La crisi economica sta dettando non solo le sorti di imprese, banche e lavoratori, ma anche di città e territori, facendo emergere storie interessanti da cui e’ possibile imparare lezioni preziose anche per noi. Come la storia della rinascita di Madrid e del suo sorpasso economico sulla Catalogna. Un evento annunciato due settimane fa dalla Fondazione delle casse di risparmio (Funcas) e che continua ad avere grande eco nei media spagnoli. Il sorpasso fa notizia perche’ la Catalogna e’ sempre stata considerata la locomotiva del Paese, la regione più ricca e avanzata, quella più industrializzata e produttiva e quella più vicina all’Europa e al mondo «moderno». Madrid invece era considerata la capitale un po’ parassitaria, trainata dal settore pubblico, poco innovativa e lontana dall’Europa. Una rivalità antica che ricorda un po’ le rivendicazioni milanesi e lombarde nei confronti di Roma. Anche per questo osservare e capire le dinamiche tra le due città spagnole à molto interessante.
Ma negli ultimi anni qualcosa e’ cambiato e sta ribaltando lo scenario. Oggi Madrid non solo ha per la prima volta un peso sull’economia nazionale superiore a quello della Catalogna, ma i cittadini madrileni godono di un potere d’acquisto pro capite nettamente superiore (132% della media nazionale contro il 108% della Catalogna), e un livello di disoccupazione significativamente più basso (14,1% contro il 16,25%). Chiaramente le difficoltà catalane sono legate alla crisi mondiale: la vocazione industriale della regione ha sofferto del crollo della domanda internazionale più dell’economia madrilena, maggiormente diversificata e orientata ai servizi. Ma a ben vedere ci sono altre ragioni, processi che precedono la crisi e che aiutano a inquadrare la crisi catalana – così come la rinascita madrilena – in una prospettiva più ampia.
Da circa dieci anni Madrid ha investito in modo sistematico nella città, ristrutturando palazzi, teatri, riportando a nuovo strade, marciapiedi, parchi, e moltiplicando le attività culturali e creative, dal teatro alla musica al ballo. Nel frattempo la Catalogna e’ stata assorbita dal processo di affermazione dell’identità catalana e da forti spinte autonomiste, che dagli Anni Novanta si sono fatte sentire in modo sempre più prepotente, fino all’imposizione, nel 1998, del catalano nelle scuole e negli uffici pubblici. E così mentre Madrid investiva milioni di euro nella rete metropolitana (oltre 100 chilometri aggiunti in pochi anni), nei collegamenti ferroviari tra centro e hinterland, nel raddoppio dell’aeroporto e nella moltiplicazione di attività culturali, la Catalogna ha investito milioni di euro per l’assunzione di professori di catalano, l’apertura di prestigiose ambasciate catalane a Parigi, Londra, Berlino, New York, perdendosi spesso in guerre contro gli immigrati e in liti tra Comuni e quartieri che hanno bloccato la realizzazione di alcune infrastrutture chiave.
Questo ha generato una chiusura sociale e ritardi infrastrutturali che hanno posto le basi per danni rilevanti di cui si iniziano a vedere i sintomi. Infastidite dall’idea di dovere imparare un’ulteriore lingua, le centinaia di migliaia di latino-americani (ma anche molti nordamericani ed europei) che prima sceglievano Barcellona e la Catalogna come meta d’immigrazione si sono ridirezionati su Madrid, facendola divenire il vero centro di collegamento tra Europa e America Latina, mentre nell’industriale Catalogna sono rimasti i flussi migratori dal Nord Africa in cerca di lavoro nel manifatturiero, flussi meno qualificati e più difficili da integrare. Non solo, ma questa apertura culturale di Madrid, accompagnata da un’economia più diversificata e «terziarizzata» e dal notevole miglioramento infrastrutturale, ha trasformato Madrid nella sede privilegiata per i quartieri generali di numerose multinazionali. E così, mentre la Catalogna vedeva chiudere una dietro l’altra tutte le fabbriche dei maggiori gruppi – da Philips a Samsung, Panasonic, Braun, Nissan, Pirelli e molte altre ancora -, Madrid negli stessi anni ha visto un flusso crescente di aziende. British Telecom, Ibm, le società di software Sap ed Ag sono solo alcuni dei nomi più noti che hanno scelto la capitale spagnola come sede per i loro uffici di interfaccia con il Mediterraneo e con l’America Latina. I catalani ancora stentano a credere ai nuovi dati. Per anni il boom economico e’ riuscito a mascherare e neutralizzare molte scelte sbagliate, ma adesso la crisi sta presentando il conto. E prima saranno capaci di accettare la batosta e capire i limiti dell’approccio perseguito negli ultimi anni, prima potranno risollevare le sorti di una regione ancora ricca di risorse e potenzialità enormi.
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