Mosca è “fuori dalle regole”, “nessuna incertezza è possibile”, ha detto ieri il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Di fronte al problema dell’energia, dove ci si può spingere? Embargo totale per il gas russo: è possibile dirlo? O è un tabù per la politica italiana ed europea? Non lo è per Irene Tinagli, vicesegretario pd ed europarlamentare. “E’ un tema caldo in tutta Europa, ed è naturale che sia così, viste le possibili ricadute economiche. Ma sappiamo anche che il potenziale impatto di un’interruzione delle forniture può essere mitigato, che è possibile usare fonti alternative di approvvigionamento, che si può accelerare la transizione sbloccando più rapidamente le procedure a livello amministrativo.
L’Italia in questo è molto attiva, e come Pd abbiamo sottolineato l’importanza di un’azione in questo senso, difficile ma necessaria, perché, se fatta tutti insieme, potrebbe essere l’unica arma decisiva per fermare Vladimir Putin”. Anche il Parlamento europeo si è pronunciato in maniera netta “per l’embargo su tutte le fonti energetiche russe”, dice Tinagli, “con un consenso ampio e trasversale tra gruppi e famiglie politiche.
Certo, alcuni paesi sono più cauti, come la Germania, anche per via della tradizione manifatturiera. Ma anche la Germania ha dato l’ok all’embargo sul carbone e già ha più che dimezzato la dipendenza dal petrolio russo. E anche sul gas si sta muovendo in quella direzione. Ci sono poi visioni diverse su che cosa significhi prolungare la guerra, e c’è chi esprime dubbi sul fatto che l’embargo possa avvicinarci alla fine del conflitto. È difficile avere certezze, ma temo che questi distinguo siano più che altro alibi. Si è visto come agisce e continua ad agire Putin. Penso quindi ci siano tutte le condizioni per l’embargo, di fronte alla sua refrattarietà a qualsiasi forma di dialogo”.
L’Europa ha sempre cercato il dialogo e una soluzione diplomatica. Appare però sempre più evidente che Putin non intende dialogare ma solo raggiungere il suo obiettivo. “Come dice il cancelliere tedesco Olaf Scholz”, osserva Tinagli, “Putin vuole imporre una pace dittatoriale.
Ed è chiaro che questa non può essere la soluzione. Vorrei che lo capissero anche alcuni presunti pacifisti di casa nostra: concedere a Putin una pace dittatoriale alle sue condizioni vuol dire non solo la resa dell’Ucraina, ma la resa del mondo occidentale e dei suoi valori a un modo di imporre la forza nelle relazioni internazionali; significa accettare lo sconvolgimento dell’ordine mondiale per come lo abbiamo conosciuto in questi decenni”.
L’Europa cerca, ancora oggi, di mantenere aperto un canale di dialogo con Putin, ma “di fronte alla sua indisponibilità”, dice Tinagli, “l’embargo potrebbe essere l’unica arma per indebolirlo e costringerlo a ragionare. Chiaramente non ci sono certezze, quelle che invece hanno alcuni signori che vanno in tv, ma neanche alternative. Tra l’altro anche Putin può usare l’arma dell’energia in modo selettivo e mirato con l’obiettivo subdolo di dividere l’Europa, e proprio in questi giorni ha iniziato a farlo.
L’Europa non può subire questa strategia, ma deve giocare d’anticipo in modo compatto, restando unita. L’alternativa, cioè una qualche forma di resa, non è una soluzione. Mi sorprende quando sento dire ‘ non facciamo innervosire Putin’. E che cosa dovremmo fare: accettare il sopruso di un dittatore che ha invaso un paese libero e che ha come obiettivo annientare le nostre democrazie liberali?”. La preoccupazione per le conseguenze economiche fatica però ad affievolirsi. “Quello che però spesso non si considera”, dice la vicepresidente del Pd, “è lo scenario che verrebbe a configurarsi non imponendo l’embargo.
C’è chi pensa o spera che la guerra finisca a breve, chi tra due mesi. Ma se non si impone l’embargo, visto il comportamento di Putin, l’alternativa non è la fine rapida della guerra. L’alternativa, non facendo nulla, sarebbe con grande probabilità un conflitto che si prolunga, magari per anni, con Putin che chiude a intermittenza i rubinetti del gas, carenze sempre maggiori di materie prime, crisi alimentari senza precedenti nel mondo e ancora più massicce ondate di rifugiati dai paesi poveri. Stiamo valutando bene questo scenario?
Io credo che le nostre carte vadano giocate ora, quando sono più efficaci. Dire a Putin “forse ti mettiamo l’embargo tra un anno” è assurdo e inutile. Ricordiamo tutti l’inizio della pandemia, quando c’era molta riluttanza verso le chiusure. Ed era comprensibile, viste le possibili conseguenze economiche, ma poi abbiamo capito che per minimizzare i danni nel lungo periodo bisognava sacrificarsi nel breve.
Ecco, anche ora dobbiamo fare un sacrificio, comunque meno gravoso per noi di quello che abbiamo fatto durante la pandemia, ma per difendere la democrazia e la libertà”.