Signor Presidente, signor Ministro, questa legge delega che stiamo discutendo e che ci accingiamo a votare segna davvero un profondo cambiamento e una profonda innovazione di quello che è il mercato del lavoro e la situazione anche di milioni di giovani che hanno sofferto in questi anni una regolamentazione del mercato del lavoro che gli era totalmente ostile. Questa riforma, anche per rispondere all’onorevole Calabria, al contrario di quanto ella sostiene, prende atto della situazione attuale del mercato del lavoro, del mondo internazionale, della competitività internazionale delle imprese.
Ed è proprio da lì che parte, dalla esigenza, dal bisogno di dare delle risposte concrete, non ideologizzate, in grado di venire incontro alle esigenze sia delle aziende e del mondo produttivo sia dei lavoratori e delle persone che in tutti questi anni sono state abbandonate.
Questa è una situazione che non è più tollerabile. Prende atto, come dicevo, del superamento del concetto del lavoro e del diritto al lavoro come tutela del posto di lavoro, come tutela di un posto di lavoro che non si può più toccare, passando da quella nozione alla nozione di tutela del lavoratore.
Cioè, si aiuta il lavoratore ad essere occupabile, a ritrovare un nuovo lavoro quando nell’azienda in cui è impiegato non è più possibile essere occupato. Questa è la concezione di tutela di diritto al lavoro che noi accogliamo in questo disegno di legge delega e che rivoluziona la logica e la cultura del lavoro del nostro Paese. Quindi, si supera quello che viene chiamato «il regime della job property». Non è una proprietà il posto di lavoro, ma è un diritto avere i servizi, avere le condizioni per potere essere occupabili, per potere ritrovare il lavoro, per non dovere subire la flessibilità che oggi c’è ed è richiesta alle imprese nel mondo del lavoro. D’altronde, non si potrebbe pensare, non sarebbe immaginabile che l’azienda, le aziende, in generale, nel sistema della competizione internazionale di oggi, non avessero la possibilità di riconfigurare i propri organigrammi, il proprio personale per venire incontro a dei cicli economici, che cambiano con una fretta molto maggiore rispetto al passato, a delle innovazioni tecnologiche che costringono le imprese a riconfigurarsi, a cambiare produzione, a cambiare prodotti, a cambiare mercati.
Quindi, di fronte a questa flessibilità, che è necessaria all’impresa, non si può rispondere con una normativa del mondo del lavoro che è complicata, è burocratica, è allungata da enormi incertezze operative per l’impresa. Spesso costringe le imprese ad essere trascinate davanti a un giudice e qui entrano in gioco anche le lentezze del sistema giudiziario italiano, che per anni e anni costringe le imprese ad operare senza sapere quello che accadrà nel rapporto rispetto a quel lavoratore, se dovrà essere reintegrato, se si dovranno pagare multe, se si dovranno pagare arretrati, e tutto questo, magari, può risolversi anni dopo, quando magari quell’azienda già quasi non esiste più o fa altro o è su tutt’altro scenario competitivo.
Quindi, questo tipo di funzionamento del mercato del lavoro non poteva andare avanti, era evidente. D’altronde, questo lo abbiamo visto e ne abbiamo pagato le conseguenze su due piani: un piano macroeconomico, per così dire, che è stato rispecchiato dall’incapacità dell’Italia, del sistema Italia di essere competitivo negli ultimi venti anni e di essere capace anche di cavalcare le possibili riprese, perché questo sistema così ingessato, questa normativa pesante, burocratica e rigida del mercato del lavoro ha impedito alle imprese italiane anche di potere cavalcare le fasi positive del ciclo e lo possiamo vedere molto chiaramente. Per esempio, ci sono stati, negli ultimi venti anni a livello internazionale, dei periodi espansivi, in cui per alcuni anni altri Paesi sono riusciti a crescere e anche di tanto, mentre l’Italia aveva un encefalogramma quasi piatto. Non siamo mai riusciti a cavalcare questi periodi, anche a causa di questo genere di normative, di ingessature e di freni alla crescita.
