Molti si sono stupiti o indignati per il comportamento dei dipendenti di Alitalia che hanno votato in massa per bocciare il piano del Governo per rilanciare Alitalia. Ma a ben vedere questa scelta è stata probabilmente la più prevedibile e in un certo senso razionale che i dipendenti potessero prendere. Basta guardare al passato per capire il perchè: i dipendenti di Alitalia di fronte alle varie crisi che si sono susseguite hanno sempre potuto beneficiare di ammortizzatori sociali che gli altri lavoratori neanche si sognano, con sussidi che coprivano fino all’80% di stipendio e indennità (che per i piloti possono superare anche i 30000 euro al mese), che sono durati fino a 9 anni. Perché mai, quindi, tali dipendenti avrebbero dovuto accettare di lavorare di più con uno stipendio inferiore quando, per la stessa cifra, potrebbero stare a casa (o fare magari anche altri lavori) a spese dei contribuenti?
In un bell’articolo pubblicato sul Foglio di ieri (che potete leggere integralmente qui) Pietro Ichino ripercorre la storia di Alitalia e l’anomalia degli ammortizzatori sociali per i suoi dipendenti – una storia che ci conferma come il no al piano di rilancio sia stata forse la scelta più razionale dal loro punto di vista.
Come ricorda Ichino, nel 2008, lo Stato, oltre ad assicurare ai 1500 lavoratori di Alitalia quattro anni di Cassa integrazione straordinaria, ne ha poi garantiti altri tre – prorogati peraltro di un biennio – di trattamento di “mobilità” integrato da un’indennità complementare pagata dal Fondo Volo. Così, pagando una tassa di 3 euro su ogni biglietto aereo, sono stati proprio i viaggiatori a finanziare -quasi integralmente- questa trovata. I viaggiatori, per l’appunto, hanno assicurato «il sostegno del reddito di piloti e hostess all’80 per cento dell’ultima retribuzione complessiva, comprese le indennità di volo: che significa nei casi di punta oltre 30.000 euro al mese. E tutto questo per nove anni. Se il Fondo Volo assicura, in caso di perdita del posto, a spese dei viaggiatori di tutte le compagnie aeree, l’80 per cento dell’ultima busta-paga comprese le indennità di volo, c’è una qualche razionalità nella scelta di un pilota, o di una hostess, di rifiutare un accordo che rende certa una analoga riduzione della retribuzione, ma con l’obbligo di lavoro».
Così, date queste condizioni, non è un caso – come scrive Ichino – se solo 184 sui 1199 dipendenti della nuova Alitalia licenziati nell’ottobre 2014 abbiano accettato il contratto di ricollocazione per il reinserimento nel tessuto produttivo offerto loro dalla Regione Lazio. «Ai 1199 veniva offerta la possibilità di scegliere una delle agenzie specializzate accreditate per il servizio di assistenza intensiva nella ricerca della nuova occupazione. […] A ben vedere, considerata l’entità straordinariamente generosa del trattamento garantito dal Fondo Volo (l’80% dell’ultima retribuzione, ndr.), c’è di che sorprendersi che uno su sei abbia preferito la prospettiva di tornare a guadagnarsi lo stipendio».
Come se non bastasse nel febbraio 2015 si scopre che trentasei piloti di Alitalia in Cassa integrazione (dal 2008) e beneficiari della retribuzione parametrata secondo quanto previsto dal trattamentoFondo Volo, lavorano per compagnie aeree straniere cumulando i redditi dati da ammortizzatori sociale e da lavoro.
Ecco perché adesso è fondamentale non ripetere gli stessi errori del passato e dire all’Italia (e ad Alitalia…) che non esistono più lavoratori di serie A e di serie B, così come non esistono più aziende che possono permettersi sprechi e clientele perché tanto sanno di essere (politicamente) strategiche e di poter contare su aiuti pubblici e altre che invece sono costrette ogni giorno a misurarsi coi mercati più spietati e competitivi. La crescita del nostro Paese, la sua competitività, passano anche da questi passaggi culturali – dolorosi ma necessari. Le famiglie dei dipendenti potranno naturalmente sempre e comunque contare sugli ammortizzatori sociali che esistono per tutti i lavoratori italiani e certamente il Ministero ed il Governo potranno valutare il modo migliore per accompagnare questa transizione così come fanno sempre con tutte le crisi aziendali.