Boeri per chiedere chiarimenti sugli effetti del decreto 564/1996 che ha permesso a dirigenti e dipendenti sindacali in distacco di avere una pensione integrativa attraverso il pagamento anche di un solo mese di contributi da parte delle organizzazioni sindacali. Si tratta di una norma che probabilmente aveva buone intenzioni (garantire a chi magari aveva trascurato la carriera per fare un’attività di interesse pubblico come quella sindacale di avere comunque una pensione dignitosa) ma che ha creato spazio per abusi, dando vita ad ingiustizie e privilegi. Negli ultimi anni vi sono stati articoli giornalistici che hanno denunciato alcuni casi veramente eclatanti. Tuttavia, in mancanza di dati e statistiche, era difficile capire se si trattasse, appunto, di pochi e isolati abusi (come sostengono i sindacati) o se si trattasse di un fenomeno più diffuso.
La nostra lettera voleva far luce proprio su questo ed avere informazioni certe su tre elementi: il numero dei sindacalisti che hanno usufruito della norma, la durata del tempo medio del distacco e il costo aggiuntivo che la norma ha causato all’Inps, dalla sua entrata in vigore fino alla riforma del sistema pensionistico del 2012.
Il Presidente ieri ci ha risposto, fornendoci alcuni dati interessanti.
In sintesi secondo le banche dati INPS, al 2013 sono 4914 i sindacalisti che hanno beneficiato della norma contenuta nel decreto legge 564/1996. La durata media del distacco o aspettativa sindacale è di 4 anni. Certamente più dei pochi mesi denunciati dagli articoli giornalistici focalizzati sui casi più eclatanti, ma comunque non molto rispetto alle “anzianità” contributive richieste nella maggior parte delle forme previdenziali obbligatorie ed integrative. Un dato medio così basso fa pensare che l’abuso della legge vada ben oltre i “pochi casi isolati”. E fa anche pensare che forse quella legge avrebbe bisogno di una piccola revisione.
Purtroppo l’INPS non è in grado di stimare con esattezza il costo aggiuntivo di tali abusi sulle casse dello Stato (si tratta in effetti di un calcolo molto difficile da realizzare), ma alcune simulazioni che l’INPS ha fatto nell’ambito dell’iniziativa “Porte Aperte” rivelano dati molto interessanti, mostrando come in alcuni casi i sindacalisti che hanno beneficiato di tale norma abbiano potuto usufruire di pensioni ”maggiorate”, in media, di quasi il 30%, e in alcuni casi anche molto più, persino del 60%.
Un ultimo chiarimento: l’obiettivo della nostra lettera, così come l’obiettivo dell’operazione “Porte Aperte” dell’INPS, non è quello di mettere sotto accusa questa o quella categoria di lavoratori o pensionati, ma mostrare come un sistema previdenziale che per decenni è stato strenuamente difeso da alcuni politici e sindacalisti come strumento di equità e solidarietà, in realtà si sia rivelato esattamente l’opposto: uno strumento che ha creato piccole e grandi sacche di inefficienza (andate vedere le condizioni e i costi dei vari fondi previdenziali analizzati da Porte Aperte), creando ingiustizie e spazi per abusi silenziosamente tollerati da più parti, scaricando per di più gli enormi costi di tali inefficienze sulla collettività – e in particolare alle generazioni future.
Non è possibile, oggi, rettificare le distorsioni del passato, nè eliminare o rimodulare le erogazioni previdenziali già in atto basandole su nuovi calcoli. Ma è possibile portare avanti un’operazione di trasparenza, di informazione, per diffondere una maggiore consapevolezza in merito alle conseguenze di scelte sbagliate del passato di cui nessuno si è mai assunto la responsabilità. Sperando che possa servire a non ripetere certi errori in futuro e ad utilizzare sempre meglio le risorse pubbliche.