E poi ha un altro impatto, quello un po’ più microeconomico, quello che si riflette nella vita dei giovani, dei lavoratori che hanno subito questo sistema. È stato ricordato prima da alcuni interventi, anche dall’onorevole Pizzolante, come ormai proprio a causa di questa normativa, barocca e superata, l’80 per cento dei contratti che si stipulano ogni anno non sono più contratti a tempo indeterminato ma sono di altre forme. Questo cosa significa ? Significa che i giovani – e questo lo dico anche all’onorevole Nicchi, che molto appassionatamente ha perorato la causa dei giovani – non conoscono già l’articolo 18 e non lo conoscono più da anni. Non sanno cosa significa non solo l’articolo 18, ma non conoscono molte altre forme di tutele e, quindi, noi abbiamo una fetta sempre più ridotta di lavoratori che magari viene tenuta rigidamente attaccata al posto di lavoro, a volte anche in maniera ipocrita, magari con degli ammortizzatori e con degli strumenti di tutela che li tengono attaccati a un posto di lavoro che, di fatto, non esiste più.
E quindi per anni vengono tenuti, come si suol dire a volte, nel congelatore con delle casse integrazioni che durano anni e anni senza poi dare a queste persone degli strumenti di riqualificazione per poter rientrare attivamente nel mercato del lavoro e, dall’altro lato, abbiamo milioni di giovani che possono ritrovarsi soli e abbandonati dalla sera alla mattina, senza non solo ammortizzatori, ma nemmeno servizi, formazione, qualificazione, che gli possano consentire di orientarsi e rioccuparsi nel mercato del lavoro. Questo dualismo ha distrutto anche il nostro tessuto sociale, ha ucciso le speranze e le ambizioni di tanti giovani. Questo è il tentativo che si sta cercando di fare; è questo quello che sta facendo questa legge delega: delega il Governo a porre rimedio a queste disfunzioni del nostro sistema del mercato del lavoro, che hanno avuto queste ripercussioni devastanti sia a livello macroeconomico che a livello microeconomico e sociale. Questo è quello che si sta facendo attraverso il codice semplificato del lavoro, che dà delle certezze anche agli investimenti internazionali che vogliono venire in Italia a generare crescita e lavoro e crea anche degli strumenti di flessibilità diversi dal licenziamento. Quando si accusano – e mi riferisco al collega dei 5 Stelle Cominardi – strumenti come il demansionamento non ci si rende conto che questi invece sono strumenti che aiutano l’impresa a far fronte a delle difficoltà senza dover ricorrere al licenziamento. Dare alle imprese degli strumenti di flessibilità di questo genere fa in modo che il licenziamento diventi davvero l’ultima risorsa.
Questo è anche quello che è avvenuto in Spagna, per esempio. Si accusa la riforma spagnola del mercato, si dice che ha reso il licenziamento troppo facile, ma non è solo quella la riforma. Quella è stata una riforma che invece ha reso il licenziamento la risorsa di ultima istanza, dando alle imprese la possibilità di cambiare turni, cambiare orari, demansionare, aggiustare i processi all’interno dell’impresa per andare incontro ai cicli economici. Questo è quello che bisogna cercare di fare e al tempo stesso introdurre a fianco a questa flessibilità delle tutele più adeguate e più estese anche a quelle forme di lavoro che fino ad oggi non sono state coperte. Riuscire a dare una tutela, per esempio, come si cerca di fare in questa legge delega, di maternità per tutte quelle donne che fino ad oggi non ne hanno beneficiato, e questa credo che sia una cosa importantissima che va riconosciuta, aiutare poi la semplificazione per le imprese, unificare i controlli, creare dei sistemi di servizi all’impiego che finalmente facciano davvero quello che dicono di voler fare, creare dei servizi per aiutare le persone a trovare lavoro e non lasciarle sole. Oggi troppo pochi posti di lavoro sono intermediati da questi soggetti e le persone sono lasciate sole a cercare la raccomandazione, a cercare l’amico, a cercare il canale informale e sono i sistemi che danno più incertezza, che fanno sentire le persone più sole soprattutto quelle deboli che questi canali informali non ce li hanno.
