Ancora non se ne parla molto, ma presto approderà in Aula una proposta di cui si sta parlando in Commissione alla Camera dei Deputati e che farà discutere. Le proposte di legge sono, in verità, piuù di una, ma vertono tutte attorno al medesimo argomento: come prevenire e scovare abusi e maltrattenti nei confronti di persone incapaci di reagire come i bambini piccoli, gli anziani ammalati o i disabili che si trovino in istituzioni che dovrebbero aiutarli e proteggerli.
Le idee principali che emergono dalle proposte sono essenzialmente due: sottoporre gli operatori a test psicoattitudinali per verificarne la capacita’ di reggere compiti particolarmente delicati e complessi da un punto di vista psicologico ed emotivo, ed installare dei sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso che possano essere utilizzati dai Comuni (responsabili di tali strutture) e della autorita’ competenti. Abbiamo da poco iniziato in Commissione le audizioni di esperti, associazioni e sindacati, e mi sembra che su questo tema vi siano visioni molto contrastanti, che ne renderanno l’iter assai tormentato e complesso.
Da un lato infatti vi sono i sindacati, che rifiutano qualsiasi tipo di controllo sui lavoratori e anche qualsiasi forma di test psicoattitudinale (poichè andrebbe ad aggravare il processo di selezione che in alcuni casi già prevede un concorso). I sindacati chiedono invece forme contrattuali piu’ stabili e condizioni di lavoro migliori per gli operatori come unico metodo per prevenire situazioni di stress. Alcune associazioni temono che il sistema potrebbe inficiare il rapporto di fiducia tra genitori e operatori. Altre, invece, sostengono al contrario che un sistema di selezione degli operatori e di sorveglianza piu’ puntuale possa rinsaldare la fiducia e far “stare tranquilli”. Personalmente credo che dobbiamo fare molta attenzione a due aspetti: il primo riguarda la soluzione “tecnica” che si vuole adottare: alcuni parlano di webcam, altri di videocamere a circuito chiuso. Sono due cose molto diverse.
Non possiamo immaginare di trasformare le lezioni o il lavoro di professionisti in delle specie di “reality show” in streaming (come vorrebbero alcuni genitori, che vorrebbero poter vedere in tempo reale sui loro smartphone cosa accade dentro l’asilo), o in video accessibili da chiunque senza le necessarie precauzioni e tutela della privacy delle persone coinvolte. Da questo punto di vista, pero’, gli esperti ci hanno parlato di soluzioni che mi sembrano ragionevoli. Per esempio la possibilità di installare delle videocamere criptate, che registrano immagini che possono essere codificate solo dalla polizia e solo dopo che sia scattata una denuncia. Questo consentirebbe di evitare abusi delle immagini e violazioni dei diritti degli operatori.
Seconda considerazione: credo che dovremmo evitare di piegare questo argomento cosi’ delicato a ragioni politiche o ideologiche. Per intenderci: non credo sia utile affrontare questo argomento guardando solo allo Statuto dei Lavoratori (che comunque già adesso consente, a determinate condizioni, la videosorveglianza in molti luoghi di lavoro), ignorando il senso di insicurezza, impotenza e paura in cui vivono molte famiglie. Cosi’ come trovo inutile e pericoloso cavalcare questa paura, e cercare di assecondarla in modo approssimativo proponendo qualsiasi cosa senza nemmeno interrogarsi sulla efficacia delle soluzioni proposte e su tutte le loro implicazioni. Nel dibattito che ho ascoltato finora, per esempio, nessuno si e’ interrogato su come funziona in altri paesi, di se e come siano stati implementati sistemi di controllo e videosorveglianza, con quali tecniche e quali conseguenze (anche economiche: per un sistema efficace si dovranno non solo tappezzare di videocamere criptate e molto costose migliaia e migliaia di scuole e istituti, ma anche provvedere alla loro manutenzione, all’immagazzinamento e conservazione dei dati etc.: se vogliamo essere seri occorre quantificare tutto e trovare le coperture). Ho condotto una breve ricerca e mi sembrano ancora pochi gli studi scientifici e le esperienze codificate in questa delicata materia. Continuero’ ad approfondire e chiedo a chiunque possa avere conoscenza di studi o papers di segnalarmeli. Intanto, ho proposto al relatore una possibile soluzione per evitare che legge si areni o cada sotto i colpi di veti incrociati: proporre una sperimentazione seria, fatta bene e con tutti i criteri delle sperimentazioni scientifiche, che per un anno ci consenta di valutare tutti gli effetti (sugli operatori, sugli ospiti delle strutture e delle loro famiglie) di sistema innovativi di selezione degli operatori e di videosorveglianza nei luoghi in cui ci si prende cura di persone indifese. Una sperimentazione che consentirebbe di identificare la migliore soluzione e di superare pregiudizi ideologici e paure incontrollate da una parte e dall’altra, e che possa servire come base per una legge fatta veramente bene che sia anche, perche’ no, di esempio per molti altri Paesi. Al momento e’ solo un’idea, vedremo come evolvera’ il dibattito parlamentare. Qualsiasi idea, esperienza o suggerimento e’ benvenuto. A questo link una intervista del relatore, Antonio Boccuzzi, che spiega le varie criticità e cita anche l’ipotesi della sperimentazione.