Nonostante il testo della Legge di Stabilità non sia ancora stato trasmesso alle camere e quindi i dettagli non siano ancora noti, sono inevitabilmente partite anticipazioni, analisi, commenti e critiche. Soprattutto verso la misura probabilmente più controversa: l’abolizione della tassazione sulla prima casa.
Voglio mettere subito una cosa in chiaro ed essere molto sincera: si tratta di una misura che io, personalmente, non avrei adottato. Ma non condivido chi fa confronti con l’abolizione dell’ICI fatta da Berlusconi o dell’IMU di due anni fa. Perchè a differenza del passato, questa misura oggi si inserisce non solo in un quadro economico completamente diverso, ma in una visione complessiva di politica economica che abbraccia la riduzione delle tasse per le imprese, per gli investimenti produttivi, per le assunzioni, la neutralizzazione delle tasse sui consumi che sarebbero scattate (le famose clausole di salvaguardia), per non parlare delle misure di lotta alla povertà e di supporto alla non autosufficienza.
Di fronte ad una visione di questo genere, di ampio respiro e con una grande attenzione al mondo produttivo (incluso il lavoro autonomo), francamente preferisco sottrarmi alla battaglia di retroguardia sul valore ideologico della tassa sugli immobili.
Anche perchè molti di quelli che oggi si scagliano con tanta veemenza contro questa misura, giudicandola costosa ed iniqua, sono gli stessi che in passato hanno sostenuto pensionamenti anticipati e pensioni baby, sussidi incondizionati che duravano anni, scaricando sui contribuenti e sulle generazioni future non 3 ma decine e decine di miliardi di euro. E tutto questo senza mai riuscire ad abbassare in maniera significativa la pressione fiscale o fare riforme profonde come il jobs act. Quindi, per quanto non sia entusiasta di questo intervento, non mi unisco al coro degli “scandalizzati”. E’ stata, come ha detto il Premier, una scelta politica. Di cui si assumerà rischi e responsabilità (cosa che altri in passato non hanno fatto).
In tutta onestà più che l’abolizione della Tasi mi lascia perplessa la frenata sulla spending review, che avrei sperato più consistente. E, in questo caso, capisco le preoccupazioni di alcuni economisti che in questi giorni si stanno concentrando proprio su questo aspetto della legge di stabilità.
Tuttavia, considerato che la riduzione delle partecipate farà parte dei decreti attuativi della riforma della PA e che sul tema della razionalizzazione delle stazioni appaltanti si sono fatti progressi enormi (passare da 35000 a 34 non è un gioco da ragazzi, ma è stato fatto e i risparmi futuri saranno altissimi) penso che un percorso è stato intrapreso e che più che concentrarsi su ciò che (NON) è stato fatto in passato occorre spingere affinchè il lavoro su questo fronte non si interrompa e trovi spazio nei futuri provvedimenti.
Credo infatti che sul fronte della revisione della spesa, a meno che non ci si trovi in una situazione di emergenza finanziaria che richieda interventi molto drastici, serva un’operazione costante di ridisegno, razionalizzazione, revisione, che possa riorganizzare tutta la nostra spesa nel modo più corretto e, possibilmente, meno doloroso per i cittadini.
La vera revisione della spesa deve porsi l’obiettivo non solo e non tanto di far cassa, ma di recuperare efficienza ed efficacia nell’azione dello stato. In ogni caso analisi più puntuali sulla Legge di Stabilità le faremo più avanti, quando avremo il testo completo e quando partirà l’iter parlamentare.