Per questo dobbiamo anche lì prenderci un impegno tutti, e qui faccio un appello al Ministro e al sottosegretario: in sede di decreti diamo una priorità e una attenzione particolare a questa riforma delle politiche attive per l’impiego, del collegamento con la formazione, dei servizi per l’impiego che non hanno funzionato e che dobbiamo a tutti i costi rafforzare e provare a far funzionare, perché quella è la risposta più importante che diamo ai giovani, non un finto articolo o una finta protezione, la risposta che diamo ai giovani è: vi diamo dei luoghi che vi aiuteranno, che vi sosterranno nella ricerca del lavoro, che vi metteranno in contatto con le aziende, che aiuteranno a fare incontrare gli imprenditori con i giovani che hanno voglia di mettersi in gioco. Questa è la risposta che bisogna dare ai giovani perché ora sono soli, sono soli, e questo bisogna fare mettendo tutti insieme, le regioni, il Ministero, le università, le scuole.
È questa la grande sfida su cui veramente voglio fare un appello per quando saremo in sede di decreti delegati. Certo siamo tutti consapevoli che creare posti di lavoro e creare occupazione non richiede solo un cambiamento di norma o di statuto.Nessuno ha mai detto il contrario. Nessuno ha mai creato l’illusione che con una modifica di una norma magicamente si creassero posti di lavoro; si creano delle condizioni.
Bisogna anche considerare che questa riforma si accompagna parallelamente a degli interventi importanti sulla riduzione della tassazione per le imprese, quello che si sta facendo nella legge di stabilità, in cui, per la prima volta, si fa veramente un taglio sostanzioso dell’IRAP, della tassazione sulle imprese, una decontribuzione importante per le nuove assunzioni. Quindi, si cerca di accompagnare, e di fare, un insieme di misure, per creare quelle condizioni, come con il piano del made in Italy che aiuterà le imprese. Noi, come Scelta Civica, in particolare, siamo felici che il Governo abbia accolto anche le nostre richieste per il finanziamento del piano straordinario per l’export proposto dal Viceministro Calenda, perché le imprese possano essere aiutate a sfruttare la domanda esterna, se la nostra domanda interna fa fatica a decollare, non ci dimentichiamo che esiste un mondo fuori dove le nostre imprese possono crescere, e possono far bene, e questo aiuta anche a generare occupazione in Italia.
Quindi, queste sono le misure che si stanno mettendo in piedi, e tutte insieme, ciascuna di queste, rappresenta un tassello di un piano, di una visione, di un tentativo, di far crescere il nostro Paese, restituire speranza ai lavoratori e generare nuova occupazione. Queste sono state tutte cose possibili – ci tengo a sottolinearlo – anche da parte di un Governo che ha, al proprio interno, forze diverse che si sono misurate, ha forze riformatrici, come Scelta Civica che è arrivata in Parlamento per la prima volta, portando imprenditori, professionisti, che hanno dato il loro contributo, e che cercano di dare una mano per far crescere il Paese. Questo è un confronto costruttivo, fatto nell’interesse del Paese. Non è una legge che distruggerà, ma si tratta di leggi, di decreti, che aiuteranno, perché questo è lo spirito, perché se si fosse voluto distruggere, si potevano rendere queste modifiche, come pure qualcuno aveva chiesto, applicabili a tutti i contratti indiscriminatamente, mettendo, quindi, una sorta di retroattività dell’abrogazione dell’articolo 18.
Questo non è stato fatto, e non è stato fatto proprio per l’attenzione alle possibili problematiche sociali. Queste sono le riforme, anche sull’articolo 18, che si applicano ai nuovi contratti. Tutta questa attenzione è stata posta, è stata dedicata, a questa riforma, nell’interesse del Paese, grazie al lavoro congiunto delle forze di maggioranza. Ringrazio anch’io il Ministro e il sottosegretario, che hanno avuto la disponibilità al confronto, al dialogo, e al raggiungimento di una soluzione che, a nostro avviso, potrà portare molti benefici al nostro Paese e alle generazioni future.