Onorevole Irene Tinagli, lei oltre che vicesegretaria del Pd è eurodeputata, l’Ue l’ha scampata bella?
«C’era un po’ di preoccupazione. La Francia è un grande paese fondatore e la loro politica pesa nell’Ue. E quindi la presenza di una candidata come Marine Le Pen che non crede nell’Unione Europea e che vuole indebolirla, chiedeva quantomeno attenzione. Ora è chiaro che a Bruxelles si tira un sospiro di sollievo, consapevoli che il nostro è un progetto in divenire e che l’approccio di Emmanuel Macron, che vede un percorso di crescita e rafforzamento dell’Unione, sia quello giusto che condividiamo tutti».
E l’Italia? Si rinsalda l’asse dell’Eliseo con Draghi, ma che ricadute comporta?
«La ricaduta pratica è innanzitutto un’Europa che guarda avanti con una visione strategica, puntando a riforme ambiziose che possiamo realizzare solo insieme. Basta pensare al Next generation Eu, quando Francia, Italia e Spagna hanno di fatto convinto la Germania. Per cui sì, ritengo che questo “asse” si possa rinsaldare ed essere ancora più determinante. Ad esempio sull’economic governance, cioè sulla definizione di regole economiche comuni più efficaci nel sostenere crescita e investimenti. Su questo e altri temi tra Macron e il nostro governo c’è forte sintonia e voglia di collaborazione, come mostrano anche i trattati del Quirinale di qualche mese fa.».
Eppure il fatto che Le Pen sia stata data a lungo testa a testa con Macron qualcosa significa. C’è un malcontento che rischia di riportare in auge il populismo?
«Il populismo cavalca problemi che esistono nella società, senza però fornire risposte efficaci. Negli anni passati, all’inizio del Covid, lo abbiamo “spento” fornendo soluzioni che loro pensavano inutili. Loro erano no mask, no vax e contro le misure comuni europee. Non voglio nemmeno pensare a come sarebbe andata. Oggi però siamo agli inizi di una nuova fase di difficoltà, le forze democratiche ed europeiste stanno ragionando insieme sulle soluzioni, che sono complesse e richiedono tempo. Anche se i cittadini, che giustamente iniziano a sentire il problema, vorrebbero soluzioni immediate. Questi sono i momenti in cui i populismi rialzano la testa».
Ieri l’ago della bilancia sono stati gli elettori di Melenchon. Mutuando il titolo della conferenza di Articolo 1 di ieri, “È il tempo della sinistra”?
«I temi che da sempre sono al centro delle politiche progressiste incrociano molto le difficoltà di oggi. La pandemia ha esacerbato le disuguaglianze e riportato in primo piano istruzione, sostegno alle famiglie, sanità pubblica, la fatica di artigiani e piccole imprese, temi che il PD porta avanti da sempre. Quindi sì, direi che è il nostro momento».
Eppure sul voto francese il centrosinistra ha faticato a dirsi unito. Giuseppe Conte solo ieri si è schierato con Macron.
«Il partito democratico ha avuto una linea chiara e netta e penso che qualsiasi forza democratica e progressista non debba avere dubbi di fronte alla scelta. Mi fa piacere però che abbia chiarito».
Tra armi, fisco e giustizia, nella maggioranza aumentano gli scossoni. È iniziata la campagna elettorale?
«La politica ha sempre un occhio al consenso, è fisiologico. Ma ciò che è importante è trovare sempre un terreno comune. Fino ad oggi questa sintesi si è trovata. Il tema – le anticipo la domanda successiva – è che man mano che ci avviciniamo alle elezioni si farà più difficile? Mi auguro di no. Così come mi auguro che le posizioni diverse vengano sempre ricondotte in una dialettica costruttiva e democratica».
Proiettandosi al dopo amministrative, che ne sarà del fronte progressista?
«In realtà non vedo una fatica impossibile nello stare insieme. Vedo un fronte di formazioni politiche che si pongono obiettivi analoghi: come perseguire un modello di crescita sostenibile a livello sociale, ambientale, un rafforzamento di infrastrutture e servizi pubblici per cittadini e imprese. È chiaro che ogni formazione può avere idee diverse su come realizzarle. Ma dobbiamo sforzarci di rappresentare insieme una visione di Italia più giusta, moderna, europea, un’alternativa credibile a Salvini e Meloni che sono i Le Pen italiani. Alle scorse amministrative, quelle d’autunno, lo abbiamo fatto con successo. E lo faremo anche a quelle in arrivo».