sul Mes la destra si è spaccata. Che segnale arriva a Bruxelles?
“Che c’è una maggioranza allo sbando, senza una linea politica chiara. Un problema grosso come una casa, anche di credibilità e di autorevolezza, che non scopriamo oggi: da mesi c’è un ministro che si presenta all’Ecofin e discute, negozia, tratta. Poi dopo un’ora partono i comunicati o le conferenze stampa di Salvini e Meloni che fanno a gara a chi la spara più grossa, dicendo l’esatto opposto. Questo non aiuta Giorgetti, ma soprattutto non aiuta l’Italia”.
Che ripercussioni possono esserci?
“Ci sono già state. L’abbiamo visto con la trattativa sul Patto di stabilità. L’Italia è stata lasciata ai margini in questo negoziato, gestito da Francia e Germania. Il voto sul Mes è un peccato anche per l’Ue: l’Italia è un Paese fondatore, una delle prime economie. Potrebbe dare un contributo fondamentale a tanti dibattiti, invece non incide”.
Anche le opposizioni si sono divise sul Mes. Il vostro principale alleato, il M5S, ha votato all’opposto del Pd. Che problema politico pone, anche in ottica futura di alleanze?
“Nei governi Conte, sia il primo che il secondo, quella riforma è stata negoziata. Sono un po’ sorpresa, ma neanche tanto, che Conte abbia cambiato opinione, faranno fatica a spiegarlo. Ma il Pd ha mantenuto la sua parola, noi siamo persone serie, andiamo avanti. Alle Europee poi non si pone il tema delle alleanze”.
L’Italia quanto ha perso nella trattativa sul Patto di stabilità?
“Di sicuro non ci ha guadagnato. Avrebbe potuto avere più flessibilità e una governance del Patto che avesse regole più lungimiranti. Era nell’interesse di tutta l’Ue, non solo dell’Italia. La destra ha preferito una battaglia di piccolo cabotaggio, per dare un po’ di margine al governo Meloni nei prossimi 2-3 anni. Ma l’interesse di questo governo non coincide con quello del Paese, nel medio e lungo periodo. Le regole del vecchio patto, pur essendo sulla carta più impegnative di quelle nuove, erano accompagnate da una serie di scappatoie in fase di attuazione. Le nuove clausole, al contrario, danno meno margini di fuga nella fase di implementazione. Il vero impatto lo vedremo nei prossimi anni”.
La proposta della Commissione Ue era migliore?
“Assolutamente sì. Prevedeva un aggiustamento del debito più graduale, una personalizzazione di questo percorso di rientro in base al profilo di ogni Paese. Il mio timore è che saltino gli investimenti nella crescita nei prossimi 10-15 anni”.
Come voterà il Pd in Europarlamento sul testo finale del Patto?
“Dipende da come finirà la trattativa. Il testo dell’Europarlamento è molto diverso da quello del Consiglio, ora partirà un negoziato tra le due versioni. Vedremo quello che esce fuori. Di certo per il Pd l’accordo del Consiglio è indigeribile”.