L’Italia deve continuare senza esitazioni sul percorso avviato nell’ultimo anno, sapendo di avere il sostegno e la solidarietà dell’Europa, ma anche che è necessario agire con senso di responsabilità e intelligenza per sfruttare al meglio le opportunità di questo momento: la sospensione del Patto, il Pnrr, Repower Eu». Così, senza particolare preoccupazione, Irene Tinagli, presidente della commissione Affari economici del Parlamento europeo e vicesegretario del Pd, legge le raccomandazioni Paese che ci ha rivolto la commissione lunedì scorso.
Onorevole Tinagli, vede in prospettiva rischi di procedure di infrazione sul debito?
La proroga della sospensione delle regole del Patto ci tiene al riparo da questo rischio e ci dà un tempo sufficiente per continuare a sfruttare le opportunità per rafforzare investimenti e crescita e favorire per questa strada una stabilizzazione graduale dei conti pubblici. Il rischio principale che vedo è, piuttosto, il livello di inconsapevolezza di una parte della politica italiana che fa come lo struzzo: pensa solo al breve periodo e non capisce che è necessaria una pianificazione di medio lungo periodo per affrontare le difficili condizioni internazionali di questo momento – la guerra, le strozzature nelle catene di approvvigionamento, l’inflazione, gli interventi della Bce – ricordando sempre che siamo un Paese con un debito molto alto.
Una larga parte del centrodestra è molto critico verso la commissione europea.
Vedo molta propaganda e anche una certa doppiezza di chi sta al governo e pensa di lucrare con atteggiamenti da opposizione. È un atteggiamento che non fa bene al Paese e forse neanche a loro. Ma, sulla commissione, stiamo ai fatti.
Mettiamoli in fila.
La proroga della sospensione delle regole del Patto favorisce soprattutto noi. Sul Pnrr c’è un inevitabile richiamo a rispettare gli impegni che noi, come Paese e governo, abbiamo assunto, ma non vedo osservazioni preoccupanti a nostro carico. Anzi, le linee guida interpretative del Repower Eu aprono alla possibilità di modificare più facilmente progetti singoli del Pnrr che sopportino un forte aumento di costi. Per altro, abbiamo già affrontato il problema con il decreto aiuti.
A proposito di Repower Eu, è il centro dell’attenzione della commissione in questo momento.
Anche su questo punto, della proposta della commissione su Repower Eu voglio segnalare quattro aspetti che favoriscono soprattutto noi: il nuovo programma viene proposto come capitolo aggiuntivo (addendum) all’interno del Recovery Plan; viene finanziato in gran parte con i prestiti non attivati del Recovery da alcuni Paesi; potrà intervenire anche su questioni di sicurezza energetica; c’è l’aumento dei tetti dei prestiti del Recovery. Questa ultima è una proposta fatta evidentemente per aiutare l’Italia che è l’unico grande Paese ad aver attivato tutti i prestiti consentiti (gli altri due sono Grecia e Romania). Non riesco a capire quindi come si possa dire che la commissione Ue ha un atteggiamento ostile verso l’Italia. Mi concentrerei di più sulla riforma delle regole del patto di stabilità, che nell’emergenza rischia di passare in second’ordine.
Teme che lo slittamento dei tempi per la proposta della commissione, annunciato dal vicepresidente Dombrovskis, possa allungare indefinitamente i tempi?
Mi auguro che non sia così, sarebbe davvero problematico. La riforma delle regole di bilancio va approvata al più tardi entro il 2023, cioè prima che si disattivi la clausola di sospensione delle attuali regole. In questo modo si darà certezza ai governi e si aiuteranno a fare pianificazione di medio lungo periodo. Diversamente ci troveremmo davanti un periodo di forte incertezza e al rischio di politiche di aggiustamento troppo drastiche e dannose sia per l’economia che per la società.
Questo vale soprattutto per l’Italia dove il 2023 è anche un anno elettorale.
Ripeto, bisogna favorire un atteggiamento responsabile di tutte le forze politiche e la convergenza su una pianificazione di medio lungo periodo. L’approvazione del nuovo Patto di stabilità è fondamentale, in questa chiave: tornare alle vecchie regole produrrebbe dinamiche e politiche economiche rischiose non solo per l’Italia ma per tutta l’Unione.